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Genocidio in Libano
A quando il disarmo di Israele,
il primo Stato terrorista della terra?

di Jacqueline Amidi

Fonte: Corriere della sera - 25 agosto 2006
Segnalato da
Agostino Sanfratello

Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi
e quanto scritto nello spazio giallo sono generalmente della Redazione

       «Israel is losing world war III», «Israele sta perdendo la terza guerra mondiale».
       
È il titolo, sul quotidiano israeliano Haaretz, dell’articolo di Bradley Burston.
       
«Una guerra simile a questa –scrive Burston– non si è mai prodotta prima. È per questo che stiamo perdendo. Non sappiamo come condurla. Almeno, non ancora. Fin dall’inizio, il mondo seguiva da vicino questa guerra, e per una buona ragione. È la futura grande battaglia della terza guerra mondiale. E così come in Irak, la guerra non sta andando bene per l’occidente. Ci sono paralleli, certo, con la seconda guerra mondiale (al di là delle caricature sui giornali e al di là di quanti odiano universalmente Israele): il primo riflesso è quello di chiamare nazisti gli ebrei» (1).
       E nel suo editoriale intitolato «Le goût de la défaite», sul quotidiano svizzero «Le Temps»¸ Alain Campiotti aggiunge: «Il Libano del 2006 segna la fine di un’era. [...] A Washington, un vento di panico si è levato nelle mense del partito della guerra» (2).

 

 

 


I nostri fratelli sciiti accompagnano alla loro sepoltura
le vittime della barbarie e dell’animalità israeliane.
Tutto il Libano combatte. Il Libano vincerà.
[Foto n° 1]

 

1. Il genocidio libanese e l’infamia dell’Onu

       Nel frattempo Ehud Olmert, nella sua intervista al berlinese Welt am Sonntag, vuole ancora posare da vincitore. «Con quale diritto fanno prediche a Israele?», dice, rispondendo alle critiche delle capitali europee sulle operazioni militari israeliane in Libano, che causano pesanti bilanci di vittime civili (3). Ma intanto lui e Bush sono in caduta libera nei sondaggi. E da ora, fino al momento in cui l’avremo finita con loro, aspettiamoci altri orrori e crimini da parte loro, gli israeliani. Sono stupidi e cattivi. E gli stupidi, se temono un inizio di sconfitta, se si vedono feriti, quando si rendono conto di perdere la loro forza e la loro credibilità, diventano più disperatamente malvagi (prima di essere, per grazia di Dio, provvidenzialmente domati!).
       Indignati della terra, risparmiate i vostri sputi sull’Onu: [sputare sull’Onu] il “Grande Fratello” israeliano lo ha già fatto prima di voi. «Che l’Onu sia screditata –scrive Alberto Cruz– è risaputo. Così come è notoria la sua sottomissione agli interessi occidentali» (4).
       «Il diritto di veto non deve essere un privilegio che serva a difendere interessi particolari», dichiara Peter Maurer, rappresentante permanente della Svizzera presso le Nazioni Unite, in occasione della 60ª sessione dell’Assemblea Generale, il 20-7-2006, sulla riforma del Consiglio di Sicurezza.
       Al punto 120 dell’ordine del giorno di quella sessione, le misure proposte riguardano la necessità di scoraggiare per quanto possibile «l’uso del veto nelle situazioni di genocidio o di crimini contro l’umanità» (5). «Stando così le cose, disgraziatamente il diritto di veto –prosegue Peter Maurer– continua a essere utilizzato troppo spesso in modo abusivo. Non è accettabile che il ricorso al veto  –o la minaccia di ricorrervi–  paralizzi l’Organizzazione in casi di genocidio, di crimini contro l’umanità, o nel corso di crisi gravi che richiedono una decisa azione della comunità internazionale. [...] Questo dà ragione a tutti coloro che possono pensare che il diritto di veto non è un attributo legato a una particolare responsabilità in materia di pace e di sicurezza internazionale, ma piuttosto un privilegio, utilizzato per la difesa di interessi particolari. Ciò contribuisce in ogni caso alla cultura dell’inazione del Consiglio di sicurezza di fronte a talune crisi, cosa che noi, insieme con altri, deploriamo».
       
E nel Consiglio di sicurezza, chi è il solo ad abusare di tale potere? Da sempre (e regolarmente per proteggere i crimini di Israele) sono gli Stati Uniti, oggi rappresentati (si meritano reciprocamente!) dalla persona del ripugnante John Bolton (6).
       In Libano –così come in Palestina– è in corso un vero e proprio genocidio: distruzioni, massacri, crimini contro l’umanità e crimini di guerra innumerevoli, persecuzioni e deportazioni di interi gruppi umani a motivo della loro appartenenza nazionale o religiosa.
       È esattamente ciò che le leggi e convenzioni internazionali includono nella definizione di genocidio (7).
       Si parla già, in Libano, di un milione di deportati dal sud verso il nord, costretti con la forza e il terrore, sotto minaccia di morte, a lasciare le loro terre e le loro case. Israele lancia volantini che annunciano i bombardamenti imminenti, preoccupandosi caritatevolmente, dice, della “sicurezza della popolazione”!
       Buffonata insultante!
       Non appena si forma un convoglio di civili, con una bandiera bianca su ogni veicolo, Tsahal li prende di mira e scarica loro addosso delle bombe. Vi sono ancora, qua e là, automobili e ambulanze calcinate, in cui sono corpi carbonizzati (8).
       Di più, Israele ha tagliato deliberatamente tutte le strade, [demolito] tutti i ponti che collegano una regione ad altre, in modo che da nessuna parte potessero arrivare né aiuti umanitari né soccorsi ai feriti. Ha lanciato missili su ambulanze, su camion di aiuti alimentari, su convogli di automobili di giornalisti (sulle quali sono scritte, a grandi caratteri, le lettere TV), su cortei funebri. Tutti questi bersagli  –i ponti, le ambulanze, le automobili civili, le strade ecc., al sud, al centro, al nord del Libano–  erano dunque dei “Quartier generali” dell’Hezbollah e delle basi di lancio delle loro katiusha?
       E questo, non è un genocidio?
       Ancora una volta, la storia è un teatro il cui sipario non si chiude mai.
       Quando nella storia dell’umanità si permette a un genocidio di perpetuarsi impunito, tutti gli altri seguiranno. Chi si ricorda del genocidio armeno, all’inizio del Novecento, perpetrato dai turchi (oggi alleati degli israeliani)? Anche allora il mondo si accontentò di guardare, lasciando fare i massacratori.
       Quattro osservatori dell’Onu sono stati deliberatamente uccisi da Israele. Bombardati e uccisi deliberatamente per eliminare testimoni imbarazzanti. Deliberatamente, sì, come nel 1996 (9).
       Chirac ha un bel dire, mercoledì 26 luglio, su Le Monde – che «colpendo la Unifil [Forza Internazionale della Nazioni Unite in Libano], dove prestano servizio soldati francesi, è la forza di pace della comunità internazionale a essere colpita». Kofi Annan ha un bel dirsi «shoccato» dall’ultima aggressione e dagli ultimi assassinii israeliani di membri della Unifil, martedì 25 luglio 2006, a Khiam. L’ambasciatore della Cina (uno dei quattro osservatori uccisi era cinese), uno dei quindici Stati membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ha un bel considerare che «ogni attacco contro una posizione delle Nazioni Unite e il suo personale è inescusabile e inaccettabile». I quattro osservatori hanno trovato la morte nel bombardamento aereo della loro posizione, situata a Kiam, vicino alla frontiera israeliana. Immediatamente dopo, quando [altri] uomini della Unifil erano accorsi per estrarre i corpi, gli israeliani   –secondo Milos Struger, portavoce della Unifil–  avrebbero continuato a tirare sulla zona «durante l’operazione di soccorso». Il tenente colonnello John Molloy, ufficiale irlandese incaricato del collegamento tra la forza multinazionale e Israele, afferma di avere sei volte avvertito gli israeliani che i loro bombardamenti «mettono in pericolo la vita del personale dell’Onu».
       
Signori, Israele vi disprezza, senza misura. Non saranno i vostri guaiti a intenerirlo.
       È ormai chiaro ed evidente che né le Nazioni Unite né l’Unione Europea riescono a esigere fermamente il cessate il fuoco immediato. Si deve lasciare il tempo a Israele di completare i suoi crimini, visto che Israele tiene tutti in pugno con i ricatti, la corruzione, le minacce. Diversamente, come spiegare l’indolenza della maggioranza dei governi?
       Il 14 luglio 2006, festa nazionale in Francia, durante la sua intervista televisiva su France2 Chirac dichiara: «Ci si può chiedere se non ci sia, oggi, una volontà di distruggere il Libano». Mercoledì 9 agosto, durante la sua conferenza-stampa a Tolone, sempre Chirac giudica «immorale» la rinuncia a un cessate il fuoco immediato. Egli considera che la comunità internazionale deve «prendere in considerazione» le reazioni delle diverse parti «e tener conto in particolare degli interessi del Libano, della sua stabilità, della sua unità, della sua sovranità e della sua indipendenza». «Sembra effettivamente che ci sia oggi una resistenza americana ad adottare questo progetto», ha riconosciuto il presidente Chirac, prima di aggiungere: «Non voglio immaginare che non ci sia soluzione, perché questo vorrebbe dire   –cosa che sarebbe la più immorale delle soluzioni– che si accetta la situazione attuale e che si rinuncia al cessate il fuoco immediato. Non voglio immaginarlo, da parte né degli americani né di altri». Ma «se non ci riusciamo – ha avvertito – avremo un dibattito in Consiglio di sicurezza e ognuno affermerà chiaramente la sua posizione, compresa naturalmente la Francia, con una propria risoluzione».
       
Un’altra voce che grida nel deserto?

 

 

 


Ustioni nere di origine sconosciuta e abiti quasi intatti
[Foto n° 2]

 

2. Le armi “non-proibite” di Israele

       Se ci si domanda (ancora!) dove si trovino le armi di cui si è falsamente accusato Saddam Hussein di essere in possesso, ecco la risposta.
       [Si trovano]:
              negli Stati Uniti, già utilizzate contro la popolazione afgana nel 2001 e contro la popolazione irachena nel 2003;
              – in Israele, utilizzate attualmente da Tsahal, da mesi contro i civili palestinesi e da settimane contro i civili libanesi.

       Ecco enumerati i tipi di armi proibite che Israele utilizza, chiamandole in modo delicato e criptico «tipi unicidi munizioni e di armi»:
              – Fosforo bianco. «Il fosforo bianco è una sostanza che fonde attraversando la pelle, lasciando gli abiti relativamente intatti. È un’arma proibita dal Protocollo sulle armi incendiarie(1980), che vieta l’impiego di tali armi contro obiettivi militari situati in zone in cui sono concentrati civili. Ma Israele e gli Stati Uniti non lo hanno firmato, negando così la sua validità. Esistono ormai prove, anche fotografiche, che le forze armate israéliane utilizzano proiettili al fosforo in Libano e a Gaza. Ci sono inoltre seri indizi sull’impiego di altre armi chimiche, anche di tipo nuovo. Le istruzioni inviate il 23 luglio agli organi di stampa israeliani dal colonnello Sima Vaknin-Gil, capo della censura militare israeliana, lo confermano. Nel documento (di cui avevamo indirettamente avuto copia) si proibisce ai giornalisti che seguono le operazioni di terra in Libano di fornire informazioni sull’  " uso di tipi unici di munizioni e di armi”» (10).
              
– Bombe termobariche. «Le bombe termobariche contengono come carica utile esplosivi integrati con polimeri o esplosivi Fae (“Fuel Air Explosive”, ossia ordigni a esplosione diffusa). Le termobariche utilizzano detonatori Fmu (“Fuse Munition Unit”, made in Usa)»(11).
       La foto di un soldato israeliano (foto che il capo della censura militare di Israele ha vanamente cercato di proibire) mostra la bomba che appartiene a questa categoria di armi [Foto n° 3].
       «Malgrado la proibizione, la foto di un proiettile speciale utilizzato in Libano è stata diffusa. Secondo gli esperti, può contenere fosforo bianco o altre sostanze chimiche utilizzate per le munizioni termobariche: esplodendo all’interno di edifici e di rifugi, creano il “vuoto”, cioè aspirano l’aria dall’atmosfera circostante e dai polmoni di coloro che vi si trovano. Altri tipi di proiettili aerocombustibili, arrivati vicino al suolo, diffondono una nube di aerosol chimico che, esplodendo per un detonatore, crea un’onda d’urto e una tempesta di fuoco tali che possono uccidere chiunque si trovi in un raggio di centinaia di metri. Dato che il capo della censura militare proibisce di dare informazioni sui “tipi unici di munizioni e di armi”, è praticamente certo che anche in Libano si utilizzano armi segrete di nuovo genere. Esse vengono testate in condizioni reali di guerra per essere perfezionate» (12).
       «L’utilizzazione da parte di Israele di tali armi “aspiranti” per ciò che riguarda il Libano è provata»
(13).
       Le foto non mentono: lo stato dei cadaveri [foto n° 2] e la bomba maneggiata dal soldato israeliano [foto n° 3] lo provano.
              – Bombe Gbu-28 all’uranio impoverito. E come se non bastasse, bombe antibunker sono inviate dagli Usa a Israele, attraverso l’Inghilterra (aeroporto di Prestwick) e l’Italia (Camp Darby). Il New York Times lo ha rivelato il 22 luglio, citando fonti anonime della Casa Bianca.
       Di che cosa si tratta? La singola bomba è lunga 5,8 metri, pesa due tonnellate (1,996 tonnellate, per l’esattezza), ha una forza di penetrazione di 30,5 metri (o sei metri di cemento) e se ne possono prevedere gli effetti catastrofici in zone urbanizzate e le conseguenze drammatiche per l’ambiente umano. Le fini particelle di uranio impoverito, peraltro, possono essere facilmente trasportate dai venti e attraversare le frontiere di Gaza e del Libano verso Israele. Nel sito Canadian Mind Products si possono visualizzare gli effetti dell’uranio impoverito su una serie di bambini in Afghanistan e in Irak (14).

 

 

 


Ecco la foto di cui la censura militare di Israele
ha cercato invano di proibire la diffusione
[Foto n° 3]

 

3. «I dolori del parto
del “Nuovo Medio Oriente”

       Bush e Rice hanno nuovi progetti, quanto alla situazione geopolitica del Medio Oriente.
       E come saltano agli occhi, i maneggi ipocriti della Rice!
       Da un lato, fa la giramondo da settimane tra Israele, il Libano e poi Roma, recitando la parte capziosa di quella che si affanna per trovare una soluzione pacifica al conflitto.
       Da un altro lato, di fronte ai membri delle Nazioni Unite, sabato 22 luglio, dichiara che Israele dovrebbe ignorare gli appelli al cessate il fuoco e descrive le tribolazioni del Libano come inerenti ai dolori del parto del “Nuovo Medio Oriente”: «È un Medio Oriente diverso, è un Nuovo Medio Oriente. È duro, attraversiamo un periodo molto violento; un cessate il fuoco sarebbe una falsa promessa, se questo ci riconducesse semplicemente allo statu quo».
       
E Bush, con la sua arroganza abituale, in occasione del summit del G8 a San Pietroburgo si esprime in questi termini, rivolgendosi a Jacques Chirac: «Non si tratta di un’operazione israeliana approvata dagli Stati Uniti, ma di un’operazione statunitense eseguita da Israele».
       
Nel suo articolo intitolato «Les néoconservateurs et la politique du “chaos constructeur”» («I neoconservatori e la politica del “caos costruttore”»), Thierry Meyssan, che riferisce l’affermazione di Bush (15), osserva:
       «Visto da Washington, ciò che accade oggi in Libano non ha nessun rapporto con il recupero dei soldati catturati dall’Hezbollah. Ciò di cui si tratta è la messa in pratica della teoria lungamente ruminata del “caos costruttore”. Secondo gli adepti del filosofo Leo Strauss, la cui sequela è conosciuta nei media sotto la denominazione di “neoconservatori”, il vero potere non si esercita nell’immobilismo, ma, al contrario, mediante la distruzione di ogni forma di resistenza. È sommergendo le masse nel caos che le élites possono aspirare alla stabilità della loro posizione.
       
«Sempre secondo gli adepti di Leo Strauss, è solo in questa violenza che gli interessi imperiali degli Stati Uniti si confondono con quelli dello Stato ebraico.
       «La volontà israeliana di smantellare il Libano
, di crearvi un mini-Stato cristiano e di annettere una parte del territorio del Libano non è nuova. Essa fu enunciata, nel 1957 [1954 (ndt)], da David Ben Gurion in una celebre lettera, pubblicata in appendice alle sue memorie postume (16). Soprattutto, essa fu inserita in un vasto progetto di colonizzazione del Medio Oriente che fu redatto nel 1996 sotto il titolo “Una rottura netta. Una nuova strategia per la sicurezza del regno [di Israele]”» (17).
       «Tale documento, redatto da un think tank neoconservatore, lo Iasp [The Institute for Advanced Strategic and Political Studies], è stato preparato da un gruppo di esperti riunito da Richard Perle e consegnato a Benjamin Netanyahu» (18).
       
Si tratta dunque, prosegue Meyssan, niente di meno che di «una “rimodellazione del Grande Medio Oriente”, secondo l’espressione di George W. Bush. Questo è il nuovo Medio Oriente di cui la signorina Rice pretende di essere la levatrice, guardandolo nascere nel dolore. [...] Più precisamente, il progetto è stato presentato da Tsahal all’amministrazione americana un po’ più di un anno fa, come ha rivelato il San Francisco Chronicle (19). Esso è stato oggetto di discussioni politiche il 17 e 18 giugno 2006 a Beaver Creek, nel corso del Forum mondiale che l’American Enterprise Institute organizza ogni anno. Benjamin Netanyahu e Dick Cheney hanno lungamente conferito sul progetto, insieme con Richard Perle et Nathan Sharansky. Il semaforo verde è stato dato nei giorni successivi dalla Casa Bianca. Le operazioni militari di Tsahal si svolgono sotto la supervisione del dipartimento americano della Difesa. Quest’ultimo decide l’essenziale della strategia e la scelta dei bersagli».
       
Di quale «rimodellazione» si tratta?
       E si arriva qui all’unico e vero problema del Medio Oriente: il sogno folle e perverso di Israele di trovare per i palestinesi una soluzione definitiva fuori delle sue frontiere e delle frontiere palestinesi!  affinché lo Stato nazional-sionista realizzi finalmente il suo programma di edificazione del «Regno d’Israele»: il programma di uno Stato riservato esclusivamente a “ebrei purosangue”, per così dire.
       Così dunque, a che cosa pensa Israele forzando la deportazione di un milione di sciiti del sud del Libano? A sostituirvi il grosso dei palestinesi espulsi con la forza dalla loro terra?
       Non hanno ancora capito, gli israeliani, che attraverso la forza e il terrore  –i loro unici metodi–  non ci riusciranno mai?
       L’intifada per armi ha pietre. Ed è con sole cinque pietre che Davide ha dato inizio alla sua lotta contro Golia. E lo ha abbattuto.
       A questo riguardo, l’opinione di Gilad Atzmon potrebbe essere profetica: «Israele non è più minacciato [dall’esterno] dagli Stati vicini. In questi ultimi anni è diventato evidente, piuttosto, che in realtà sarà il popolo palestinese che alla fine distruggerà [dall’interno] il sogno di uno Stato nazionale ebraico» (20).
       Lo storico israeliano Tom Seguev, che critica vivacemente il suo governo, confessa che l’offensiva militare in Libano era preparata da molto tempo e che il governo non ha fatto altro che aspettare un’occasione favorevole: «Si, il sequestro dei due soldati non giustificava lo scatenamento di una simile crisi e questa non contribuirà a far liberare i due soldati. Sembra piuttosto che l’operazione militare fosse preparata e che si sia semplicemente atteso un’occasione favorevole, per esempio il sequestro di soldati. Penso che Israele si sia impantanato in una situazione pericolosa e gravida di conseguenza, che non corrisponde ai suoi interessi» (21).
       
Senza commenti, per ora.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4. Israele-Libano: chi aggredisce chi?

       Fin dall’inizio del conflitto, ossia fin dall’inizio dell’aggressione israeliana contro il Libano, il 12 luglio, tutti i media ripetono quotidianamente la stessa menzogna: Israele (la povera vittima!) si difende duramente perché è stato aggredito dall’Hezbollah, quest’ultimo avendo «violato» la sovranità territoriale israeliana, cosa che Israele si sarebbe sempre astenuto lealmente dal fare nei confronti del Libano!
       Niente di più falso.
       Da anni Israele soltanto ha violato la sovranità libanese e ha operato sul suolo libanese da aggressore e da nemico omicida.
       In realtà il “Regno di Israele” si fonda su due regole:
              – la propaganda, costruita sul falso,
              – e il terrorismo.

       Non tanto tempo fa, il 28 aprile 2006, lo stesso Kofi Annan (che pure è il Segretario Generale più sottomesso agli interessi israeliani, in tutta la storia dell’Onu) si è dunque visto costretto a riconoscere   –in un breve paragrafo, di sole undici righe! annegato all’interno delle ventisei pagine del suo Rapporto semestrale al Consiglio di sicurezza concernente l’applicazione della risoluzione 1559 (22)–  e a rendere testimonianza sul fatto innegabile, che continua da anni, degli «aerei israeliani che sorvolano il Libano, violando la sua integrità territoriale».
       
Ma ci sono ben altre violazioni israeliane della sovranità del Libano. Gli assassinii, per esempio, e gli attentati all’auto-bomba nel corso di questi ultimi anni. E per limitarsi a fatti recenti, la rete israeliana di terroristi impiantata in Libano e smantellata nel maggio scorso dai servizi d’informazione libanesi (23).
       Ran HaCohen, giornalista ebreo israeliano, sulla base dei rapporti dell’Unifil ha rivelato che gli osservatori dell’Onu, da quando nel maggio 2001 hanno preso posizione sulla “Linea blu”, hanno segnalato ogni giorno le violazioni aeree israeliane, che penetravano in profondità nello spazio aereo libanese. Essi riferiscono specificamente che le continue incursioni [israeliane], soprattutto quelle che attraversano a bassa quota il muro del suono a bassa quota sopra zone abitate, sono state particolarmente provocatorie e hanno causato gravi traumatismi presso la popolazione civile. Le violazioni aeree continuano, nonostante le ripetute proteste rivolte alle autorità israeliane (24).
       Il primo ministro libanese Siniora ha già più volte formalmente dichiarato che Israele ha compiuto 17'000 (diciassettemila!) violazioni dei confini libanesi.
       Come spiegarsi che sia soltanto Israele ad applicare il solito metodo terrorista: è lui ad aggredire, ma le sue personalità   –politiche e militari–   aprono i loro grugni per gridare alto e forte le cronache false delle aggressioni “subite”. I furbastri dello “shoah business”!
       Ma che vigliaccheria! La loro forza la prendono dalla bassezza e dall’omertà dei governi occidentali.
       Se il Libano dovesse sporgere denuncia di fronte al Consiglio di sicurezza per tutte le violazioni che ha dovuto subire da parte di Israele, si potrebbe veramente arrivare a una condanna di Israele? John Bolton non ci farebbe il suo ennesimo scherzaccio alle Nazioni Unite?
       In tutta la sua storia, neppure una volta il Libano ha aggredito un altro paese. È un piccolo paese che ha subito aggressioni e invasioni. Ma come sempre, la libertà dei libanesi ha preso il sopravvento sul numero e la barbarie degli aggressori.
       Chirac, caritatevolmente, su Le Monde del 26 luglio aveva avvertito gli israeliani: «Non si cambiano regioni con la forza».
       
Ma non c’è sordo peggiore di chi non vuol sentire. Stati Uniti e Israele si spalleggiavano a vicenda. Si vedevano già ebbri di gloria e di vittoria. «Bisogna distruggere il Libano!», hanno gridato. «Uccidilo, uccidilo!»...
       
Credono di disperdere le fiamme. Non faranno che propagare l’incendio.
       Un giorno la storia dirà chi ha vinto.
       Di quali altre menzogne propagandistiche gli israeliani vogliono ancora servirsi per provocare ulteriori commiserazioni sulla loro eterna condizioni di “vittime”!
       La guerra che il Libano sopporta è chiaramente una guerra di legittima difesa.
       Ha un bel continuare a fare esibizioni di terrorismo, Israele, distruggendo il Libano intero e continuando questo primo genocidio del XXI secolo. «Chi semina vento raccoglie tempesta». E Israele cadrà nella sua stessa trappola.
       D’altra parte, «Quos Deus vult perdere, prius dementat», «Quelli che Dio vuole abbattere, prima li abbandona alla follia». E tutti i maneggi criminali e le furie di Israele   –in Palestina e in Libano–   confermano il suo stato demenziale.

 

 

      

5. Di quale accordo di pace si parla?

       Le Nazioni Unite, obbedienti e umili di fronte alla coppia Usa-Israele, per salvare la faccia a Israele devono fare di tutto.
       Israele infatti lo ha sufficientemente dimostrato: non vince la guerra.
       Si è arrivati a un mese di belligeranza e questa “grande potenza” non riesce  –nonostante tutte le sue armi (anzitutto quelle proibite), i suoi blocchi aereo e navale, i falsi della sua propaganda e l’inerzia deliberata delle Nazioni Unite–  eppure questa potenza non riesce a vincere contro un’organizzazione di resistenza, una guerriglia.
       Da quando esiste, è la prima volta che Israele affronta una vera guerra. Dal 1948, infatti, non ha avuto che una sola guerra: contro l’Egitto, nel 1967, di sei giorni. A parte questa, Israele ha esercitato terrorismo e crimini contro il popolo palestinese e ha invaso per sei volte il Libano (l’invasione attuale è la settima e la più devastante), vigliaccamente: mentre il Libano era impegnato a difendersi contro i palestinesi rifugiati da noi e contro la Siria.
       Contro i palestinesi, armati fino ai denti e finanziati da tutti i paesi arabi, il cui scopo era quello di prendersi il Libano come paese di ricambio, in sostituzione della loro Palestina. All’inizio della guerra, nel 1975, Arafat stesso, di persona, ci aveva informato che la guerra sarebbe durata solo tre giorni: «Beirut è nostra in tre giorni »; e «La strada per la Palestina passa per Jounieh [città situata quindici kilometri a nord di Beirut]».
       E contro la Siria, che aveva sognato da sempre di annettersi il Libano. La Siria infatti non ha mai riconosciuto la sovranità del Libano e ha sempre rifiutato di stabilire relazioni diplomatiche con il Libano.
       Ma le bombe su Israele, questa è cosa nuova. E la cosa comincia a pesare gravemente sull’opinione pubblica israeliana. Gli israeliani infatti non sono abituati a vivere nella paura della morte.
       È dunque la prima volta che Israele si trova in un seria condizione di guerra, provocata e voluta dagli stessi capi israeliani.
       Quanto a noi libanesi, vi abbiamo fatto l’abitudine. Lungo i secoli abbiamo subito tante guerre, che l’autodifesa fa parte dei nostri geni (del nostro Dna, nel gergo attuale). Il resistere e l’essere forti e fermi in battaglia, e il pronto rialzarsi quando la pace è ristabilita, fanno parte della nostra cultura.
       Loro passeranno. Noi risorgeremo.
       Loro campano del ricatto politico della shoah, delle “tasse” imposte alla Germania per le interminabili “riparazioni” che essi esigono nel nome dei loro «shoah business» e «holocaust industry», campano dei miliardi di dollari estorti annualmente agli Stati Uniti e ad altri paesi.
       Noi, ci riprendiamo dal nulla. Un libanese è rapidissimo nel rimboccarsi le maniche.
       Ciò che invece non si vuole mostrare, degli israeliani, è la loro inquietudine e impazienza crescenti. Non ne possono più di rintanarsi nei loro rifugi come topi, non ne possono più della guerra. Non sono abituati a vedere un Israele che non vinca presto. Sono abituati all’abuso del potere, dell’autorità e del diritto. Sono abituati all’arroganza. A sentirsi sempre i più forti, i “bulldozers”. E che cos’è questo Israele che tira in lungo la guerra? Per questo il morale è a terra.
       E molti di loro lasciano il paese. Credevano infatti di aver trovato l’Eldorado e per la prima volta hanno appena constatato che non è assolutamente questo il caso.
       Forse sarebbe tempo, per il popolo israeliano, di riconoscere che non dovrebbe vivere indefinitamente in complicità con i suoi capi sanguinari. Dal 1948, ossia da quando lo Stato sionista di Israele si è insediato nella regione, la pace è svanita. A meno di essere masochisti, non capisco come gli israeliani possano continuare ad accettare di vivere nel timore, mentre la soluzione è nelle mani del loro governo: riconoscere ai palestinesi la loro terra e permettere che vivano in pace.
       Infine, per questa popolazione abituata a non fare conto e a non tenere in considerazione i morti altrui, l’alto numero di soldati israeliani uccisi nel corso di questa ultima aggressione contro il Libano è inquietante come un incubo. Senza contare il costo elevato della guerra, che non è più disposta a sovvenzionare.
       Di qui la necessità per Israele di salvare la faccia a ogni costo. Bisogna assolutamente che Israele si tiri fuori da questa guerra a testa alta, per quanto possibile. D’altra parte, i ritardi imposti all’Onu dai complici americani di Israele non hanno altra spiegazione che questa: vista finora la difficoltà che qualcun altro (l’Onu? eventuali Forze internazionali? ma quali?) accetti di continuare contro il Libano e dall’interno del Libano la guerra ingiusta e barbara che Israele è incapace di vincere, per i co-aggressori americani si tratta di trovare la formula più adeguata che permetta a Israele di perdere prestigio con meno danni e scalfitture possibili.
       Quello che è certo per noi libanesi, è che non accetteremo mai che Israele si azzardi ancora ad aggredire il Libano.
       E visto che Al-Qaida fornisce regolarmente e caritatevolmente ai “salvatori del mondo” israeliani gli alibi “terroristi”, ecco che un’altra mano (o la stessa mano Cia-Mossad) è stata appena tesa, al momento giusto, a Israele.
       È l’atto di terrorismo, tanto atteso e tante volte “promesso” dagli israeliani!, che emerge ed è scoperto in tempo a Londra, ci dicono, giovedì 10 agosto 2006. Sembra dunque che dei “terroristi” stessero per agire: per giustificare   –come l’11 settembre–  altre tappe israeliane della «guerra contro il terrorismo» e mantenere ancora le popolazioni occidentali nella psicosi del “terrore islamista” (o del «fascismo islamico», come stupidamente lo ha chiamato Bush). Forse per tentare di recuperare terreno al Consiglio di sicurezza e di rosicchiarvi qualcosa di più vantaggioso per il “povero” Israele? Forse per discolpare a posteriori Israele della sua guerra contro il Libano e dell’invasione e occupazione del paese fino al fiume Litani?
       E a proposito di terrorismo (non virtuale, questa volta), si è poi scoperto chi esattamente fosse dietro l’attentato che fece esplodere l’aereo italiano su Ustica   –attentato realmente terrorista, questo–  e causò uno spaventoso massacro? Dov’erano allora gli uggiosi “terroristi islamisti”? Entro quale servizio segreto bisogna cercarli?
       Perché nessuno dei giudici italiani incaricati delle inchieste ha mai creduto bene di chiamare a testimoniare Victor Ostrovsky, già ufficiale del Mossad, che nel suo volume «The other side of deception» riferisce la dichiarazione di uno dei suoi superiori gerarchici nel Mossad, che indica Israele come autore diretto dell’attentato? (25).
       Oggi, se il testo di una Risoluzione del Consiglio di sicurezza non rispondesse ai suoi desiderata, Israele promette di arrabbiarsi, molto e male. Forse fino a trarne pretesto per provocare una guerra regionale   –anzitutto contro la Sira–  sul territorio libanese. Forse fino a cominciare ad aprire anche altrove le porte (è questo il vero programma dei “salvatori del mondo”?) a un cataclisma apocalittico di guerre, in vista del loro Nuovo ordine mondiale.
       «E posso assicurarvi che questo accadrà
, nel caso in cui noi sprofondassimo nell’abisso», afferma l’israeliano Martin van Creveld (26).
       
Gli ebrei infatti sono disposti al peggio, in caso di bisogno.
       Suicidi?
       Mi chiedo se siano disposti ad affrontare altre e lunghe guerre o un’altra Masada.

 

 

      

6. Il lievito di una manciata di giusti

       Le teste di questa guerra, Bush, Olmert e i loro vassalli, queste teste folli di orgoglio, saranno trascinati un giorno davanti a una Corte internazionale. Loro, i sovrani attuali di questo mondo melmoso. Loro, i potenti criminali che abbrutiscono le popolazioni per portarle alla rovina. Loro, gli uomini dall’animo perverso e dal cuore corrotto. Loro, i nemici omicidi che nuocciono al genere umano, saranno processati.
       Di tanto in tanto alcuni autentici genocidi è bene non lasciarli impuniti.
       Chi sono i pochi giusti che potrebbero ancora guarire il cadavere di Israele? Che potrebbero essere i terapeuti di questo Stato agonizzante?
       Un altro Israele forse sopravvivrà   –le due comunità ebraica e palestinese in un unico Stato: Palestina-Israele, con diritti uguali per ognuno dei suoi figli–  grazie ai pochi giusti che sapranno manifestarsi di fronte a Dio e agli uomini, per gridare vendetta contro i crimini a causa dei quali questo Israele morirà.
       Ma se non si trovasse il lievito sufficiente di questi giusti, capaci di detronizzare il pugno di empi e di assassini che fanno imputridire il corpo di Israele, allora, come tante volte nella storia, tutto un popolo   –i colpevoli e gli innocenti–   sarà sradicato e gettato a sanguinare altrove.
       Credono forse, questi capi di un Israele mostruoso, quei rabbini senza verità né santità corrosi dalla superstizione, dalla magia, dall’idolatria della terra e del sangue, quei macellai gallonati, e quanti del popolo d’Israele sono i loro complici, li osannano e gridano contro l’innocente: «Uccidilo, uccidilo!», credono forse che sia soltanto il sangue di Abele a gridare vendetta a Dio?
       No. Il sangue di tutti gli innocenti grida. E Dio, sempre in ascolto, si leva a soccorrerli.
       Credono di essere forti contro Dio?
       Ma chi come Dio? «Quis ut Deus?», «Mi kha ‘El?».
       
La rovina o la salvaguardia di Israele verranno dalle sue stesse viscere, dall’interno stesso di Israele. Voglio trascurare qui la rovina.
       Voglio immaginare la salvaguardia e il buon senso, con l’aiuto per esempio di quei giusti che in Israele sono oggi chiamati «refuzniks»: quanti disobbediscono al male. Qualcuno, infatti, in un dato momento può porsi una questione di coscienza.
       Come quel caporalmaggiore Umri Zaid, della città israeliana di Safed, di servizio come artigliere nell’Alto Golan, che ha rifiutato l’ordine di lanciare più di centocinquanta obici contro il villaggio libanese di Al-Jdairah. Il soldato ha detto ai suoi compagni che non era disposto a prestare servizio in un esercito che si dice professionale e che tira bombe su civili, nei loro villaggi e nelle loro città. Ha raccolto le sue cose ed è rientrato a casa propria (27).
       Come quella cittadina israeliana, Tsilli Goldenberg, che ha scritto una lettera a Olmert e Peretz accusandoli di essere dei criminali e concludendo la sua lettera in questi termini: «Vi combatterò, e come me lo faranno molte altre persone sane di mente, in tutto il mondo» (28).
       Come i grandi combattenti Israel Shahak, Israel Adam Shamir, Ilan Pappe, Jeffrey Blankfort, Michel Warschawski e tanti altri.
       In Europa e nel mondo, nelle nostre società malate e assonnate, molte testimonianze in favore del Libano sono state espresse, sia da parte di persone comuni, sia (rarissime!) da parte di personalità politiche.
       Quella per esempio del presidente del Venezuela, Hugo Chavez, ha richiamato da Israele l’ambasciatore venezuelano, per protestare contro il genocidio perpetrato dallo Strato ebraico contro il Libano, e martedì 8 agosto a Caracas ha annunciato, secondo l’agenzia russa di stampa Ria Novosti del 9-8-2006, che probabilmente il Venezuela avrebbe rotto le sue relazioni diplomatiche con Israele. Bella lezione di onore per nostri politici, che esitano ancora e da tanto tempo a scegliere la nobiltà della rettitudine.
       Ma grandi lezioni di onore e di rettitudine ci vengono anche da gente comune.
       Come quel proprietario del Bar «Las Sirenas» di Siviglia che, per esprimere la sua indignazione per i massacri che i libanesi e i palestinesi subiscono da parte degli israeliani, ha cacciato fuori dal suo Bar i due turisti israeliani che esibivano con arroganza le bandiere di Israele e degli Stati Uniti. E tutti i presenti nel Bar ad applaudire calorosamente! (29).

 

 

 

7. Finire la guerra senza concludere nulla? No

       Dopo tante decine d’anni in cui il Libano ha subito tutti i regolamenti di conti dei paesi della regione, è tempo di mettervi fine.
       Il Libano ha bisogno, una volta sbarazzatosi dell’aggressione israeliana, di intraprendere con fermezza un cammino di autentica rinascita.
       A. Ha bisogno  –molto rapidamente–  di una nuova legge elettorale e di nuove elezioni, che permettano al Libano e alle sue famiglie (non alla vecchia casta politica e ai suoi complici, non ai vecchi capibanda e alle loro forze di tradimento) di eleggere vere figure nazionali e non partigiani soltanto dei loro capitali.
       B. Ha bisogno che la sua Costituzione sia liberata al più presto dalle deformazioni che ci sono state imposte dai nostri aggressori americani e sono state fabbricate e negoziate già da prima, a partire dal 1987, tra americani, siriani, compari libanesi e complici arabi sulla base del vergognoso «Accordo di Taëf».
       
In tale «Documento di intesa nazionale» o «Accordo di Taëf» (una vera e propria «Intesa di tradimento nazionale»), i nostri aggressori americani di ieri e di oggi, i complici arabi e i traditori libanesi avevano avuto l’impudenza di consacrare anticipatamente e formalmente i ringraziamenti stessi alla Syria!, per il suo ruolo “fraterno” di futura “protettrice militare” del Libano, di futura forza di occupazione, di madrina sia della futura elezione di un “presidente della repubblica”, sia della futura formazione di un “governo di intesa nazionale”, sia delle future “riforme” politiche e costituzionali! (30).
       Le deformazioni costituzionali che ci sono state imposte da tale «Accordo di Taëf», in realtà, ammanettano il Libano e gli impediscono ogni deliberazione efficace.
       C. Ha bisogno di armarsi potentemente e di proiettarsi verso alleanze militari che lo proteggano efficacemente da ogni possibile aggressione proveniente sia dai due paesi suoi confinanti   –Israele e Siria–  sia dagli Stati Uniti.
       D. Il Libano non ha bisogno dell’elemosina dei suoi aggressori.
       La complicità degli Stati Uniti e di Israele nell’attuale aggressione contro il Libano è evidente. Gli Stati Uniti, per ammissione dello stesso Bush, sono i mandanti dell’aggressione (31), l’hanno organizzata e decisa e hanno dato a Israele il mandato di esecuzione, fornendo direttamente ai macellai israeliani ogni tipo di armi, “proteggendo” indefinitamente il protrarsi dell’aggressione.
       Il Libano ha dunque il diritto   –al di là di un processo e di una condanna esemplare di tutti i responsabili civili e militari israeliani–  che gli Stati Uniti e Israele coprano per intero il risarcimento per tutti i danni materiali e per tutte le famiglie delle vittime.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

8. Quale futuro per il Libano e Israele?

       Riprendendo la considerazione citata sopra di Tom Seguev («Penso che Israele si sia impantanato in una situazione pericolosa e gravida di conseguenza, che non corrisponde ai suoi interessi»), nella situazione attuale Israele è in un vicolo cieco, sia che protragga sia che interrompa la guerra.
       Protrarla, significa rischiare una sollevazione morale di tutti i popoli della terra, danneggiare definitivamente l’immagine di Israele e smascherare radicalmente il suo vero volto: «L’altro volto di Israele» (32).
       Interromperla, vorrebbe dire rischiare gravemente il proprio posto e la propria credibilità tra le “grandi potenze”, poiché interromperla senza avere ottenuto sul campo una chiara vittoria militare significherebbe un chiaro insuccesso.
       Alternative per il Libano? Una sola: difendersi coraggiosamente e fino in fondo contro l’aggressione. Fino a una pace giusta e leale con i suoi vicini. Confidando di arrivare presto al termine della nostra Via crucis, preferiamo mantenere rapporti equi e pacifici con i paesi confinanti.
       L’aggressione attuale di Israele non è contro l’Hezbollah, ma contro tutto il Libano, in tutte le sue comunità e le sue famiglie.
       L’onore dell’intero Libano è quello di condurre la sua battaglia di giusta e legittima difesa con la fierezza, la fortezza e il coraggio che da sempre ha saputo testimoniare.
       E il Libano riprenderà nella regione il suo ruolo millenario di primo polo culturale e civilizzatore. Il Libano è oggi all’altezza del suo compito: quello di farsi carico di numerosi problemi e squilibri sociali, economici, culturali e politici, per raggiungere pienamente la meta della sua rinascita autentica.
       La rinascita di un Libano di volto libanese, di appartenenza libanese, di identità libanese. La rinascita di un Libano giusto, prospero e forte, nel quadro di una pace regionale equa.

Jacqueline Amidi

 

 

 

       Originale francese: Jacqueline Amidi, Génocide au Liban. À quand le désarmement d’Israël, premier État terroriste de la terre?, in www.effedieffe.com, 12-8-2005:

 

 

 

       (1) Bradley Burston [bburston@haaretz.co.il], Israel is losing world war III, in Haaretz, 7-8-2006: www.haaretz.com/hasen/spages/747340.html.
       (2) Alain Campiotti, Le goût de la défaite, in Le Temps, lunedì 7 agosto 2006:
www.letemps.ch/template/editoriaux.asp?page=1&article=186875.
       (3) Ehud Olmert, nell’intervista al Welt am Sonntag, 6-8-2006.
       (4) Alberto Cruz,La Onu, otra vez, al servicio de EeUu e Israel, in Rebelión, 23-5-2006:
www.rebelion.org/noticia.php?id=31866. Traduzione italiana: Alberto Cruz,L’Onu, ancora una volta, al servizio di Usa e Israele, in Come don Chisciotte, 6-7-2006:
www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=2282.
       (5) Cfr. il testo integrale della dichiarazione di Peter Maurer in Horizons et débats express, n° 1, agosto 2006, p. 21: www.horizons-et-debats.ch/express/HD%20express_1.pdf.
       (6) Cfr. il passaggio su Bolton in Jacqueline Amidi, Liban-Israël, l’heure de la vérité?, in
effedieffe.com, 29-7-2006: www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1324&parametro=esteri. Traduzione italiana: Jacqueline Amidi, Libano-Israele, l’ora della verità?, in effedieffe.com, 2-8-2006: www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1344&parametro=esteri.
       (7) Convenzione sul genocidio approvata il 9 dicembre 1948 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite: «Per genocidio si intende uno dei seguenti atti, compiuti con l’intento di distruggere interamente o parzialmente un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso: a) uccidere i membri di tale gruppo; b) causare danni materiali o mentali a membri di tale gruppo; c) infliggere deliberatamente a tale gruppo condizioni di vita tali da portare alla sua distruzione fisica totale o parziale; d) imporre misure miranti a impedire nuove nascite nel gruppo; e) trasferire con la forza bambini da un gruppo a un altro gruppo ».
       
(8) Per i casi innumerevoli dei crimini israeliani in Libano, cfr. il Report di 50 pagine, diffuso il 3-8-2006, da Human Rights Watch: «Fatal strikes: Israel’s indiscriminate attacks against civilians in Lebanon», agosto 2006, volume 18, n° 3 (E):http://hrw.org/french/docs/2006/08/03/lebano13909.htm e www.hrw.org/reports/2006/lebanon0806/.
       (9) Cfr. l’articolo che Robert Fisk ha consacrato, in The Independent del 5-6-1996, allo spaventoso massacro israeliano di Qana, nella base della Unifil in cui erano rifugiati ottocento libanesi, centodue dei quali furono uccisi.
       (10) Manlio Dinucci, in Il manifesto, 26-7-2006.
       (11) Wayne Madsen, in Wayne Madsen Report, 22-23 juillet 2006:
www.waynemadsenreport.com/.
       (12) Manlio Dinucci, cit.
       (13) Wayne Madsen, cit.
       (14) Canadian Mind Products, Du Babies [Depleted Uranium Babies]:
www.mindprod.com/politics/iraqdubabiespix.html.
       (15) Cfr. Thierry Meyssan, Les néo-conservateurs et la politique du “chaos constructeur” (I neoconservatori e la politica del “caos costruttore”), in Voltairenet, 25-7-20006:
www.voltairenet.org/article142364.html.
       (16) Lettre de David Ben Gourion à Moshé Sharett sur la constitution d’un État maronite au Liban (Lettera di David Ben Gurion a Moshé Sharett sulla costituzione di uno Stato maronita in Libano), documento consultabile nella biblioteca elettronica di Voltairenet:
http://www.voltairenet.org/article9886.html.
       (17) A clean break. A new strategy for securing the realm, Iasp, 8 luglio 1996. Una versione abbreviata del documento è disponibile sul sito dello Iasp [www.iasps.org/strat1.htm]. Il contenuto dell’intero documento è conosciuto attraverso i resoconti che il Guardian ne fece al tempo della sua uscita.
       (18) Meyssan ricorda anche, in una nota: «Il padre di Benjamin Netanyahu, Ben-Zion Netanyahu, era il segretario particolare di Vladimir Jabotinsky, fondatore del “sionismo revisionista”. Ehud Olmert appartiene alla stessa corrente di idee».
       
(19) Matthew Kalman, Israel set war plan more than a year ago. Strategy was put in motion as Hezbollah began gaining military strength in Lebanon, in San Francisco Chronicle, 21 luglio 2006: www.sfgate.com/cgi-bin/article.cgi?f=/c/a/2006/07/21/MNG2QK396D1.DTL&hw=kalman&sn=001&sc=1000.
       (20) Gilad Atzmon, Israel’s raids on Gaza and Lebanon. Echoes of the wehrmacht, in CounterPunch, 14 juillet 2006: www.counterpunch.org/atzmon07142006.html. Traduzione italiana di Olimpia Bertoldini: I raid israeliani su Gaza e sul Libano. Riecheggia la Wehrmacht, in Come don Chisciotte, 19-7-2006:
www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=2324.
       (21) Tom Seguev, in Spiegel online, 19-7-2006.
       (22) Documento S/2006/248, del 19 aprile 2006, di cui già il 23 maggio 2006 parlava Alberto Cruz, nel suo articolo citato qui alla nota 4. Cfr. il Rapporto in questione:
http://www.un.org/Docs/journal/asp/ws.asp?m=S/2006/248.
       (23) Cfr. Jacqueline Amidi, Libano, il feudo della Vergine, in effedieffe.com, 22-7-2006: http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1306&parametro=esteri. Originale francese in effedieffe.com, 19-7-2006, Esteri:
http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1299&parametro=esteri.
       (24) Ran HaCohen, “Respecting Lebanon’s Sovereignty”. Foxman defames, in AntiWar.com, 31 juillet 2006: http://www.antiwar.com/hacohen/?articleid=9442.
       (25) Victor Ostrovsky, The other side of deception, Harpercollins, Reprint agosto 1995.
       (26) Cfr. Jacqueline Amidi, Liban-Israël, l’heure de la vérité?, citato qui alla nota 6.
       (27) Cfr. Eliza Ernshire, Pas de lumière dans Gaza, in Ccippp [Campagne Civile Internationale pour la Protection du Peuple Palestinen], 6-8-2006:
http://www.protection-palestine.org/article.php3?id_article=3272.
       (28) Tsilli Goldenberg, I accuse you!, in Eutopic. L’autre net, 30-7-2006:
http://www.eutopic.lautre.net/coordination/article.php3?id_article=1110.
       (29) Cfr. Boicottaggi fai da te, in Come don Chisciotte, 28-7-2006:
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=2356.
       (30) Cfr. Accord de Taëf, II, 4.
       (31) Cfr. qui i passaggi corrispondenti alle note 15-19.
       (32) Israel Shamir, L’Autre visage d’Israël, Éditions Al-Qalam, Librairie du Monde Arabe [220 rue St Jacques, 75005 Paris, librairiemondearabe@free.fr], 2004. Questo volume, a motivo delle verità che dice, è stato denunciato alla giustizia dai “liberi” e “liberatori” nazional-sionisti. Il volume è dunque stato sequestrato dalla giustizia. Il processo è ancora in corso.

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