Precisiamo che articoli, recensioni, comunicazioni, eventi, appuntamenti... e quant'altro vengono da noi pubblicati non in base ad una adesione ideologica o morale, ma solo se ce ne viene fatta esplicita richiesta (anche con una semplice comunicazione fatta alla nostra Redazione a scopo di pubblicazione), pur rimanendo noi liberi di soddisfare o meno i desiderata.

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PER IL SUD-EST ASIATICO UNA PREGHIERA È MEGLIO DI UN SMS

       Il terribile maremoto che ha colpito i paesi del sud-est asiatico ha commosso tutti gli italiani, ma a ben pochi ha fornito una occasione di vera riflessione.
       La gara di "solidarietà" messa in moto dalle televisioni e dai giornali ha visto moltissimi partecipanti.
       Personalmente non conosciamo nessuno che non abbia mandato almeno un SMS per donare 83 centesimi alle popolazioni colpite (e 17 di IVA allo stato italiano, ma questo sarebbe un altro discorso).
       Il titolo del presente articolo (per la verità un po' provocatorio) sarebbe forse più adatto ad enucleare un altro tema, molto importante, quello della differenza fra "Carità" e "solidarietà"[*]; differenza FONDAMENTALE, poco ricordata e conosciuta ai giorni nostri. Questo sarà forse l'oggetto di un prossimo articolo, qui ci limitiamo a ricordare che la "Carità" è una delle tre virtù teologali grazie alla quale si ama Dio e, DI CONSEGUENZA, il prossimo, mentre la "solidarietà" è un concetto sociologico, che ci sentiamo di definire, senza timore di errore o esagerazione, UNA SCIMMIOTTATURA SATANICA DELLA CARITÀ (e su questo ci potremmo dilungare ad libitum, ma passiamo oltre).
       Ci è capitato di ascoltare al Tg2 un notissimo filosofo (mai sentito prima a causa della nostra personale ignoranza) ricordare i "bellissimi versi" che Voltaire scrisse in occasione del terribile terremoto che sconvolse Lisbona nell'anno 1755.
       Queste parole ci hanno fatto tornare in mente quanto Joseph De Maistre (per il quale rimane valido il caveat nostro e della Redazione presente nell'articolo L'empietà dei lumi) scrive proprio al riguardo della lirica di Voltaire nel quarto colloquio de "Le serate di Pietroburgo".
       Al tempo di Voltaire era ancora diffusa la convinzione che le catastrofi naturali fossero un castigo divino necessario a punire i peccati degli uomini (e ricordiamo, solo per cronaca poiché non siamo certo noi a dover giudicare, che le zone colpite dalla recente tragedia sono spesso ricordate come meta di pellegrinaggi non certo pii). Su questo si legga anche l'articolo Agli assassini della Liturgia di Mons. Domenico Celada presente su questo sito.
       L'opera di Voltaire, collocandosi in pieno nello spirito del secolo diciottesimo, vuole spingerci, subdolamente come tipico di questo detestabile autore, a sostituire a Dio le ineluttabili e necessarie leggi meccaniche della natura.
       De Maistre (di cui riportiamo alcuni brani nel seguito) tiene a ricordarci che Dio punisce gli uomini per i nostri orrendi misfatti e che è a Lui che dovremmo volgerci per chiedere aiuto in ogni giorno della nostra vita terrena.
       Questa posizione non è più, ai giorni nostri, assolutamente proponibile.
       È anche per questo che la sottoscriviamo in pieno!

PF Palmisano

       C'è qualcuno che abbia sentito nel corso dei lunghi e dettagliati rapporti televisivi chiedere aiuto a Dio, o semplicemente mominarLo??? "Non c'è stato nemmeno per ferro vecchio"!!!
       Dio non è stato tirato in campo neppure da quei personagi "domenicali" che per la loro funzione, per il grado... rappresentano (meglio: dovrebbero rappresentare) le sacre Istituzioni!...
       In compenso abbiamo sentito uno di loro, personaggio di primissimo piano, "sperare nelle isituzioni umanitarie", non in Dio!
       Altri hanno invitato a un minuto di silenzio (a questo strano, moderno e nuovo toccasana!), non abbiamo sentito nessuno che invitasse ad una preghiera! Il quadro che ne viene fuori è quello della spaventosa desolazione morale in una orribile desolazione materiale...

       Nonostante tutto non ci si è voluto ricordare di Dio, con caparbia suberbia non si è voluto ricorrere al suo aiuto...
       Cos'altro dovrà fare Dio perché noi teniamo conto della sua presenza?

La Redazione
Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature
e quanto scritto nello spazio giallo sono della Redazione

Al riguardo della lirica che Voltaire scrisse in occasione del terribile terremoto che sconvolse Lisbona nell'anno 1755,
nel quarto colloquio de "Le serate di Pietroburgo"
scrive
Joseph De Maistre


       Tutti i filosofi del nostro secolo non parlano che di leggi
invariabili; lo credo bene: il loro unico scopo è quello d'impedire all'uomo di pregare, e questo è il mezzo infallibile per riuscirvi. Da ciò deriva la collera di questi miscredenti, quando predicatori o moralisti si fanno premura di dirci che i flagelli materiali di questo mondo, come le eruzioni vulcaniche, i terremoti, [i maremoti] ecc., sono punizioni divine. Essi vorrebbero convincerci che era rigorosamente necessario che Lisbona fosse distrutta il 1° novembre 1755, così come era necessario che in quello stesso giorno il sole si levasse. [...]
       Scrive Voltaire nel suo poema sul disastro di Lisbona:
   
No, non offrite più al mio cuore in ansietà
queste immutabili leggi della necessità,
questo nesso di corpi, di spiriti e di mondi:
o, sogno dei sapienti, o deliri profondi!
Dio regge la catena e non è incatenato:
tutto da sua benigna scelta è determinato;
libero è, giusto, privo d'implacabil rancore.
   
       Fin qui, non si saprebbe dir meglio; ma, come se si pentisse di aver parlato ragionevolmente, aggiunge subito:
   
Perché dunque soffriamo sotto un equo signore?
Ecco il nodo fatale che noi dovremo sciogliere.
   
Cominciano le domande temerarie: "Perché soffriamo sotto un equo signore?". Il Catechismo e il senso comune rispondono all'unisono: "Perché lo meritiamo". Ecco il "nodo gordiano" sciolto con saggezza, e non ci si scosterà mai da questa soluzione senza vaneggiare. Invano lo stesso Voltaire griderà:
   


Direte voi, vedendo le vittime ammucchiate:
"Dio si vendica: le lor colpe son castigate"?
Qual crimine o colpa han mai commesso questi infanti
Sopra il seno materno schiacciati e sanguinanti?
   
Quale insensatezza! Quale mancanza di approfondimento e di analisi! Senza dubbio vi erano bambini a Lisbona come ve n'erano a Ercolano l'anno 79 della nostra era, come ve n'erano a Lione qualche tempo prima, o come ve n'erano, se volete, al tempo del diluvio. Quando Dio punisce una società, qualunque essa sia, per i delitti che ha commesso, egli attua la giustizia come facciamo anche noi in questi casi, senza che a nessuno venga in mente di lamentarsi. Una città si ribella: massacra i rappresentanti del sovrano, gli chiude le porte in faccia, si difende contro di lui, viene domata. Se il principe la fa smantellare e la spoglia di tutti i suoi privilegi, nessuno biasimerà quel giudizio col pretesto degli innocenti che vi sono in quella città. Non dobbiamo mai trattare due problemi alla volta. La città è stata punita a causa del suo delitto e senza quel delitto essa non avrebbe sofferto. Ecco una proposizione vera ed indipendente da tutte le altre. [...]
Mi lusingo che Voltaire avesse più di me una sincera pietà per quegli infelici bambini "sopra il seno materno schiacciati e sanguinanti"; ma è pazzia addurli come esempio per contraddire il predicatore che grida: "Dio si è vendicato, questi mali sono il prezzo dei nostri delitti", poiché nulla è più vero in generale. Si tratta soltanto di spiegare perché l'innocente sia coinvolto nella pena inflitta ai colpevoli. [...] D'altra parte io dubito che Voltaire abbia notato che invece di trattare una questione particolare, relativa all'avvenimento di cui si occupava in quell'occasione, ne trattava una generale: si domandava, senza rendersene conto: "perché i bambini, che non hanno ancora potuto né meritare né demeritare, sono soggetti in tutto il mondo agli stessi mali che possono affliggere gli adulti?" [leggendo l'intero libro si capirà che il motivo è da ricercarsi nel peccato originale]. [...]
Occorrerebbe dunque guardare ancora più in alto, e domandarsi in virtù di quale causa sia diventato necessario che una folla di bambini muoia prima ancora di nascere; che la metà precisa di quelli che nascono muoia prima dei due anni; e che altri, in numero sempre molto elevato, muoiano prima dell'età della ragione. [naturalmente De Maistre non poteva neppure immaginare che ai giorni nostri sarebbe stato, non solo consentito, ma addirittura pianificato ed organizzato dallo stato, l'assassinio dei bambini nel seno materno!] [...]
Volete sentire un altro sofisma sullo stesso argomento? È ancora Voltaire che ve l'offre, e sempre nella stessa opera:
   
Lisbona che è scomparsa, è stata più viziosa
Di Londra o Parigi, immerse in dolce vita e oziosa?
Lisbona è inabissata, e a Parigi si danza.
   
Gran Dio! Quest'uomo pretendeva che l'Onnipotente trasformasse le piazze di tutte le grandi città in luoghi di esecuzione? O voleva che Dio non punisse mai, dal momento che Egli non punisce sempre e dappertutto, e nello stesso momento?
Voltaire possedeva dunque la bilancia di Dio per pesare il delitti dei re e degli individui, e per determinare esattamente il tempo dei supplizi? E che cosa avrebbe detto questo temerario, se nel momento in cui scriveva queste righe insensate, in mezzo alla città immersa "in dolce vita e oziosa", avesse potuto vedere all'improvviso, in un avvenire a lui tanto prossimo, il Comitato di Salute Pubblica, il tribunale rivoluzionario, e le lunghe pagine del "Moniteur" tutte rosse di sangue umano? [sta parlando della tremenda tragedia della Rivoluzione francese, 1789] [...]
Permettetemi di farvi osservare una qualità caratteristica del cristianesimo, che mi sembra giusto citare a proposito di queste calamità di cui stiamo parlando. Se il cristianesimo fosse frutto dell'uomo, il suo insegnamento varierebbe con le opinioni umane; ma poiché esso deriva dall'Essere immutabile, è immutabile come Lui. Certamente questa religione, che è madre di ogni giusta e vera scienza che esista al mondo, si guarda bene dal proibirla o dall'intralciarne il cammino. Ma d'altronde, trovandosi in relazione diretta con il Sovrano, sa di essere fatta per pregare e non per discutere, poiché già sa tutto ciò che deve sapere. La si approvi o la si biasimi, la si ammiri o la si ponga in ridicolo, essa rimane impassibile; e sulle rovine di una città sconvolta dal terremoto grida, nel secolo diciottesimo come nel dodicesimo: "Noi vi supplichiamo, Signore: degnatevi di proteggerci; consolidate con la vostra grazia suprema questa terra scossa dalle nostre iniquità, perché il cuore di tutti gli uomini conosca che è il vostro sdegno che ci invia queste punizioni, così come è la vostra misericordia che ce ne libera".
   
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