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EscrivÀ: di Don Luigi Villa
Fonte: Chiesa viva, n.419 Sett. 2009, pagg.2-4 |
La ragion d'essere di questo articolo sta nella domanda finale, con la quale si conclude: come mai le "prove" del suo agire superbo, non vennero neppure trattate nel processo delle sua "Canonizzazione"? La Redazione Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi |
È difficile ricostruire i primi anni della sua esistenza, anche perché viene esagerato parecchio sui fatti che farebbero credere indubbiamente l'ispirazione sulla fondazione della sua Opera; una sequela di fatti che dimostrerebbero che fin dalla sua infanzia fosse prescelto ad attuare cose grandi.
La sua famiglia era una famiglia come tutte le altre. Il padre faceva il commerciante, che poi fallì, lavorando come dipendente. |
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È difficile ricostruire i primi anni della sua esistenza, anche perché viene esagerato parecchio sui fatti che farebbero credere indubbiamente l'ispirazione sulla fondazione della sua Opera; una sequela di fatti che dimostrerebbero che fin dalla sua infanzia fosse prescelto ad attuare cose grandi.
La sua famiglia era una famiglia come tutte le altre. Il padre faceva il commerciante, che poi fallì, lavorando come dipendente. * * * |
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Arrivò fino a dire che, nel Seminario di Zaragoza, fu nominato Superiore ancora prima che fosse sacerdote. Naturalmente, non portò mai alcuna prova di questo. Come non provò mai che, da Escrivà dei Romani, era diventato Escrivày Albàs, e non riposò fin quando non riuscì ad ottenere il titolo di Marchese di Peralta. Nel suo curriculum scrisse che studiò Diritto all'Università di Zaragoza e divenne avvocato; ma non c'è alcun modo di comprovare questo titolo, come neppure il supposto dottorato in legge. Si direbbe, invece, una smargiassata per un suo futuro processo di canonizzazione. A farlo pensare ci sarebbe quel suo frequente dire ai suoi associati: «Dovrete prendere nota di tutte le cose della mia vita; non vi accada come ai gesuiti che adesso si pentono di non averlo fatto per il proprio Sant'lgnazio». Né fu inascoltato, perché i suoi figli si premurarono sempre di raccogliere detti e qualsiasi cosa appartenente alla sua persona e fondazione. Un vero affanno per il suo culto! Persino le sue mortificazioni le effettuava in modo che venissero a conoscenza di molte persone, quasi a diffondere la fama di un "uomo di Dio". Maria Angustias Moreno scrisse perfino che «in ognuna delle case grandi dell'Opera c'era un'area speciale per gli usi del Padre, provvista di alimenti e rinfreschi abbondanti e con varietà. Quando fu in America, si inviarono, via aerea, meloni solo per il Padre, perché gli piaceva tale frutta». E aggiunge: «Durante una visita a Jerez, nel 1972, si considerò che in tutta la Siviglia non c'erano dolci sufficientemente selezionati da servire. Ho visto piangere la direttrice del Centro dell'Opera perché non trovava, nella città, il cucchiaio con in quale il Padre voleva gli fosse servita la minestra.»... «Ho visto uomini, cattedratici, direttori, generali, ingegneri, etc. mangiare torte imbottite di Imés Rosales, perché il Padre aveva commentato che erano deliziose... In ogni Centro dell'Opera si trovavano indumenti, specialmente selezionati, per ogni uso del Padre; vesti nuove, comprate solo per lui, incluse vestaglie da riposo». Alberto Moncada racconta che quando Antonio Pérez era segretario generale dell'Opera, gli chiesero da Roma una decorazione spagnola per il Padre: «In un momento, l'ottennero dal ministro di turno, incastonata di pietre preziose in oro, ed egli gliela portò. Il povero uomo si meravigliò perché Escrivà gliela restituì arrabbiato. Poi, Alvaro De Portillo gli spiegò che al Padre si potevano regalare solo diamanti». Riguardo la vita di Escrivà ci sono due versioni: una, che parla di uomo umile, mistico, pio, tutto di Dio; e l'altra, che espone il vero volto del Fondatore: una vera farsa montata attorno a lui, raccontata da moltissimi usciti dall'Opera, i quali, con fatti concreti, lo dipingono ben diversamente. Per chi ha studiato seriamente la vita di Escrivà, l'ha vista tutta impregnata di superbia, quasi una idolatria, un mito attorno alla sua persona, tutta cerchiata di onori e di distinzioni. * * * |
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Che fosse così, lo comprova il modo in cui promosse la idolatria verso la sua persona; la sua arroganza verso chi non credeva che ogni sua parola o azione fosse Volontà di Dio; il suo agire con bassezza e il suo mentire, usando calunnie e diffamazioni contro chi non credeva che la sua opera fosse veramente una creazione divina. Don Luigi Villa |
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