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Il richiamo al senso autentico della liturgia:
è possibile il rimedio se non si riconosce l'errore?

di Gianluca R. P. Arca

       In un'aula indisciplinata non è sufficiente (e non serve a niente) che l'insegnante dica di far silenzio e richiami all'ordine, ma è necessario che agisca perché il chiasso sia tacitato e l'ordine ristabilito, diversamente quell'insegnante è un incapace e inadatto a ricoprire quel posto!

La Redazione

 
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sottolineature e quanto scritto nello spazio
giallo sono, generalmente, della Redazione

       La Congregazione per il Culto Divino, secondo il volere del Sommo Pontefice, ha di recente emanato l'istruzione Redemptionis Sacramentum, allo scopo di proibire gli abusi e correggere gli errori che spesso si commettono nel celebrare il Sacrificio Eucaristico e le liturgie che hanno come centro l'adorazione del SS. Sacramento. In particolare, l'abuso principale dal quale mette in guardia il documento consiste nel lasciare che venga dimenticata o, talora, nel fare in modo che venga volutamente, per concezioni proprie di chi officia, messa in ombra la dimensione sacrificale della S. Messa.
       Secondo la bimillenaria tradizione teologica della Chiesa, ancora una volta, in questo nuovo pronunciamento, la S. Messa viene definita l'attualizzarsi, sull'altare, del sacrificio con cui Cristo ha riacquistato l'umanità a Dio e la percezione di questa certezza, come scrive S.S. Giovanni Paolo II, nell'Enciclica Ecclesia de Eucharistia, continua a suscitare nell'uomo un senso di immenso stupore che lo induce a prostrarsi alla presenza reale della Vittima Divina. Lo stesso stupore non cessa col concludersi della celebrazione eucaristica, ma caratterizza tutte le liturgie della Chiesa Cattolica che hanno come centro focale e come punto di arrivo l'Eucaristia. A questo proposito, scriveva S.S. Pio XII, nell'Enciclica Mediator Dei: "In modo particolare, poi, è molto da lodarsi la consuetudine secondo la quale molti esercizi di pietà entrati nell'uso del popolo cristiano si concludono col rito della benedizione Eucaristica. Nulla di meglio e di più vantaggioso del gesto col quale il sacerdote, levando al cielo il Pane degli Angeli, al cospetto della folla cristiana prostrata, e volgendolo intorno in forma di croce, invoca il Padre celeste perché voglia volgere benignamente gli occhi a suo Figlio, crocifisso per amor nostro, e a causa di Lui che volle essere nostro Redentore e fratello, e per suo mezzo, effonda i suoi doni celesti sui redenti dal sangue immacolato dell'Agnello".
       Le reazioni di non pochi sacerdoti, di fronte all'emanazione del documento, sono sconcertanti, poiché nessuno si ritiene colpevole di abusi e nessuno, dunque, concepisce di dover riscoprire, nella liturgia, lo spirito suggerito dal S. Padre; perciò si rischia che le celebrazioni divengano sempre più opache, tristi e incapaci di esprimere il loro vero significato. Si giunge al paradosso per cui quanto più ci si sforza di renderle piane, prosastiche, se vogliamo addirittura banali, tanto più divengono incomprensibili, perché, in luogo del prostrarsi, l'uomo, a contemplare il mistero nella sua profondità e incommensurabile grandezza, tenta l'impossibile operazione di spiegarlo o renderlo accettabile in termini prettamente umani e di un umanesimo moderno.
       La situazione che viviamo è terribilmente e sottilmente pericolosa; non si vogliono rilevare eterodossie, perché non si sconvolgono in maniera completamente rilevabile i momenti rituali della S. Messa o di altre liturgie e, tuttavia, si giunge spessissimo al massimo degli abusi: si priva veramente la S. Eucaristia del senso del sacrificio, si sposta l'angolo visuale dall'adorazione della Vittima Divina che si immola, alla considerazione di un'assemblea reputata così limitata e così afflitta dal protagonismo da essere incapace di entrare in una dimensione di spiritualità e da aver necessità delle medesime manifestazioni, più o meno discutibili, che le sarebbero proprie per le strade o in piazza, in definitiva, si perde il senso di sacralità proprio del momento.
       Come può non essere sconvolta o annullata la percezione della presenza del Divino in celebrazioni quasi mai preparate(1), per le quali i ministranti, raccattati poco prima, siano privi completamente del senso del loro ruolo, come pure dei minimi rudimenti tecnici, cosa che obbliga il celebrante ad un continuo parlottio o a continui strattonamenti, nel tentativo di dare istruzioni mai eseguite? E questo non è, purtroppo, l'unico male; il sacerdote officiante è spessissimo distratto(2) -per non volerlo tacciare di renitenza- e omette buona parte dei gesti liturgici: chi ancora si inchina all'Et Incarnatus(3), al nome di Gesù Cristo, al Gloria Patri, o, se previsto, durante la preghiera euca-ristica?
       Quali riflessioni proporre, poi, riguardo gli offertori commentati? Quelle pantomime per cui un commentatore si porta all'ambone -il luogo riservato alla proclamazione delle Sacre scritture- e descrive i doni presentati all'altare? Qualcuno potrebbe stupirsi(4), considerando che sul significato del pane e del vino non sono necessarie grandi prolusioni, e avrebbe ragione, ma i doni portati all'altare sono ben altro e così ridicoli da far accaponare la pelle: affiorano alla memoria uno specchio, offerto come simbolo del sacrificio del narcisismo umano, delle vecchie scarpe da ginnastica dismesse a significare qualcosa che sarebbe lungo approfondire, del fil di ferro. Chi può ancora, in tale clima da avanspettacolo, durante il quale la gente ride, concentrarsi sul sacrificio della Vittima Divina?
       Cosa pensare, poi, riguardo il deputare i ministri straordinari della comunione a distribuirla ordinariamente insieme al celebrante, pur senza reale necessità -necessità che difficilmente si presenta nelle nostre parrocchie- e a volte trovandosi in chiesa un pugno di fedeli? Ma il peggio consiste nel fatto che i nostri sacerdoti, divenuti ormai capaci "conduttori", si fanno arbitri delle parole della liturgia proponendo delle variazioni di formule perfette ed equilibrate, facendone scempio grammaticale e sbiadendone il senso. Possiamo citare l'inserimento, ad esempio, di orribili nessi relativi considerati di esplicazione, come il seguente: "Vi benedica Dio Onnipotente, che è Padre, Figlio e Spirito Santo", contro il terso, profondo: "Vi benedica Dio Onnipotente Padre, Figlio e Spirito Santo" in cui le parole Padre, Figlio e Spirito Santo hanno piuttosto il valore pregnante di complemento almeno predicativo, se non addirittura attributivo, che di misera apposizione relativa. A volte, poi, si giunge, addirittura, alla parafrasi del passo evangelico da proclamarsi.
       Quanto all'omissione dei gesti di cui si è fatta menzione, vi è poco da preoccuparsi: se alcuni vengono eliminati, altri nuovi vengono inseriti: chiunque può aver avuto l'occasione di sentire questo o quel sacerdote invitare, durante la S. Messa, contenitore di tutto, i fedeli all'applauso, per le ragioni più varie.
       Ancora, si propongono spesso tre prediche(5), durante la S. Messa, una all'inizio, una dopo il Vangelo e una alla fine, tutte sono piuttosto lunghe, in genere, e per questo, ad evitare che il rito duri troppo, si eliminano le parti cantate. La ragione, però, è verosimilmente un'altra: i nostri preti non sono più in grado di cantare. A parte quanti hanno difetto di intonazione o di voce -motivi in parte passibili di correzione con l'impegno e la costanza-, la maggior parte sembra non avere conoscenze musicali di nessun tipo, neppure dei recitativi gregoriani, indispensabili per il dialogo canoro tra celebrante, schola cantorum e assemblea, per cui è necessario assistere costantemente a celebrazioni in cui un coro canta, l'assemblea interviene ogni tanto sparutamente e il sacerdote celebrante recita sempre, senza proferire una sillaba in canto, sebbene il Messale Romano preveda una gerarchia nel canto liturgico che pone in primo piano le parti del sacerdote e poi, a seguire, quelle di schola e assemblea.
       Nessuno, dalla parte del clero, sembra essere disposto a porre riparo (6), analizzando queste realtà poco consolanti e, quando si è disposti ad ammettere che le cose non vanno benissimo, la colpa non è mai del prete, così oberato da non aver tempo per preparare le celebrazioni -Può un presbitero avere incombenze più importanti? -, ma dei fedeli laici che, incapaci di ottemperare al dettato del Concilio Vaticano II, sarebbero poco disposti ad aiutare per migliorare gli aspetti tecnici, eppure i laici sono molto spesso preparati, molti celebranti non alla loro altezza.
       Non si può demandare ad altri ciò che è competenza stretta di un ruolo, lo si ricordi e ci si assuma le proprie responsabilità, soprattutto quando si tratta di far comprendere, attraverso atti concludenti e non attraverso volatili parole, il senso stesso dell'azione liturgica che da essa sola, senza la necessità di sovrastrutture, promana. Si rifletta sul fatto che tutti gli sconfinamenti, pur lievi in se stessi, possono far perdere il senso della deviazione, edulcorare lo scandalo, far acquisire abitudini o far cadere nel torpore i fedeli, giungendo a distruggere, pian piano e irrimediabilmente, la sacralità di ogni celebrazione e con essa il senso della presenza reale di Dio e del suo Sacrificio che deve rifulgere al di sopra della volontà di protagonismo dell'uomo e deve vincere l'infingardia.

Gianluca R. P. Arca

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(1) Qui dissentiamo: sembra che la colpa di tutto sia principalmente la mancata preparazione, noi invece crediamo che la colpa di tutto stia interamente nel Novus Ordo che, diversamente dal tridentino, permette tutto e apre all'inventiva del singolo e dei tanti. La colpa è di chi ha tolto tutte le rubriche precedenti (inchini, genuflessioni, lavabo, adorazioni)... si è parlato tanto di cena (e non di Sacrificio), di Pasqua (e non di Passione)... che ora lamentarsi dell'atteggiamento (prima voluto libero e inventivo) sa tanto di presa in giro...
       Prima si è maliziosamente cercata l'irriverenza verso il Santissimo (niente genuflessioni, Comunione in mano, vasi sacri e Ostie a portata di tutti, donne sull'altare, donne diaconesse in atteggiamenti niente affatto mistici che si affrettano a distribuire Ostie come se fossero bioscottini; confessione sostituita da un proponimento di confessione)... con che faccia oggi si lamenta chi prima ha voluto il guasto?!
       Per noi il rimedio è semplicissimo, elementare: tornare alla Messa tridentina, con la rigorosa osservanza di tutte le sue rubriche.
Allora sarà quasi naturale raccogliersi in preghiera innanzi al più grande dei misteri.
       Si smetta una volta per tutte di battere le mani in chiesa, di disturbare e sconcentrare il prossimo e se stessi con stupidi (e soprattutto falsi) scambi di segni di pace. La pace, la vera pace, quella di Cristo, è un'altra, è una cosa seria.

(2) È logico: viene distratto dal pubblico, da chi entra, da chi esce, da chi chiacchiera, da chi sculetta...., prima invece, se alzava gli occhi, vedeva un tabernacolo, statue, croci, ceri, immagini sacre... era difficile potersi distrarre!

(3) Don Giuseppe Tomaselli, salesiano, scrive che Papa Innocenzo III starà in Purgatorio fino alla fine del mondo perché spesso aveva omesso d'inchinarsi quando nelle celebrazioni pronunciava il nome di Gesù. Ma una tal notizia farà sicuramente ridere i sacerdoti moderni, anche perché già non credono all'inferno (l'inferno non esiste e, se esiste, è vuoto!), immaginarsi se possono temere il Purgatorio!

(4) Perché stupirsi? È tutto un teatro!... una divertente commedia (non tragedia!)!!!
Invitiamo a vedere quanto pubblicato in altro articolo.

(5) È normale, perché la "liturgia della parola", e non quella del "Sacrificio", piace tanto ai protestanti ed è un ottimo mezzo per piacere ai protestanti, non importa se si dispiace Dio, tanto Lui è buono, perdona tutti e non castiga nessuno, mentre i protestanti non perdonano facilmente...

 

 

 

 

 

 

 

(6) Recita un vecchio adagio: il pesce puzza dalla testa. Ripetiamo quanto già detto a proposito di altro articolo: In un'aula indisciplinata non è sufficiente (e non serve a niente) che l'insegnante dica di far silenzio e richiami all'ordine, ma è necessario che agisca perché il chiasso sia tacitato e l'ordine ristabilito, diversamente quell'insegnante è un incapace e inadatto a ricoprire quel posto!


Sullo stesso argomento vedere anche ABUSI  LITURGICI
Agli assassini della Liturgia

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