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di Dante Pastorelli |
E un bubbone, comumque esso si chiami, Stinghi o Santoro..., va estirpato SUBITO!!! Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi |
Che il bubbone dovesse prima o poi scoppiare era nell’ordine delle cose. Non era occultato, bensì in bella mostra, eppure mai è stato preso nella debita considerazione da chi di competenza: ma proviamo a cercar di capirne insieme le ragioni. Meglio ancora capiremmo, tutti, se ci fossero fornite spiegazioni di prima mano, perché, i cattolici non amano correr dietro ai “si dice”: tuttavia avvertono l’esigenza di asserire che i preti dai facili dialoghi e incontri interreligiosi, andrebbero seguiti con attenzione, mentre invece fanno e disfanno a loro piacimento, sicuri dell’impunità. |
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Così, non essendo nato ieri e neppure l’altro ieri, e fiutata l’aria che spirava alla Madonna della Tosse, nessun moto di sorpresa m’ha colto, quando l’ottimo giornalista Fabio Scaffardi, su Il Giornale della Toscana di sabato 25 febbraio u.s., ha “sparato” la notizia che era stata aperta un’inchiesta dalla Sacra Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti dopo che alcuni fedeli, giustamente scandalizzati, avevan denunciato la recita di una preghiera musulmana, che è poi divenuta sulla bocca della gente “una preghiera a Maometto”, durante la S. Messa. Quei fedeli hanno ottemperato ad un preciso diritto-dovere, sempre riconosciuto dalla Chiesa e recentemente ribadito dalla Redemptionis Sacramentum. Non sappiamo se tali fedeli abbiano dapprima rappresentato la circostanza all’autorità diocesana (E), amenoché, e non me lo auguro, essi non abbian vissuto precedenti esperienze negative ed abbiano, pertanto, deciso di rivolgersi direttamente a Roma. |
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Indubbiamente don Giacomo Stinghi, che si dichiara grande ammiratore del defunto deleterio p. Ernesto Balducci, ama la creatività nella Messa, per nulla preoccupato del “gradimento” e del turbamento o disorientamento del suo gregge e delle “fughe” delle pecorelle più consapevoli, che anzi incoraggia, e lo ha ribadito a Scaffardi (Il Giornale della Toscana del 4 marzo 2006): “Io sono a favore della sperimentazione liturgica che serve a rendere più viva la Messa. Chi non la pensa come me può sempre andare da qualche altra parte”. Anche i parroci, come tanti vescovi, diventano satrapi, per una falsa concezione del loro ministero che sentono come “potere” mentre è solo servizio. (F) |
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Ripropongo l’iniziale domanda: è possibile che la Curia fiorentina, al di là della mia segnalazione, mai sia stata posta in allarme e mai abbia avuto il menomo sospetto sulle modalità dell’esercizio del ministero sacerdotale presso la chiesa della Madonna della Tosse? Può accadere. Sappiamo tutti che i nostri vescovi son molto impegnati, tanto da esser costretti a delegar ai parroci l’amministrazione della S.Cresima (v’è a disposizione nei dintorni, però, anche un cardinale efficientissimo, ma “in pensione”, S. Em.za S. Piovanelli) e non ci è difficile comprendere che a loro molti fatti possano sfuggire o venir presentati in maniera distorta e comunque tale da indurli a considerarli non credibili e perciò non degni di attenta considerazione. Ma ora non possono trincerarsi dietro una presunta o reale ignoranza e ben farebbero a punire esemplarmente l’ “originale” parroco con la destituzione, perché non si può lasciare una consistente fetta di popolo di Dio sotto la guida d’un simile pastore. Tanto più che lo Stinghi non è affatto pentito, ma va avanti sprezzantemente per la sua strada, incurante in sommo grado delle reazioni: domenica 26 febbraio u.s., infatti, sempre sullo stesso organo di stampa, dichiara a gran voce: “Sui libretti liturgici che ho stampato venerdì per le Messe di oggi e domani, ho riproposto la stessa preghiera finale che abbiamo recitato sabato e domenica scorsi, aggiungendo alla parola ‘Profeta’ il nome di Maometto, per spiegare meglio a chi ci stiamo riferendo”. E si dice stupito di tanto clamore perché la preghiera non l’ha inventata lui, avendola egli tratta da un volume del padre Giovanni Vannucci, servita fiorentino, edito dalla LEF nel 1978, dedicato alle preghiere di tutte le religioni. Aver compagni al duol scema la pena? (1) La giustificazione è puerile, il classico dito dietro a cui è vano tentar di nascondersi, amenoché non voglia suggerire che, in fondo, quel libro fu approvato dall’autorità competente e pertanto le preghiere delle varie religioni, pagane comprese, possono benissimo essere introdotte nella S. Messa. Come se a ciascun sacerdote sia stata concessa la facoltà d’integrare il sacro rito saccheggiando florilegi di orazioni! Ma già, siamo in periodo di interreligiosi incontri di preghiera: ed appartiene ad un passato non remoto (di rumorosi casi più recenti non ho notizia) l’amministrazione di qualche sacramento di molto dubbia validità perché conferito con l’orante partecipazione di buddisti, induisti, ebrei, musulmani ecc. (G) |
In aperta sfida non solo ai parrocchiani in fermento, ma anche e soprattutto all’Autorità ecclesiastica fiorentina e alla Congregazione per il Culto Divino, un indegno sacerdote compone e recita “una preghiera a Maometto”, durante la S. Messa! I vescovi non possono trincerarsi dietro una presunta o reale ignoranza e ben farebbero a punire esemplarmente l’ “originale” parroco con la destituzione.
(1) O meglio: aver compagni scema la colpa? |
L’allora arcivescovo di Firenze, card. S. Piovanelli non ci risulta abbia assunto alcun provvedimento contro i responsabili di così atroci lacerazioni inflitte al Corpo Mistico (2) |
(2) Gravissimo peccato di omissione, ma fra non molto ne renderà conto a Dio. (3) Molto generico, ovvero come da indifferentismo religioso. (4) È vero, infatti le tante guerre tutt'ora in atto sono solo favolette per bambini cattivi e il sangue sparso nient'altro che inchiostro colorato... |
Ed è inutile, a questo punto, andar molto avanti: don Giacomo Stinghi offre di sé, ancora nell’intervista dello scorso 4 marzo, con una sola incisiva pennellata, un esaustivo ritratto, alla luce del quale tutto si comprende: “Io sono un prete di frontiera, che ha speso la sua vita con i tossicodipendenti. Mi dà fastidio chi ha sicurezze (5): io ho meno certezze di 30 anni fa”. Prendiamone doverosamente atto, assicurando all’interessato che non ce ne dimenticheremo. |
(5) Se si ha la Fede, si ha sicurezza: evidentemente quello stingo di Stinghi non ha la Fede, infatti ha "meno certezze di 30 anni fa". |
E allora, non ci si impermalisca, nelle alte sfere ecclesiastiche fiorentine, e non si dia la croce addosso a chi ha registrato e denunciato lo scandalo. Il mio augurio è che la Sacra Congregazione per il Culto Divino vada avanti nella sua inchiesta e proceda spedita e senza rispetti umani anche in altre direzioni, quelle che da queste pagine abbiamo più volte indicato. Un segnale forte per rimetter sui diritti binari chi, ciascuno nel suo ruolo, ha deragliato. Dante Pastorelli |
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NOTE dell'Autore |
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A Ricordo che nel 1980 o 1981, nella mia qualità di preside dell’Istituto “G. da Verrazzano” di Firenze, su delibera del Collegio dei docenti, invitai don Stinghi a parlare a studenti, famiglie e professori dei pericoli della droga. Ovviamente, prima m’informai sulle sue qualità di sacerdote, e da ecclesiastici fidati n’ebbi giudizio sufficientemente positivo. Il teatro dell’ “Istituto Nicolodi”, più comunemente noto come “l’istituto dei ciechi”, che ospitava la “mia” scuola, non era pieno: il 90 per cento almeno degli alunni era pendolare e la maggior parte provenivan dall’alto Mugello e, per comprensibili motivi di orari dei mezzi di trasporto, impossibilitati a trattenersi sin verso le 20. |
(6) Quando noto è il peccato, nota deve essere la pena, ma... non si può render noto l'inesistente: non crediamo che sia stata inflitta alcuna pena! |