L’età dell’industria e della tecnologia ha trapiantato in Europa, in particolare in Italia, nuovi modelli comportamentali e di pensiero.
L’uomo occidentale, rinato dopo “il buio medioevale”, è concreto, razionale e ritiene vero solo ciò che può provare: non ha dunque senso parlare di religione, non essendo questa sperimentabile.
Sono sorte nuove forme d’idolatria: scienza, denaro e potere alimentano una fede ben più assolutistica e dogmatica di quella cattolica.
L’ateismo marxista impera e non si limita al rifiuto della religione e dei suoi insegnamenti, ma vuole eliminarli definitivamente attraverso la soluzione pragmatica di tutte le problematiche umane. Per il marxismo, infatti, la religione è solo un fenomeno storico destinato a scomparire; pertanto, si accentua sempre più il divario tra fede e politica, nonostante i progressisti cattolici si adoperino nel tentativo di conciliazione tra le due.
Molti sono gli indizi utili a disegnare la coscienza che ha la società attuale della Chiesa e di se stessa e per cui è facile comprendere le motivazioni alla base della diffusa condotta dissoluta, ormai incontenibile.
L’esaltazione esagerata delle necessità materiali si ripercuote negativamente sulla morale e, mentre si esaltano i demiurghi di turno insieme ai gruppi che li seguono, si ordinano le opinioni dei primi in sistemi di pensiero da far attecchire ad ogni costo.
La conseguente crisi spirituale miete continue vittime, anche grazie alla moderna realtà vaticana che cerca di sostenersi sulla dottrina riformata e saldamente impiantata sui canoni delle esigenze ecumeniste.
In ambito dottrinale si respira, oggi, un’atmosfera sperimentale che avvolge il nostro tempo di polemiche e divisioni caliginose e prive di coerenza.
La ragione è spinta, quindi, ad aprirsi ai compromessi di comodo, incoraggiata anche dalla inerzia dei costumi, conformisti per una sorta di deferenza accademica, non di rado adulatoria, verso realtà anticristiane.
La Chiesa, perciò, non è più legittimata nel suo operare dalle masse, cortigiane del potere; vi sono, infatti, pochi liberi di pensare e molti servi intimoriti e indifferenti che vedono nella molteplicità di variazioni dottrinali e rituali una libertà di espressione apprezzabile, cosicché nella pratica collettiva allignano innovazioni perniciose e foriere di inaudite crudeltà.
L’inventiva e l’impegno profusi, in tutti i campi, nella demolizione del passato sono il segno distintivo dei nuovi “araldi della verità”, schierati contro Dio ed il Suo Regno, mancando la volontà di contrastare le scellerate teorie correnti sul rapporto tra Dio e società, tra natura e spirito. La fede è così umiliata da continue riforme, tendenti a svicolare dalle limitazioni delle Leggi Divine per restituireall’uomo la centralità del messaggio universale.
Non si può ignorare come in occidente gli elementi psicologici, finanziari e tecnologici orientino comportamenti, scelte ed iniziative sulla base del solo materialismo.
E’ una difficile condizione esistenziale quella dei nostri giorni, avari di capacità introspettive e di valori autentici, perché la riduzione dell’uomo e della Verità assoluta alla sola dimensione storica ha prodotto alienazione massificata e frustrazioni che inibiscono la capacità di cogliere in se stessi l’essenzialità al fine di orientarla ad ogni ambito dell’esistenza.
Nessun’altra epoca ha mostrato limitazioni e degenerazioni come quella attuale che pare ignorare le ragioni vere della vita e della libertà: politica, economia, scienza e mass-media, in sintonia con i propositi che li muovono, vogliono essere la sola espressione dell’aggiornata pedagogia sociale, aliena dall’etica e dalla pratica della fede.
Continue aggressioni provengono infatti ai cattolici praticanti dal mondo laicizzato, per il quale sacrificio, carità, sofferenza e redenzione sono vuote parole di un trascorso di errori.
L’impalcatura del dialogo ecumenico e dell’intercultura, eretta dalla Gerarchia Vaticana, si consolida su siffatta tipologia di pensiero che ha esautorato la Chiesa di Roma, ponendola sullo stesso piano dei suoi avversari che ben si guardano dal rivedere le proprie posizioni.
E’ scontato, quindi, l’attacco ai Vescovi, quando osino richiamare ai principi morali, dal momento che il modello imposto è quello di una religione sociologica, ispirata all’antropologia, che non pone il Cattolicesimo ai vertici dello sviluppo dello spirito, ma lo ridimensiona, confrontandolo con altre confessioni e rifiutando il suo primato, in ossequio al fatto che tutte le religioni apporterebbero qualcosa e vanno, quindi, rispettate per quello che sono.
Con simile orientamento, che dovrebbe favorire la formazione della coscienza mondiale, si vuole puntualizzare il collegamento universale di soggetti tra loro differenti, aprendo la via alla compenetrazione profonda fra culture e religioni. Allo scopo bisogna che queste ultime rispondano alle esigenze di ordine pratico e che il trascendente sia adattato al benessere materiale dei popoli.
Il pragmatismo filantropico si oppone alla teologia “astratta” che tende al concetto di DIO Uno e Trino, l’Assoluto, perché è d’intralcio alla sinergia tra ragione, credo e senso comune e perché la conoscenza non deriverebbe all’uomo dall’esercizio dei suoi poteri, bensì dall’autoritarismo di una presunta Verità rivelata.
Il peso gravoso del razionalismo ha annichilito l’occidente cattolico, spogliandolo della fede e delle virtù civili, come mostrano i tanti episodi quotidiani di violenza e d’insofferenza verso la “dittatura” ecclesiastica, fatta oggetto di scetticismo beffardo da tutti gli strati sociali.
La S. Sede, considerata nemica dal paganesimo presente, non riesce in alcun modo ad arginare le forze ad essa contrarie che cercano di sminuirne il ruolo di guida spirituale e morale, tentando di costringerla all’accettazione rigorosa del loro laicismo, per cui è naturale che il suo Magistero, sminuito dal diffuso declino della fede, checché ne dicano i raduni mediatici ad opera di movimenti eretici insediatisi nella Chiesa, subisca quotidianamente oltraggi, minacce e atti di disobbedienza anche da parte di politici che si autodefiniscono cattolici.
Non va, tuttavia, dimenticato che certe manifestazioni rappresentano il prevedibile risultato degli orrori della teologia revisionista, postconciliare, che ha permesso contraddizioni e posizioni pubbliche poco chiare in campo religioso.
E’ questa la realtà che non muterà fin quando perdurerà l’egemonia della fede “fai da te”, dialogante e democratica, che mira alla definitiva soppressione del Regno Terreno di Cristo Signore e della prerogativa salvifica della Chiesa da Lui fondata.
Se la Gerarchia Vaticana fosse rimasta ferma sulla Tradizione che è tenuta a conservare e perpetuare senza aggiustamenti diplomatici, non vi sarebbe stata in mezzo alle sue file quella penetrazione nemica che, occultamente, sostiene i miscredenti nelle loro assurde pretese, accampate quali legittimi diritti dinanzi a Dio, alla Chiesa, alla collettività.
Non è stato mai spiegato, infatti, perché troppi Pastori, temerariamente, abbiano tirato i remi in barca e, con il loro ignavo silenzio, si siano lasciati sfuggire di mano la situazione che ora non riescono più a governare.
L’amoralità è inarrestabile e tutto è permesso in nome della falsa fratellanza, della democrazia e della libertà di pensiero che rafforzano la generale grossolanità spirituale, sciaguratamente standardizzata.
Possiamo sempre consolarci studiando “la personalità straordinaria di Maometto”, seguendo i consigli della rivista “Civiltà Cattolica”, munita del Placet della Segreteria di Stato Vaticana (Repubblica del 18 maggio 2007) perché, secondo l’autore dell’articolo, Padre Christian Troll, “i cristiani dovranno decisamente prendere le distanze da ogni calunnia nei confronti di Maometto e dovranno cercare di riconoscere e apprezzare la sua eccezionale personalità storica, il suo ruolo in quanto fondatore dell’Islam e la posizione straordinaria che gli compete nella fede, nella pietà e nel pensiero religioso dei musulmani”.
La rivista dei Gesuiti (Civiltà Cattolica) invita dunque i cattolici a interrogarsi se “l’insegnamento e la vita di Maometto mostrino anche elementi di verità divina” (Dal quotidiano “La Repubblica” del 18/05/2007).
Stiamo svendendo la primogenitura e Cristo per un insipido piatto di lenticchie che non potrà saziarci là dove “è pianto e stridore di denti”.
Si ha in odio la Tradizionee la S.Messa Tridentina e si addita ad esempio Maometto: peccato che i Martiri non possano dire la loro!
Pia Mancini
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