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Delirio giudaizzante del "cardinale" SCHOENBORN
di Franco Damiani

Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi
e quanto scritto nello spazio giallo sono generalmente della Redazione
       Nell'articolo di apertura della prima pagina, su Il Foglio del 25 Agosto 2006, titolando «SCHOENBORN,  il cardinale che vuole salvare l'uomo dalla disumanizzazione e Israele dalla distruzione», Giulio Meotti scrive:        Rimini. E' quando parla a braccio che si comprende quanto l'arcivescovo di Vienna, cardinale Christoph Schoenborn, sia prossimo alla differenza che corre tra un pensatore cattolico e uno protestante. Il primo pensa in "e/e", il secondo "o/o". E' nell'eco di una ragione mai esclusivista che questo principe della chiesa (sic) e tra i più grandi teologi viventi (!, n.d.r.), il cui nome è stato fatto spesso per il pontificato, colloca il tema della natura dell'uomo.
       Boemo, classe 1945, oratoria ammaliante tipica dei domenicani, studi di filosofia e teologia a Vienna, Ecole pratique des hautes études della Sorbona, membro della Congregazione per la Dottrina della Fede, allievo di Joseph Ratzinger e instancabile poliglotta, Christoph Schoenborn ha scritto decine di opere, da "Sophrone de Jerusalem" a "Die Menschen, die Kirche, das Land". Porta con eleganza la sua eminenza, figlio di un conte e di una baronessa che si abituarono in fretta alla condizione di profughi cacciati di casa. 
       Partiamo da Israele e dalla domanda "perché gli ebrei?", su cui Schoenborn è intervenuto un anno fa all'Università di Gerusalemm. "Israele deve vivere perché è il popolo dell'alleanza e l'alleanza, come ha detto Giovanni Paolo II (1), non è mai stata revocata -spiega Schoenborn al Foglio- Lo 'scandalo Israele' per il mondo e le altre religioni, anche per noi cristiani e gli ebrei non credenti, è che Dio abbia scelto questo piccolo popolo. Lo ha chiamato alla diversità, a essere suo erede e suo popolo. E questo è uno scandalo per le grandi nazioni, che Israele rimanga (2) il segno nella storia che la scelta di Dio è libera.. Oso dire con san Paolo che tutta la storia dell'umanità e la storia di oggi è intimamente legata a questa vicenda, all'avventura ebraica, una scelta di Dio che non scusa gli errori umani e il peccato di nessuno, ma resta un fatto con le sue tracce concrete. Israele, fino alla venuta definitiva del Messia che noi crediamo essere Gesù, rimane per sempre questo luogo e questa realtà della prima scelta di Dio. Il popolo eletto mai potrà dire che Dio non ha promesso a lui la terra. La terra di Israele (3), nonostante tutto il dramma, rimane un segno concreto della scelta.
        (...) 

Giulio Meotti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(1) Che l'abbia detto GPII è la dimostrazione del contrario, infatti quel dottissimo, grandissimo e... santissimo uomo che fu GPII, corbellerie ne fece e ne disse tante! Ma, si sa, dall'alto della sua santità poteva permettersi questo ed altro...

(2) Per noi rimane invece il segno di un castigo ancora in atto: noi non ne gioiamo, ma attendiamo con ansia il momento in cui gli Ebrei, convertitisi a Gesù Cristo, nostro e loro Signore, entreranno in massa nell'unica e vera Chiesa e si salveranno. (Rm 11, 26)

(3) Si è mai chiesto il cardinale perché per centinaia e centinania e centinaia di anni quella terra non è stata di Israele? Come si fa a dire mio quel che tale non è stato per migliaia di anni? Come mai l'usu capione mi fa perdere il mio dopo solo 20 anni, mentre per gli ebrei non sono sufficienti più di 1900 anni?!!!

       A queste parole del "card." Schoenborn noi contrapponiamo quelle di un vero Papa, S. Pio X, che ricevendo Theodor Herzl, fondatore del sionismo, il 25 gennaio 1904, gli disse. "Gli ebrei non hanno riconosciuto Nostro Signore, perciò non possiamo riconoscere il popolo ebraico".
       Le parole del "cardinale" sono empie, perché ignorano il fatto fondamentale che, dopo la venuta di Gesù e la Sua uccisione voluta dai capi del popolo ebreo, la questione dell'alleanza e della terra promessa è radicalmente mutata.
        Agli ebrei, popolo eletto unicamente per essere la culla del Verbo Incarnato ma che quel Verbo ha disconosciuto, tradito e ucciso, si è sostituita la Chiesa, nuovo Israele, di cui il "cardinale" dovrebbe essere portavoce, e che fino al 30 dicembre 1993, nonostante che da quasi trent'anni si vivesse il clima della "nouvelle théologie"  vaticansecondista, si rifiutò di riconoscere lo Stato di Israele perché ciò avrebbe significato riconoscere la legittimità di uno Stato costruito sui luoghi che videro la Passione e Morte di Cristo per gli eredi di coloro che L'uccisero.        "Israele è il popolo dell'alleanza e l'alleanza, come dice Giovanni Paolo II, non è mai stata revocata", dice il "cardinale".
       Israele ERA il popolo dell'alleanza, dice la dottrina cattolica, ma dopo la venuta e la morte di Gesù questa alleanza è stata revocata e sostituita da una nuova, in cui Israele, l'Israele carnale, non ha più alcun motivo di elezione (figure di Caino e Abele, di Ismaele e Isacco, di Esaù e Giacobbe), ma anzi odia mortalmente il fratello secondogenito che, per volontà di Dio, gli ha tolto la primogenitura.  
        Un'unica citazione, in questo delirio giudaizzante, il "cardinale" si degna di riservare a Nostro Signore: "Il Messia che noi crediamo essere Gesù". "Che noi crediamo essere": non "che è". Come dire: noi crediamo che lo sia, ma è solo una nostra opinione, non necessariamente la verità. Potrebbe anche non esserlo, e allora avrebbero ragione gli ebrei per cui è un impostore.
        Domando a tutti i lettori se queste parole di "uno dei più grandi teologi viventi" siano compatibili con la fede cattolica.

Franco Damiani
 

 

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