Ho letto con attenzione la lunga lettera che Mons. Antonio Corà dedica al tema del difficile rapporto con l'Islam (Le vie da percorrere per conoscere l'Islam, Giornale di Vicenza del 24 agosto). Ebbene: in tutte le quattro lunghe e fitte colonne dello scritto non ho trovato una sola volta il nome di Gesù.
Eppure è Lui la differenza irriducibile tra il Cristianesimo e l'Islam: Lui e solo Lui ciò che rende impossibile il "dialogo", in quanto è la Sua Divinità che i musulmani negano.
Tutto il resto, le differenza politiche, sociali, di costume, viene di conseguenza. La stessa mancanza di distinzione tra la sfera spirituale e quella poltica, che Mons. Corà addita come la differenza più rilevante tra le due religioni, ha origine dal mancato riconoscimento del Dio fatto Uomo, cioè dell'Incarnazione e delle conseguenti Paternità di Dio e Maternità verginale di Maria SS.ma.
Non si capisce perché un prelato debba occultare o velare questo che è il punto capitale di discrimine.
Ora, un Occidente che in gran parte ha perduto la fede nella natura teandrica di Cristo e certi uomini di Chiesa che, come questo scritto conferma, da tempo sembrano non esserne più certi (infatti sentiamo dai pulpiti citare "il Dio di Gesù Cristo" anzichè "Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo" e assistiamo, ahimè, al "silenziamento" della transustanziazione come alcunché di "magico" e di inattuale), che titoli hanno per indicare "le vie da percorrere per conoscere l'Islam"?
Tanto più che, quando il prelato si affanna a cercare "alcune linee della cosiddetta civiltà umana" sulle quali impostare un "serrato confronto" con i capi dell'Islam, non trova di meglio che indicare al primo punto di tali "principi e valori" nientepopodimeno che "la libertà di professare la Religione". Poichè il termine Religione è scritto con la maiuscola, si dovrebbe intendere con esso la religione cristiana, l'unica vera, ma il contesto smentisce ahimè questa interpretazione, anche perché se così fosse Mons. Corà non avrebbe dovuto scrivere "libertà" ma "obbligo".
Per oltre diciannove secoli Santa Madre Chiesa ha infatti costantemente insegnato l'obbligo dei singoli di professare la vera religione e l'obbligo per i governi di favorirla e proteggerla. E' sulla base di questa limpida dottrina che a Poitiers, a Lepanto, a Belgrado e a Vienna le armate cristiane respinsero l'invasione islamica dell'Europa, salvandone la civiltà.
Da quando invece la Chiesa si è messa a predicare la "libertà religiosa" abbiamo assistito all'invasione strisciante dei musulmani, senza più barriere psicologiche tra i fedeli, trasbordati inconsapevolmente all'ecumenismo relativista e irenista
Ma questo non dice niente a Mons. Corà, non gli ispira un salutare ripensamento: i "sacri principi" del Vaticano II non possono essere messi in discussione, nemmeno quando si tratta di salvare la nostra civiltà. Nè gli dice alcunchè l'ormai storica dichiarazione di un imam riportata nel '99 dal vescovo di Smirne Bernardini: "Con le vostre leggi democratiche vi invaderemo, con le nostre leggi religiose vi domineremo".
Infine, se alcune cose scritte da Mons. Corà sono giuste, egli dimentica evidentemente di far parte di una Chiesa il cui capo visibile, non più tardi di nove anni fa, baciò pubblicamente quel Corano in cui, come egli ricorda, vi è l'ordine di distruggere gli infedeli e il cui successore, attualmente in carica, solo un anno fa entrò scalzo in moschea accanto ai capi musulmani ... per pregare chi? Il Dio trinitario o "il Dio che ha nomi diversi ma è sempre lo stesso" come vuole la retorica modernista (ed ereticale) delle "tre grandi religioni monoteiste"? Il dubbio è lecito.
Non parlo del giudaismo, di cui Mons. Corà non fa parola. Però forse vale la pena di ricordare che secondo uno degli studiosi più seri (Mons. Théry) l'Islam non è che la trascrizione araba del giudaismo talmudico e da esso ha derivato gran parte della sua "teologia", il che rende queste due "religioni" assai più simili tra loro di quanto ciascuna di esse lo sia al cristianesimo. Tuttavia con una comunità ebraica così pronta a protestare financo per le formule delle preghiere il Monsignore deve aver pensato che non fosse il caso di esporsi.
Franco Damiani
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