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Il Vescovo di Livorno e le sue strane "norme" |
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Il Vescovo di Livorno, mons. Diego Coletti, indica in un recente testo normativo diocesano a presbiterio e “operatori pastorali” le norme per la amministrazione dei sacramenti. I miei studi giuridici mi danno un minimo di consapevolezza nell’analisi di questo testo. La presenza costante ed eccessiva di elementi normativi vaghi nelle disposizioni rende il senso estremamente vago e oscuro, tant’è vero che parlandone con un sacerdote (uno di quelli di cui mi fido) siamo arrivati sulla stessa norma a due conclusioni diametralmente opposte. Non voglio tediare chi ha la bontà di leggermi a proposito dei contenuti che in sostanza sono questi: se ti vuoi sposare devi andare dal tuo parroco, se vuoi far fare catechismo a tuo figlio devi andare dal tuo parroco. Se vuoi un sacramento, dal tuo parroco! e a niente valgono devozioni particolari a questo o a quel Santo, a quella sacra immagine, a questa confraternita… il tuo sentire interiore non rileva: DAL TUO PARROCO! Purtroppo, invece, la ricaduta è grave: il mio parroco ha una chiesa (di nuova costruzione ovviamente) che non è a norma di diritto canonico, essendo sprovvista di confessionali e presentando altre stranezze come un pozzo a circuito idrico chiuso posizionato nei pressi dell’altare (per ricordarci che in Africa hanno sete e con l’imbarazzante effetto pratico di stimolare bisogni soprattutto negli anziani). Io andrei tanto volentieri dal mio parroco –con il quale non ho mai avuto neppure una discussione, non è una questione personale- e non avrei problemi se tutte le messe fossero la Messa! Ma in queste condizioni mi ritengo nel pieno diritto di scegliere per me e per mio figlio una messa che, seppur riformata, abbia un carattere sacro e di ricevere l’ostia da mani consacrate di cui mi fido. No, mi perdoni Iddio, mi scusi il vescovo, mi compatisca pure il parroco ma io da lui non ci vado! Non ci andai per il matrimonio, non ci vado per il battesimo né ci andrò per il catechismo di mio figlio! …segue: ho parlato della esperienza personale, vi prego di scusarmi… è anche uno sfogo. “ …. raccomando sovente ai parrocchiani di non pregare! Pregare, infatti è mettere a rischio la propria vita e la propria volontà, e come scegliere di offrirsi volontario per fare il kamikaze.” (……..) Di contro raccomando di dire preghiere spesso… non è impegnativo, non interessa la Fede ma solo la lingua o al massimo i buoni sentimenti, l'affetto e la devozione per Dio e per i santi, in fondo è meglio recitare qualche formula che parlare male di qualcuno. C'è un aspetto, tra i vari errori ed aberrazioni, che accompagnano l'uso della preghiera ed è quello egoistico… sintomatica è la giaculatoria "Gesù, Giuseppe e Maria siate la salvezza dell'anima mia", o la pratica dei 9 primi venerdì del mese che garantiscono il paradiso e la salvezza dell'anima…(non so perché i corpi sono esclusi) la preghiera è vista come strumento di salvezza e, nei migliori dei casi, come elevazione spirituale. Mi pare che non ci sia niente di più falso… la salvezza deriva dal metter in pratica la Parola, quello che più assurdamente ci annuncia il vangelo, anche o soprattutto in maniera inconsapevole (Mt 25). (…..) La preghiera dovrebbe uniformarci a Cristo nella sua discesa, umiliazione e spoliazione e ci deve trovare nudi di fronte a Dio e agli altri, capaci solo, come servi, di lavare loro i piedi. Altro che "elevazione"! E' infatti con grande solennità che il Giovedì santo mi tolgo la casula ed indosso il grembiule e come sarebbe significativo continuare l'Eucarestia con quei panni! Cosa dire di coloro che sono dediti alla preghiera, parlano a sostegno della spiritualità, e poi (magari subito dopo o durante) trattano male gli altri per un nonnulla, non sono capaci di uno sguardo di misericordia? Ecco perché fui ammirato da quel breve testo di Husayn Al-Hallaj: Non la preghierama Tu mi rapisci e trattieni il mio pensiero! La preghiera è una perla ma ai miei occhi ti sottrae quando in essa mi affanno. Por la Catolica Ley |
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