Precisiamo che articoli, recensioni, comunicazioni, eventi, appuntamenti... e quant'altro vengono da noi pubblicati non in base ad una adesione ideologica o morale, ma solo se ce ne viene fatta esplicita richiesta (anche con una semplice comunicazione fatta alla nostra Redazione a scopo di pubblicazione), pur rimanendo noi liberi di soddisfare o meno i desiderata.

[Indice degli articoli]   [Home]

Benedetto xvi a Verona
VISITA PASTORALE NEL IV° CONGRESSO ECCLESIALE NAZIONALE
di Matteo Castagna

       Pubblichiamo volentieri la cronaca della visita di Benedetto XVI a Verona, per il valore che in sé ha quanto scritto dal nostro Matteo Castagna e per mostrare a qualche signore del quotidiano veronese L'Arena come si fa cronaca e giornalismo elegante, incisivo e reale.

La Redazione

Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi
e quanto scritto nello spazio giallo sono generalmente della Redazion

VERONA 19/10/2006

       Il Coordinamento S. Pietro Martire di Verona ha partecipato alla visita apostolica di Benedetto XVI. Ha accolto l’arrivo del pontefice in Corso P.ta Nuova, sventolando le bandiere pontificie, dietro lo striscione che sensibilizzava alla restaurazione di “FEDE e TRADIZIONE” sul modello Tridentino, come presupposto essenziale per lacompleta liberalizzazione della “MESSA DI S. PIO V”. In precedenza era stata inviata al Santo Padre ed agli organi di stampa vaticani una lettera in cui si preannunciavano queste cose.
       L’iniziativa non è passata inosservata agli occhi della stampa locale, che ha accolto le parole di Benedetto XVI come le parole di un Papa ultra conservatore, del “nostro” papa, quello caro ai lefebvriani, che noi non potremmo più criticare da destra senza suscitare la curiosa reazione:”Beh,più a destra di questo Papa…si muore! (Pensate a che punto siamo arrivati nella confusione e nel caos e che abilità abbia Joseph Ratzinger nel preparare il trappolone ai cosiddetti tradizionalisti che si fidano di lui…)
       Secondo alcuni “bene informati” non è passata inosservata neppure agli occhi di molti prelati.
       Purtroppo la velocità del passaggio di Benedetto XVI non ha consentito ulteriori contatti. Alle celebrazioni, con cui parecchio avremmo avuto da ridire, naturalmente non abbiamo partecipato. Da ricordare l’ennesima scandalosa celebrazione interetnica con canti e balli tribali, tenutasi in Cattedrale, nei giorni precedenti alla venuta del Papa, tra le cerimonie di preparazione all’evento.
       La visita pastorale è iniziata alle 9.00 del mattino con l’arrivo all’aeroporto di Villafranca, dove il Papa è stato accolto dalle maggiori autorità comunali, provinciali e regionali, che hanno mostrato un po’ di imbarazzo. Nessuno lo ha salutato da cattolico militante; tutti, sebbene avessero approfittato della passerella per improbabili proclami di cattolicità, si sono limitati a semplici strette di mano, come si fa con un capo di stato qualunque.
       Alle 10.30 B.XVI era in Fiera per il discorso al IV° Congresso nazionale della CEI, ove ha toccato i punti salienti del suo pensiero.        Dopo aver ribadito che il Convegno nazionale va nella direzione di un pieno compimento del Concilio Vaticano II, dal quale non si torna indietro, Ratzinger ha sensibilizzato i vescovi ed i politici affinché sappiano applicare la dottrina sociale della Chiesa. Condannando relativismo e laicismo, ribadendo i principi cattolici in materia di bioetica, sulla famiglia fondata sul matrimonio, ha ricordato anche l’importanza del dialogo ecumenico per il raggiungimento della pace tra i popoli e la non violenza come base antropologica per il rispetto dei diritti e della dignità umana.
       Nel pomeriggio il Papa ha concelebrato la Messa (nuova) assieme a 40 cardinali, in una scenografia semplice e fredda, in stile dal sapore alquanto protestante, nonostante i numerosi canti gregoriani.
       L’omelia ha reso comprensibili a tutti, i temi che dottoralmente aveva proposto ai vescovi in Fiera.
       Inutile, a mio avviso, sarebbe commentare i discorsi di Benedetto XVI a Verona, perché saranno pubblicati da tutti i giornali e tutti i maggiori intellettuali scriveranno fiumi di inchiostro. A me interessa rilevare solamente alcuni aspetti concreti, che probabilmente non interesseranno a professori e teologi, ma che personalmente ritengo utili alla riflessione delle persone comuni, dei fedeli cattolici disorientati del terzo millennio.

 

 

 

       A Verona non c’è stato il bagno di folla che ci si attendeva. Le autorità avevano previsto un afflusso in città di 100.000 persone. Non ce ne sono state più di 45.000. Meno della metà. Lungo le strade solo sparuti gruppetti hanno atteso il passaggio del pontefice. Nessun ingorgo, nessun assembramento, parcheggio agevole, al contrario di quanto nelle scorse settimane si prevedeva con timore. Insomma, la città di Verona non ha risposto con l’entusiasmo previsto. La scelta di un giorno feriale per la visita, l’occasione di natura “interna” al clero e non rivolta direttamente alla cittadinanza come fu per Giovanni Paolo II nel 1988, la figura certamente poco carismatica di Ratzinger, le campagne denigratorie ed in favore dell’autodeterminazione, organizzate dai laicisti e dalle associazioni omosessuali, sono solo ragioni di facciata, che hanno condizionato relativamente, per quello che nella sensibilità generale è stato considerato uno spiacevole flop.
       E’ mancato il “vero Veneto attuale”, il Veneto avamposto della secolarizzazione occidentale, la “California del Pil” e dei consumi, l’ex sacrestia diventata lap dance, la patria del locale svoltata nell’icona del globale. Dalla sua papamobile, che si è mossa a passo d’uomo, come l’uomo del nord-est si muove sulla tangenziale di Mestre, non si è visto il Veneto del passaggio repentino dalla canonica al capannone, dal verbo al soldo, il Veneto della “vecia fame” che ha alzato la soglia della sopravvivenza a quella del benessere saltando forse troppo in alto per scappare proprio da quello che la Chiesa vorrebbe: sobrietà, pensiero, altruismo, spiritualità, senso del sacro, identità.
      Non si è visto il Veneto dello scambismo, del “vallettismo”, delle fiere del lusso, delle aziende in crisi, dell’americanizzazione del mercato del lavoro, del centro commerciale al posto della Messa domenicale; è mancata la Chiesa dei vescovi di Treviso e Rovigo che condannano la delocalizzazione, la Chiesa di Vittorio Veneto che incita i giovani “flessibili” alla ribellione. E’ mancato il Veneto che santifica lo shopping e gli affari, quello che ha scambiato il giorno della visita del Papa come un giorno di ferie per motivi di viabilità e ne ha approfittato per rimanere a letto. E’ mancato il Veneto delle signore impellicciate, di quelle che usano la Maserati B-Turbo solo per andare a fare la spesa, delle casalinghe esaurite da troppo ozio o identificate nei personaggi delle telenovelas o insoddisfatte perché i figli comportano sacrifici e i lavori domestici fanno rompere le lunghe unghie smaltate delle mani. Non c’era neppure il Veneto di quelli che una volta venivano definiti delle ragazze e dei ragazzi ingenui, perché adesso si alzano a mezzogiorno e indossano tremila euro di vestiti firmati che debbono esibire come trofei nelle discoteche e nei locali più alla moda, non certo a manifestazioni religiose, considerate “robe per gli sfigati”.

      Certo non vi erano neppure gli imprenditori del ceto medio che hanno continuato a lavorare perché la gloria del fatturato viene prima di qualunque altra cosa. E’ vero che invece i big della finanza, del mercato, della politica c’erano tutti, perché hanno considerato la passerella come un metodo pubblicitario dagli eccellenti frutti all’interno “dell’ambiente cattolico”e quindi per loro è stato un giorno di lavoro a tutti gli effetti…
      E forse non si sono presentati neppure coloro che credono in Dio a parole ma non nei fatti, coloro che si definiscono “atei cristiani” di cui il Card. Ruini ha detto che la Chiesa avrebbe bisogno ed accoglie con le braccia aperte; sono mancati coloro che non cercano la salvezza né in Chiesa né all’ipermercato, ma che vivacchiano come degli zombies tra la scempiaggine dei programmi televisivi e l’ignoranza del pregiudizio, tra il “così fan tutti” e la pavidità tipicamente borghese di esporsi.

 

 

 

       A questo punto viene da chiedersi due cose: Chi c’era alla visita del Papa? Cosa fare?
       A Verona, alla visita di Benedetto XVI, oltre ai “big” di cui abbiamo già parlato, c’erano i parrocchiani, c’erano i gruppi, da CL all’Opus Dei ai Carismatici ai Neocatecumenali, c’erano i papa boys coi loro ridicoli cappellini e foulards, c’erano le beghine e le associazioni di volontariato, c’erano i pacifisti e gli ecologisti.
       C’erano, i pope ortodossi, i pastori protestanti, i valdesi, l’imam Guerfi, degli “stregoni” africani in costume tipico ed alcuni rabbini, ma non quello di Verona, perché ufficialmente impegnato all’estero, che, compiaciuti e soddisfatti per l’occasione datagli di recitare “preghiere comuni” coi “cattolici” in Fiera, hanno partecipato “attivamente” alla Messa, nello stadio Bentegodi;c’erano alcuni curiosi, ma non troppi, perché la giornata uggiosa non ha stimolato affatto la curiosità, nell’opulento e viziato nord-est.
       Ho provato una sensazione di ennesima delusione. Anzi, è stato un vero strazio. La decadenza dimostrata dalla scompostezza, dall’atteggiamento sguaiato di tutte quelle persone dallo sguardo ebete, che, come ha osservato un cardinale, trattavano il Papa come fossero alla corrida, sono solamente il segnale esteriore di un malessere interno alla comunità cristiana, che ha pervaso per primi i cattolici e che è lo specchio di certa Gerarchia, che ha corrotto la sana dottrina e trascinato i fedeli nel baratro del pagliaccesco, che poi si trasforma inevitabilmente in indifferentismo, poi in nichilismo, infine nell’apostasia.
       Ecco che, a mio avviso, sarebbe necessario, innanzitutto ri-evangelizzare le persone che ci sono già piuttosto che ostinarsi al “dialogo” a tutti i costi con quelle che se ne sono andate, con le quali si dovrebbe mettere in campo tutte quelle forme di persuasione affinché tornino a Cristo ed alla Sua Unica Chiesa, quella Cattolica.
       E questa ri-evengelizzazione, che oltre a servire alla salvezza delle singole anime potrebbe essere il recupero della giusta strada per la conversione degli altri, non può che essere sostenuta dalla via della Tradizione, dalla cancellazione degli errori del Concilio e del post Concilio che hanno prodotto il più lungo e rigido inverno di crisi nella Chiesa di tutti i tempi.
       Occorre recuperare lo spirito e l’insegnamento dei Santi Papi, primi fra tutti il Sillabo del Beato Pio IX e la Pascendi di S. Pio X ed utilizzarli come modelli del passato in prospettiva presente e futura, perché le loro parole sono profeticamente attuali e non storicisticamente limitate ai tempi in cui furono scritte.
      Ecco che, senza questi presupposti propri della Fede, non è possibile recuperare la Tradizione, né arrivare ad una piena liberalizzazione della Messa di sempre. Come sarebbe possibile, infatti, conciliare una chiesa dalla fede modernista con una Liturgia che rappresenta esattamente l’opposto? Non sarebbe, forse, come coniugare la verità con l’errore?
      E qui rispondo a quella giornalista che mi ha chiesto cosa direi a Benedetto XVI se potessi parlargli:

Santità, Non è che la liberalizzazione della Messa tradizionale, a rigor di logica, dovrebbe essere il punto di arrivo di una Dottrina precedentemente e preliminarmente restaurata sulla Tradizione???

       Certo, i discorsi di Verona, sia quelli del Pontefice che quelli degli altri delegati, pur essendo stati pieni di spunti condivisibili e addirittura pregevoli, soprattutto sui temi della vita, della famiglia, della testimonianza del Cristo Risorto a tutte le genti, non sono andati nel senso della Restaurazione cattolica, né sul piano spirituale, né su quello dogmatico, né su quello liturgico, né su quello pastorale, dove sono prevalsi i roboanti richiami ai peggiori documenti conciliari, come Lumen Gentium, Dignitatis Humanae, Nostra Aetatae.
       Anche e soprattutto nel rapporto con il mondo laico e col ruolo dei laici in politica, ha pesato come un macigno l’assenza assoluta del richiamo alla Regalità Sociale di Nostro Signore, ancora erroneamente percepita come un valore, peraltro di retroguardia, che deve riguardare solo i credenti. In questo senso è ancor più grave l’appello del Card Ruini ai cosiddetti teocon, citati esplicitamente, a collaborare come atei cristiani all’operato della Chiesa, perché oltre a confermarli nel loro ateismo, quasi fosse tutto sommato accettabile perché non contrasta direttamente con le radici cristiane dell’Europa, confonde fallacianamente il Regno Sociale di Cristo con l’americanismo sionista dei vari Giuliano Ferrara e Marcello Pera, legittimandoli nelle loro battaglie per far coincidere, appunto, il cristianesimo con l’americanismo sionista, sceriffo e padrone del mondo.
       E’ per i continui e sistematici errori di matrice liberale e per questa maniacale volontà di conciliare l’inconciliabile, Dio e il Mondo, che anche le migliori posizioni in materia morale ed etica perdono valore ed efficacia e rischiano di apparire come forme di bigottismo clericale, anacronistiche, bocciate dai media come neo-conservatrici.
       Del resto, i laici non possono che rimproverare agli uomini di Chiesa di aver ritrattato ufficialmente tutto e chiesto scusa per le colpe dei loro nemici, ma altrettanto non possono far altro che constatare come misera consolazione, che sulla morale, fino ad ora, non ci sono stati cedimenti nell’insegnamento. Ma il mondo li vuole, e presto!
       Alcuni si aspettavano l’apertura al mondo sulle unioni di fatto, proprio dal convegno di Verona. Non è venuto. La Chiesa di Ratzinger si mantiene, ancora, ufficialmente, “puritana”.
       Per quanto ancora lo sarà? Chi potrà dirlo?
       Certo, i vari teocon divorziati o abortisti nostrani, “nuovi alleati” dell’Armata BrancaRuini non aiuteranno queste battaglie di conservazione dei principi cattolici! Ma loro serviranno a pontificare la liceità delle guerre contro il terrorismo per difenderci…
       Quando tutto sarà “riformato in Cristo” o quando, almeno si paleserà in maniera chiara la propensione ad “instaurare omnia in Christo”, non ci sarà più bisogno di inutili viaggi pastorali per concludere altrettanto inutili quanto faraonici convegni (questa settimana di incontri è costata alla collettività circa 800.000 euro!!!) le cui conclusioni erano già scritte in partenza e che stanno trasformando la Chiesa in un Parlamento con tanto di Commissioni, discussioni, dibattiti.
       E forse, anche gli uomini di Chiesa guariranno da quella nuova malattia, figlia del morbo modernista, che si chiama “convegnite” o “assemmblearite” come l’ha sagacemente definita lo scrittore Vittorio Messori, guardando preoccupato, a questa “deriva democratica” della fede.

Matteo Castagna

 
[Indice degli articoli]   [Home]