A questo punto viene da chiedersi due cose: Chi c’era alla visita del Papa? Cosa fare?
A Verona, alla visita di Benedetto XVI, oltre ai “big” di cui abbiamo già parlato, c’erano i parrocchiani, c’erano i gruppi, da CL all’Opus Dei ai Carismatici ai Neocatecumenali, c’erano i papa boys coi loro ridicoli cappellini e foulards, c’erano le beghine e le associazioni di volontariato, c’erano i pacifisti e gli ecologisti.
C’erano, i pope ortodossi, i pastori protestanti, i valdesi, l’imam Guerfi, degli “stregoni” africani in costume tipico ed alcuni rabbini, ma non quello di Verona, perché ufficialmente impegnato all’estero, che, compiaciuti e soddisfatti per l’occasione datagli di recitare “preghiere comuni” coi “cattolici” in Fiera, hanno partecipato “attivamente” alla Messa, nello stadio Bentegodi;c’erano alcuni curiosi, ma non troppi, perché la giornata uggiosa non ha stimolato affatto la curiosità, nell’opulento e viziato nord-est.
Ho provato una sensazione di ennesima delusione. Anzi, è stato un vero strazio. La decadenza dimostrata dalla scompostezza, dall’atteggiamento sguaiato di tutte quelle persone dallo sguardo ebete, che, come ha osservato un cardinale, trattavano il Papa come fossero alla corrida, sono solamente il segnale esteriore di un malessere interno alla comunità cristiana, che ha pervaso per primi i cattolici e che è lo specchio di certa Gerarchia, che ha corrotto la sana dottrina e trascinato i fedeli nel baratro del pagliaccesco, che poi si trasforma inevitabilmente in indifferentismo, poi in nichilismo, infine nell’apostasia.
Ecco che, a mio avviso, sarebbe necessario, innanzitutto ri-evangelizzare le persone che ci sono già piuttosto che ostinarsi al “dialogo” a tutti i costi con quelle che se ne sono andate, con le quali si dovrebbe mettere in campo tutte quelle forme di persuasione affinché tornino a Cristo ed alla Sua Unica Chiesa, quella Cattolica.
E questa ri-evengelizzazione, che oltre a servire alla salvezza delle singole anime potrebbe essere il recupero della giusta strada per la conversione degli altri, non può che essere sostenuta dalla via della Tradizione, dalla cancellazione degli errori del Concilio e del post Concilio che hanno prodotto il più lungo e rigido inverno di crisi nella Chiesa di tutti i tempi.
Occorre recuperare lo spirito e l’insegnamento dei Santi Papi, primi fra tutti il Sillabo del Beato Pio IX e la Pascendi di S. Pio X ed utilizzarli come modelli del passato in prospettiva presente e futura, perché le loro parole sono profeticamente attuali e non storicisticamente limitate ai tempi in cui furono scritte.
Ecco che, senza questi presupposti propri della Fede, non è possibile recuperare la Tradizione, né arrivare ad una piena liberalizzazione della Messa di sempre. Come sarebbe possibile, infatti, conciliare una chiesa dalla fede modernista con una Liturgia che rappresenta esattamente l’opposto? Non sarebbe, forse, come coniugare la verità con l’errore?
E qui rispondo a quella giornalista che mi ha chiesto cosa direi a Benedetto XVI se potessi parlargli:
“Santità, Non è che la liberalizzazione della Messa tradizionale, a rigor di logica, dovrebbe essere il punto di arrivo di una Dottrina precedentemente e preliminarmente restaurata sulla Tradizione???
Certo, i discorsi di Verona, sia quelli del Pontefice che quelli degli altri delegati, pur essendo stati pieni di spunti condivisibili e addirittura pregevoli, soprattutto sui temi della vita, della famiglia, della testimonianza del Cristo Risorto a tutte le genti, non sono andati nel senso della Restaurazione cattolica, né sul piano spirituale, né su quello dogmatico, né su quello liturgico, né su quello pastorale, dove sono prevalsi i roboanti richiami ai peggiori documenti conciliari, come Lumen Gentium, Dignitatis Humanae, Nostra Aetatae.
Anche e soprattutto nel rapporto con il mondo laico e col ruolo dei laici in politica, ha pesato come un macigno l’assenza assoluta del richiamo alla Regalità Sociale di Nostro Signore, ancora erroneamente percepita come un valore, peraltro di retroguardia, che deve riguardare solo i credenti. In questo senso è ancor più grave l’appello del Card Ruini ai cosiddetti teocon, citati esplicitamente, a collaborare come “atei cristiani” all’operato della Chiesa, perché oltre a confermarli nel loro ateismo, quasi fosse tutto sommato accettabile perché non contrasta direttamente con le radici cristiane dell’Europa, confonde fallacianamente il Regno Sociale di Cristo con l’americanismo sionista dei vari Giuliano Ferrara e Marcello Pera, legittimandoli nelle loro battaglie per far coincidere, appunto, il cristianesimo con l’americanismo sionista, sceriffo e padrone del mondo.
E’ per i continui e sistematici errori di matrice liberale e per questa maniacale volontà di conciliare l’inconciliabile, Dio e il Mondo, che anche le migliori posizioni in materia morale ed etica perdono valore ed efficacia e rischiano di apparire come forme di bigottismo clericale, anacronistiche, bocciate dai media come neo-conservatrici.
Del resto, i laici non possono che rimproverare agli uomini di Chiesa di aver ritrattato ufficialmente tutto e chiesto scusa per le colpe dei loro nemici, ma altrettanto non possono far altro che constatare come misera consolazione, che sulla morale, fino ad ora, non ci sono stati cedimenti nell’insegnamento. Ma il mondo li vuole, e presto!
Alcuni si aspettavano l’apertura al mondo sulle unioni di fatto, proprio dal convegno di Verona. Non è venuto. La Chiesa di Ratzinger si mantiene, ancora, ufficialmente, “puritana”.
Per quanto ancora lo sarà? Chi potrà dirlo?
Certo, i vari teocon divorziati o abortisti nostrani, “nuovi alleati” dell’Armata BrancaRuini non aiuteranno queste battaglie di conservazione dei principi cattolici! Ma loro serviranno a pontificare la liceità delle guerre contro il terrorismo per difenderci…
Quando tutto sarà “riformato in Cristo” o quando, almeno si paleserà in maniera chiara la propensione ad “instaurare omnia in Christo”, non ci sarà più bisogno di inutili viaggi pastorali per concludere altrettanto inutili quanto faraonici convegni (questa settimana di incontri è costata alla collettività circa 800.000 euro!!!) le cui conclusioni erano già scritte in partenza e che stanno trasformando la Chiesa in un Parlamento con tanto di Commissioni, discussioni, dibattiti.
E forse, anche gli uomini di Chiesa guariranno da quella nuova malattia, figlia del morbo modernista, che si chiama “convegnite” o “assemmblearite” come l’ha sagacemente definita lo scrittore Vittorio Messori, guardando preoccupato, a questa “deriva democratica” della fede.