Precisiamo che articoli, recensioni, comunicazioni, eventi, appuntamenti... e quant'altro vengono da noi pubblicati non in base ad una adesione ideologica o morale, ma solo se ce ne viene fatta esplicita richiesta (anche con una semplice comunicazione fatta alla nostra Redazione a scopo di pubblicazione), pur rimanendo noi liberi di soddisfare o meno i desiderata.
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28/02/2004
 
SCHEDA SINTETICA


L'ORA DI SATANA
A cura del Centro "Grazio Forgione"
Edizioni L'Altra Voce, pagine 124, euro 6,00

       In che modo a Satana è concesso di colpirci ed influenzarci? È vero che, secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992, siamo tutti esorcisti? Ed in che senso? Come possiamo fare uso di questo potere conferitoci da Cristo stesso?
       La "sportiva" Suor Paola e don Mazzi sono davvero "la coppia più bella del mondo"(!) come cantavano in una trasmissione televisiva? Sapete cosa successe in un seminario della Sardegna quando furono rese facoltative le vesti talari ed aboliti gli Ordini Minori? Quale è il principio che ispira la legislazione in materia di uso di abiti religiosi? Che ne pensava il celebre don Milani dei "preti ballerini"?
       Neocatecumenali, movirnento ecclesiale o setta?
       Carismatici cattolici, soffio dello Spirito Santo o di chi?
       Perché, e come, San Benedetto ha impedito la costruzione di un palazzo a Montreal?
        La notte di Natale dei 1908 cosa cantavano per le vie di Messina i seguaci di Giordano Bruno?
        Cosa successe quando il bel décolté di Claudia Schiffer fu avvolto nei versetti del Corano?
        A chi si rivolse, e con quali risultati, Benedetto XV per fermare la Iª guerra mondiale, dopo che i "grandi" del mondo avevano risposto "picche" alle sue preghiere?
        E' vero che l'inferno potrebbe esistere solo se DIO non fosse buono? Ma soprattutto, a quali condizioni il "Tertio Millennio adveniente" vedrà la fine della presente "ORA  DI   SATANA"?
        Questa Antologia tenta di dare risposte esaurienti a queste ed ad altre domande che riguardano l'attuale decadenza del mondo. Essa si sforza di fornire anche qualche valido rimedio, non solo ribadendo le verità di Fede, ma anche presentando preghiere antiche, che i nemici di DIO, sia esterni che interni alla Chiesa, si sono sforzaiti di far cadere in disuso, per renderci più vulnerabili da Satana.

Arcangelo Santoro

Per informazioni e ordinazioni rivolgersi preferibilmente al seguente indirizzo:
                            Arcangelo Santoro,
                            Via de Renzis, 58
                            81056 Sparanise CE
                            Tel. 0823 - 87 49 34
                            arcsan@infinito.it

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L'ora di Satana
Centro "G. Forgione"



124

L'Altra Voce
€ 6.00
Ediz. L'Altra Voce
Via S. Andrea, 10
82036 Solopaca (BN)
Tel. 0823 - 87 49 34
arcsan@infinito.it

 

 

 

 

 

 

 



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Segnalazione di centrostudi.federici@tiscali.it
26/02/2004
 
SCHEDA SINTETICA

Eugenio Zolli
PRIMA DELL'ALBA. Autobiografia autorizzata
Ed. San Paolo, 284 pagine, 16 euro

Esce l'autobiografia di Eugenio Zolli, che nel 1945 si convertì al cristianesimo. Era a capo della comunità ebraica di Roma: il libro arriva in Italia dopo 50 anni dalla pubblicazione in Usa e fa chiarezza su una vicenda storica che ha alimentato polemiche
.............................................(Avvenire del 13 febbraio 2004)

Chi era Eugenio Zolli? Rabbino capo di Roma dalla fine del 1938, sei anni dopo -nel primo autunno dopo la liberazione di Roma dall'occupazione tedesca- si convertì al cattolicesimo, e il 13 febbraio 1945 fu battezzato con il nome di Eugenio, quello del papa allora regnante (Pio XII, Eugenio Pacelli). L'episodio fu clamoroso: esecrata dagli ebrei, la figura di Zolli divenne in qualche modo un simbolo controverso e polemico, certamente non per sua volontà, anche per gli eventi tragici che avevano colpito la comunità ebraica romana. Polemiche rinfocolate dall'autobiografia di Zolli, che uscì nel 1954 negli Stati Uniti, in un periodo in cui numerose erano le conversioni di protestanti ed ebrei alla Chiesa cattolica.
Qui l'anno prima era stato invitato per una serie di conferenze bibliche, con evidenti intenzioni apologetiche. In questo contesto uscì, con l'autorevole prefazione del delegato apostolico a Washington Amleto Giovanni Cicognani, il suo lungo e sofferto racconto autobiografico, intitolato Before the dawn, mai pubblicato in Italia, e che esattamente mezzo secolo dopo, con lo stesso titolo (Prima dell'alba, San Paolo, 284 pagine, 16 euro), è finalmente da oggi in libreria.
L'interesse per la controversa figura del rabbino convertito si è ogni tanto riacceso, soprattutto per strumentali polemiche. Generalmente rimosso in ambito ebraico, Zolli quasi scomparve anche tra i cattolici dopo gli anni del concilio Vaticano II e durante la stagione del dialogo con l'ebraismo, evidentemente perché la complessa figura del convertito imbarazzava. Ma proprio il recente intensificarsi delle relazioni tra cattolici ed ebrei ha posto le premesse per un interesse nuovo nei confronti di Israel Zoller (questo il suo nome originario). Sintomatico fu così tre anni fa il successo in Francia di un libretto, appassionato quanto modesto, di un'ebrea divenuta cattolica: tradotto nel 2002 in italiano, con un titolo per la verità infelice (Judith Cabaud, Il rabbino che si arrese a Cristo, San Paolo), il racconto della vita di Zolli ha venduto moltissimo nonostante il silenzio della grande stampa.
Solo ora però, grazie a questo bellissimo libro, la figura del rabbino divenuto cattolico -al di là di ingiuste polemiche da parte ebraica e di devote enfasi da parte cristiana- si delinea nella sua affascinante (e dolorosa) complessità per essere restituita alla storia. Fin dal recupero del testo originale italiano, finora inedito, e che è stato curato molto bene sul dattiloscritto originale da Alberto Latorre, con due brevi scritti del nipote di Zolli, Enrico de Bernart, che si sofferma soprattutto su due punti scottanti del racconto: il comportamento del nonno durante i tragici mesi dell'occupazione nazista e il rapporto del rabbino divenuto cattolico con Pio XII.
Zolli non doveva essere una persona che attirasse simpatie, come traspare da un cenno riferito alla nomina a rabbino capo di Trieste: «Io so meglio amare che farmi amare». Colpito precocemente da dolori familiari, il giovane ebreo polacco era uno studioso riservato e tormentato, non facile ai rapporti umani, benché sensibilissimo e attento alla psicologia (e persino alla nuova scienza psicanalitica). Di temperamento riflessivo e mistico -splendide ed emozionanti sono alcune pagine- il rabbino capo di Roma fu tuttavia molto più consapevole dei maggiori esponenti laici della comunità romana dell'imminente disastro, che tentò invano di evitare. Proprio le incomprensioni con questi (Dante Almansi e Ugo Foà) spiegano le ingiuste accuse di abbandono che furono rivolte a Zolli e tuttora pesano sulla sua memoria.
Israel volle essere battezzato con il nome di Eugenio, ma non si convertì - scrive lo stesso Zolli - «in segno di riconoscenza per gli innumerevoli atti di carità da parte di Pio XII». Premettendo però, con parole calibratissime, che «nessun eroe della storia ha mai comandato un esercito più combattivo, più combattuto e più eroico di quello che fu guidato nella battaglia condotta da Pio XII in nome della carità cristiana».
Scritto fin dal 1947, il racconto di Eugenio Zolli è soprattutto il racconto di una passione per Dio, in Cristo, ricevuto -scrisse in un capitolo conclusivo che compare solo nel testo inglese e dov'è riferita una visione mistica di poco precedente la conversione- «con il medesimo sentimento con cui si riceve un membro della propria famiglia o una persona amata in quanto in stretta confidenza».

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PRIMA DELL'ALBA. Autobiografia autorizzata
Eugenio Zolli



284

Ed. San Paolo
€ 16.00

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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Segnalazione di centrostudi.federici@tiscali.it
19/02/2004
 
SCHEDA SINTETICA

Maude Barlow, Tony Clarke
ORO BLU. LA BATTAGLIA CONTRO IL FURTO MONDIALE DELL'ACQUA
pp. 300, euro 14,00 - Arianna Editrice

L'acqua, fondamentale risorsa del Pianeta, sta rapidamente sparendo. Infatti, la sua scarsità globale si profila come la maggiore minaccia di crisi ecologica, economica e politica del ventunesimo secolo. E chi alimenta il problema? Il grande business.
In "Oro blu", Maude Barlow e Tony Clarke documentano la rapida espansione degli interessi speculativi resa possibile dai recenti accordi commerciali internazionali che favoriscono la privatizzazione e la spartizione commerciale dell'acqua.
Gli autori dimostrano come le corporation multinazionali - includendo imprenditori spregiudicati, l'industria pesante, i fornitori di bottiglie d'acqua minerale e i due giganti delle bevande leggere - stiano letteralmente rubando l'acqua del Pianeta, confezionandola, per poi rivendercela con una percentuale estorsiva, che contribuisce a devastare l'ecosistema e a spogliare le comunità umane della loro risorsa fondamentale.
"Oro blu" non è solo illuminante sulla drammatica contraddizione tra interessi economici e natura, di cui noi siamo parte, ma è anche un indispensabile strumento per agire contemporaneamente come abitanti locali e globali del proprio territorio: diventare custodi responsabili dell'acqua, fonte primaria di vita.

Maude Barlow è presidentessa del "Council of Canadians" e autrice di svariati saggi di grande successo in Nord America. Fa parte del direttivo dell' "International Forum on Globalization" e cofondatrice del "Blue Planet Project", associazione mondiale per la protezione dell'acqua.

Tony Clarke è il direttore del "Polaris Institute of Canada". Fa parte del direttivo dell' "International Forum on Globalization". Saggista, è coautore con Maude Barlow di tre libri sui "Multilateral Agreement on Investment", di cui contestano la legittimità animando in Canada un vasto movimento di protesta.

Per informazioni e ordinazioni: Arianna Editrice (arianed@tin.it)

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Distribuz.:
Oro blu. La battaglia contro il furto mondiale dell'acqua
Maude Barlow, Tony Clarke


300

Arianna Editrice
€ 14.00
arianed@tin.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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Segnalazione di centrostudi.federici@tiscali.it
05/02/2004
 
SCHEDA SINTETICA

«Sotto l'affresco una scritta in armeno: "24 Aprile", data d¹inizio dei massacri. Tale data avrebbe dovuto divenire la giornata mondiale del genocidio, se la proposta non fosse stata ostacolata dalla lobby ebraica americana su istigazione degli ebrei di Turchia. L'iniziativa della comunità ebrea di Istanbul fu a suo tempo criticata da Simon Peres.»

VIAGGIO TRA I CRISTIANI D'ORIENTE. COMUNITA' ARMENE IN SIRIA E IN IRAN, di Pietro Kuciukian, Ed. Guerini e Associati, Milano 1996, pag. 94

«La coesistenza fra Armeni e Turchi, che per secoli aveva "tenuto" attraverso compromessi e vantaggi reciproci, si ruppe definitivamente circa cento anni fa. Nel 1896 e nel 1906 i sultani ottomani, nel 1915 i Giovani Turchi e dopo il 1918 il Mustafà Kemelk, scatenarono e portarono a termine il primo genocidio dell¹età moderna. Gli armeni letteralmente scomparvero dall'Anatolia e con essi le loro città, le loro chiese, le loro scuole, le loro biblioteche, i loro conventi-università, la loro millenaria cultura. Mezzo milione di armeni riuscirono a riparare all¹estero: altri trovarono rifugio a nord-est, nelle regioni transcaucasiche armene sotto dominio russo, dove fondarono la Repubblica indipendente ai Armenia, che divenne poi una delle quindici repubbliche sovietiche.
Nel 1915 due milioni di Armeni erano stati deportati dai Turchi verso il deserto siriano di Dier es Zor allora sotto il dominio ottomano. Circa due terzi dei deportati furono uccisi dalla fame, dalle epidemie, dai maltrattamenti dei tcètè dell'Organizzazione Speciale e dagli attacchi dalle bande curde, gli irregolari ingaggiati dal governo.» (op. cit., pag. 14).

«Quello degli Armeni viene ricordato come il primo genocidio "tecnologico" del ventesimo secolo. Con il pretesto del trasferimento di una popolazione cristiana "inaffidabile" che risiedeva in Anatolia da tremila anni, il governo dei Giovani Turchi aveva organizzato la soluzione finale, la distruzione di una cultura antica. La ferrovia in costruzione della Berlino-Baghdad serviva non solo al trasferimento rapido, ma anche all'annientamento: i giovani armeni di leva, disarmati, erano destinati ai lavori forzati lungo la strada ferrata. I consiglieri erano ufficiali tedeschi, mentre medici turchi spostavano gli ammalati da un lager all¹altro per diffondere epidemie, distribuivano veleno al posto di medicine. Telegrafisti turchi annunciavano l¹orario delle partenze dei gruppi (a piedi, verso il deserto), il numero dei deportati e attendevano conferma dell¹arrivo dal posto telegrafico seguente, lontano chilometri, a oriente. Se il numero dei sopravvissuti era ancora elevato si dava ordine alle colonne di tornare indietro sulla stessa pista. Grazie al telegrafo la direzione delle operazioni a Instanbul era tenuta costantemente al corrente della situazione. Si faceva in modo che le piste passassero vicino alle "acque salate" del deserto e si permetteva i deportati di bere. Bere veleno. Alle volte qualche solerte burocrate ottomano prendeva decisioni più ferme: il deserto di Dier-es-Zor cela ancora oggi migliaia di resti umani nelle fosse sotterranee che lo attraversano. Convogliati a bastonate sull'orlo delle foibe, i deportati venivano gettati dentro e si appiccava poi il fuoco sopra le aperture di ingresso. Vecchi, donne e bambini morivano per asfissia sotto lo sguardo inerte dei consiglieri tedeschi, che annotavano tutto per poi inviare in patria dettagliati resoconti, che venivano archiviati con cura» (op. cit., pag. 18).

«Dopo di lui hanno inviato Zakky bey, l'ex governatore del Vaspuragan, che era stato sconfitto dagli armeni durante l¹insurrezione di Van. Era la persone più adatta a far pulizia, ha avutrto modo di vendicarsi della sconfitta prendendosela con gli orfani e i deportati. Ha riunito tutti gli orfani salvati da Ali Souad Bey e li ha concentrati in quelle caverne, i quelle foibe che abbiamo visto nel cimitero islamico e li ha fatti bruciare vivi. I turchi non uccidevano subito gli artigiani, gli architetti, gli ingegneri o quelli che avevano posti di responsabilità. Li utilizzavano e li eliminavano dopo averli sfruttati. Qui dove ci troviamo non c'era quel ponte, al suo posto c'era un servizio di barche. I deportati erano traghettati sulla riva opposta dove c'era il deserto e dove morivano di stenti. Qui su questa sponda erano schierati gli zaptiè e chi tentava di tornare indietro veniva ucciso. Il governatore di allora aveva dato ordine di costruire un ponte proprio qui, per velocizzare il passaggio dei deportati e aveva incaricato l'ingegnere armeno della costruzione. Varjabedian costruì un ponte di legno, si vede ancora l'isola dove arrivava la prima arcata, con maestranze armane. Salvò molti armeni ai quali dava da mangiare. Finché lavoravano avevano diritto a un pane secco al giorno" (op. cit., pag. 65).

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Viaggio tra i cristiani d'Oriente. Comunità armene in Siria e in Iran
Pietro Kuciukian
Guerini e Associati
Milano
94

1996

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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Segnalazione di
Cesare Fontana
05/01/2004
 
SCHEDA SINTETICA

Cesare Fontana, come suo solito, approfitta anche della presentazione di un libro per dire la sua, interessante ed appropriata.

I NOSTRI "AMICI" TESTIMONI DI GEOVA, di Sergio Pollina, Ed. San Paolo, 1996, Euro 9.30

Libro interessantissimo, in quanto l'autore è stato per circa 20 anni membro dell' associazione Testimoni di Geova, dove ha ricoperto incarichi di rilievo fino alla sua fuoriuscita nel 1988.

I seguaci di questa setta, in Italia, sono circa 210.000 unità, e dobbiamo tenere presente che negli ultimi dieci anni, circa 9.000 nostri connazionali sono passati nelle loro file. Il dato, però, anche se rapportabile solo a solo un italiano su 282, deve allarmare il cattolico zelante, anche perché dobbiamo tener presente che il nostro paese è il quarto al mondo per numero di membri di quest'associazione, dopo Stati Uniti ( loro patria d'origine), Messico e Brasile.

La prima volta che un nuovo interessato entra nella "Sala del Regno" (il loro luogo di indottrinamento) viene accolto da un'ondata di affetto, di calore, di entusiasmo e comincia immediatamente a farsi degli amici, delle nuove conoscenze; nel frattempo viene esortato a rompere i legami con le precedenti amicizie e frequentazioni.
I primi segni di conversione che si notano sull'interessato sono quando egli comincia a restistuire al mittente i doni che i nonni fanno ai suoi figli in occasione di compleanni, quando respinge l'invito dei famigliari a festeggiare il Natale o quando risponde con un semplice buongiorno agli auguri di Buon Anno.

I testimoni di Geova sono un gruppo molto chiuso e lo sta a dimostrare il fatto che quando un membro rivela alcune sue vecchie convinzioni e comincia a dubitare sulla fede geovista, oppure decide di uscire dal gruppo, viene immediatamente disassociato (cioè espulso) e considerato dal resto dei seguaci una persona morta, e quindi nessun membro deve assolutamente rivilgergli la parola. Il Pollina fa un esempio pratico: "Quando ad uno dei loro anziani fu comunicata per telefono la morte del fratello disassociato da due decenni, la sua risposta fu: Per quanto mi riguarda, è morto già venti anni fa. Arrivederci" (pag.13).

Ai testimoni di Geova è assolutamente vietato scrivere libri, saggi, articoli e altro che contenga il risultato di una loro ricerca, di un loro pensiero. Quei pochi che lo hanno fatto sono puniti con la disassociazione.

I seguaci di questa setta non credono nella Trinità e per loro chi crede in Essa è un politeista. Per portare avanti questa tesi si rifanno al versetto biblico di San Giovanni (14,28) dove Gesù dice: "Il Padre è maggiore di me" frase presa, come loro fanno sempre, fuori dal contesto biblico, senza però prendere in considerazione i versetti: Giovanni 1,1; 20,28; 2ª Pietro 1,1; Timoteo 2, 3; Ebrei 1,8; 1ª Giovanni 5,20; 1ª Timoteo 6,14-16.
Nella Bibbia non esiste assolutamente il nome di Geova. Ciò che troviamo è soltanto il tetragramma JHWH. A queste quattro consonanti (da cui il nome tetra = quattro e gramma = lettera) gli antichi Ebrei aggiungevano le vocali per poterle leggere, ma con il trascorrere del tempo e con il fatto che l'antica lingua d'Israele non fu parlata per secoli, si è persa l'esatta vocalizzazione.
Il loro Corpo Direttivo ( i capi dell'organizzazione, solo ai quali esclusivamente è consentito pubblicare libri, riviste e quant'altro) ha inserito arbiterariamente nel Nuovo Testamento, ben 273 volte il nome di Geova, anche dove il tetragramma JHWH non è assolutamrnte riportato nel manoscritto originale.
Ad esempio si legge in Romani 10,13: "Chiunque invoca il nome del Signore sarà salvato": nel testo originale è riportato Kirios (Signore), ma loro erroneamente e volontariamente l'hanno tradotto con Geova.

Per concludere, nella loro storia, hanno detto diverse volte che la fine del mondo era imminente fissandone anche le date di scadenza: 1914 prima, 1918 dopo, 1925 dopo ancora, 1941 ancora dopo e 1975 in fine; dopo tanti fallimenti cronologici, oggi ci raccontano che la fine del mondo è alle porte, ma non ce ne dicono la data, onde evitare di fare ulteriori figuracce.

Cesare Fontana

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Distribuz.:
I NOSTRI "AMICI" TESTIMONI DI GEOVA
Sergio Pollina



1996
Ediz. San Paolo
€ 9,30

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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Segnalazione di
Little Jo
06/05/2005
 
SCHEDA SINTETICA

I LAGER DEI SAVOIA
di Fulvio Izzo, Ed. Controcorrente, 1999,
Pagine 208, Euro 10.33

       Le vicende dei campi di deportazione dei soldati napoletani e pontifìci all'indomani della campagna per l'Unità rappresentano un'altra tessera  —completamente rimossa dalla memoria e dagli archivi—  che serve a svelare il vero volto del Risorgimento.
       Decine di migliaia di prigionieri vennero concentrati nei campi di Fenestrelle e San Maurizio, nel lontano Piemonte, e sottoposti a rieducazione forzata tra stenti e sofferenze indicibili.
       Ciononostante il Soldato Napoletano, fedele alla sua Nazione e sordo alle lusinghe nemiche, rifiuta di collaborare, si ribella e, sottrattosi al giogo della prigionia, dà vita alla resistenza armata.
       Di queste odissee, dà testimonianza il diario rinvenuto dall'autore e pubblicato, inedito, in Appendice.
       Ma la pianificazione dell'arbitrio e della violenza da parte della rivoluzione borghese va oltre i "momenti di eccezione" e, nei decenni successivi, l'Italia post-unitaria dà vita ad un sistema di repressione e ad un universo carcerario così disumano, da fare impallidire quell'apparato borbonico che tanto scandalizzò il liberale Gladstone.
       Col passare del tempo le tecniche per soffocare il consenso si affinano e, falliti i tentavi di "fondare" colonie penali in Patagonia, disfarsi della sua gente con l'emigrazione risultò essere la soluzione definitivamente più conveniente per la nuova Italia risorta.

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I LAGER DEI SAVOIA
Fulvio Izzo


208
1999
Ediz. Controcorrente
€ 10,33


 

 


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Segnalazione di
Little Jo
16/06/2005
 
SCHEDA SINTETICA

LE STRAGI DIMENTICATE
Gli eccidi americani di Biscari e Piano Stella
di Gianfranco Ciriacono, Cdb Editore, 2004,
Pagine 96, Euro 16.00

       Finalmente viene sfatata un'altra favola. Le forze americane che nel luglio 1943 sbarcarono in Sicilia, nell'operazione Husky, si macchiarono di crimini chiaramente banditi dalle Convenzioni di Ginevra: fucilarono a sangue freddo dei prigionieri, militari e civili, eseguendo un ordine diretto del comandante, il generale George Patton.
       Dopo tanti anni di silenzio e di omertà a tutti i livelli, politico-militari prima e storici poi, la verità viene fuori. I morti e la resistenza, in Sicilia, ci sono stati, le truppe americane non furono in ogni caso accolte come dei liberatori di fronte ai quali i civili si affacciavano alle finestre e i militari si arrendevano ai "fratelli statunitensi". La situazione fu ben più drammatica, fu vera guerra e non una barzelletta. I diari del generale Patton testimoniano la durezza degli ordini e, in alcuni casi, la violazione delle convenzioni internazionali. Se n'è accorto anche il Corriere della Sera, con un ampio reportage diviso in due puntate, pubblicato il 23 ed 24 giugno; Gianluca Di Feo cita i terribili episodi avvenuti a Biscari, a Piano Stella e in altre località siciliane. Durante le inchieste aperte in gran segreto al tempo dei fatti, gli autori dei massacri dissero di aver ubbidito ad un ordine del generale Patton che comandava in buona sintesi di non fare prigionieri, in nessun caso. Ordini presi alla lettera, con tragiche conseguenze: i suoi discorsi invitavano a «uccidere i nemici che alzano le mani a meno di 200 metri». Parole che si commentano da sole... I massacri vennero insabbiati, all'epoca, per non compromettere lo sforzo bellico e per evitare che la popolazione si inferocisse e attaccasse i "liberatori". In seguito si preferì "dimenticarli", per evitare che la pubblicazione di simili notizie potesse avere effetti devastanti sull'opinione pubblica mondiale.
       La pubblicistica relativa ai sanguinosi fatti siciliani non è molto ampia; un testo pregevole e completo: Le stragi dimenticate, gli eccidi americani di Biscari e Piano Stella, di Gianfranco Ciriacono, parente di uno dei prigionieri sopravvissuti ai massacri statunitensi. Testimonianze orali raccolte pazientemente, fonti iconografiche preziose, un lavoro certosino che vi consigliamo di premiare leggendolo.

Per avere il testo: gianfranco.ciriacono@tin.it
                               oppure telefonare al 339 5891869.

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ANNO:
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PREZZO:
Distribuz.:

LE STRAGI DIMENTICATE
Gli eccidi americani di Biscari e Piano Stella

Gianfranco Ciriacono


96
2004
Cdb Editore
€ 16,00
diretta


 

 


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