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RICEVIAMO, 9-10-2010
da Eugenio

 

 

 

Un certo Sig. Eugenio [è uno pseudonimo], basandosi su una presunta contaddizione tra Pio XII e Innocenzo IV, per la quale si sarebbero usati "nobili sforzi tesi a riconciliare i due testi", chiede se sia possibile usare simili sforzi anche per armonizzare il Vaticano II con il Magistero passato.
La premessa del Sig. Eugenio è infondata e la sua auspicata armonizzazione totalmente impossibile ed assurda.

     Spett. Redazione,
osservando il vostro sito dai vari articoli, mi sembra di capire che, secondo voi, i testi del Concilio Vaticano Secondo, sono in contraddizione con il Magistero precedente della Chiesa. 

 

Egr. Sig. Eugenio,
ha proprio capito bene, può quindi eliminare il "sembra". Ovviamente la cosa ci conforta, perché significa che siamo sufficientemente chiari: il Vaticano Secondo è in evidente contraddizione con il Magistero che la Chiesa ha tenuto in circa duemila anni di vita. Parlare poi di Magistero in riferimento al CVII parrebbe addirittura una contraddizione in termini, perché riferito a un concilio pastorale che si proponeva di NON definire alcuna verità, né di fede né di costume.

      Di recente ho appreso però che ci sono dei testi di Papi, precedenti al Concilio Vaticano Secondo, che sono difficili da armonizzare e sembrano quasi in contraddizione.

 

Veda un po' quanto s'industriano i nemici di Santa Madre Chiesa! Ma sia nel caso da lei citato, come in quello in cui tentano di propinarci una nuova idea di Tradizione, detti nemici cozzano contro la Pietra posta a base della Chiesa, contro la Verità, e i loro sforzi si frantumano miseramente.
A fugare ogni sembianza di armonizzazione abbiamo affidato il compito di risposta a Don Curzio Nitoglia, che nel suo stile sintetico e schematico chiarisce bene la questione.

      I due testi sono uno di Papa Pio XII, che a sua volta cita un testo molto antico di Papa Nicola I, e l'altro di Papa Innocenzo IV.

 


      Ora i nobili sforzi tesi a riconciliare i due testi -contesti diversi, diverso significato di parole, diverse intenzioni- non potrebbero essere spesi anche per tentare di dare una interpretazione ai testi del Concilio Vaticano Secondo in armonia con il Magistero passato?

 

Le assicuro che difficilmente si fanno sforzi per interpretare testi preconciliari e che non è affatto necessario ricorrere a "contesti diversi, diverso significato di parole, diverse intenzioni", a questi ultimi ricorrono abitualmente i vaticanosecondisti quando cercano di conciliare l'inconciliabile...
Comunque l'evidenza dei fatti vieta qualunque tentativo interpretativo dei testi del Concilio Vaticano II in armonia con il Magistero perenne della Chiesa: contra factum non est argumentum, è perfettamente inutile discutere!

Perché considerare il Magistero passato come un blocco unico e privo di problemi interpretativi ed invece considerare i testi del Concilio Vaticano Secondo intrinsecamente disarmonici ed in assoluta contraddizione con tutti quelli del Magistero passato?

 

Perché il Magistero "passato" (come lei lo definisce) è dottrinalmente monolitico, un blocco unico, chiaro e lampante. Per il passato si potrà discutere su argomenti non definiti, che ricadano nell'opinabile, ma giammai sul Magistero.
È invece proprio dei vaticanosecondisti porre tutto nel dubbio e nell'opinabile (l'unica cosa certa per loro sarebbero soltanto le camere a gas): veda quindi che si tratta di due visioni diametralmente opposte, e quindi in contraddizione, inconciliabili.

A mio avviso così come è possibile riconciliare ed armonizzare i due testi in questione, allo stesso modo e con lo stesso metodo è possibili riconciliare ed armonizzare tutti i testi del Concilio Vaticano Secondo con tutto il Magistero prima del 1965.

 

Il suo è un "avviso" proprio insostenibile: se vuole una dimostrazione di quanto asseriamo legga questi quattro preziosi volumi:
1) "1962, rivoluzione nella Chiesa", di Don Andrea Mancinella;
2) Paolo VI... beato? - di Don Luigi Villa;
3) Paolo VI. Processo a un Papa, di Don Luigi Villa;
4) La "nuova Chiesa" di Paolo VI, di Don Luigi Villa.
Tutti e quattro reperibili presso Editrice Civiltà, Via Galilei 121 - 25123 Brescia.

     I due testi di Magistero difficili da armonizzare sono:
1)
Discorso "Très sensible" di Papa Pio XII del 3 Ottobre 1953 al Congresso internazionale di diritto penale.

2) Bolla "Ad extirpanda" di Papa Innocenzo IV in cui sembra che il Pontefice detti una legge contraria al diritto naturale e positivo.

Cordiali Saluti ed una preghiera.

Eugenio

 

 

 

 

 

 

 

 

FONTE 1:
Discorso di Pio XII al Congresso internazionale di diritto penale.

b - Exclusion de la torture
L'instruction judiciaire doit exclure la torture physique et psychique et la narco-analyse, d'abord parce qu'elles lèsent un droit naturel, même si l'accusé est réellement coupable, et puis parce que trop souvent elles donnent des résultats erronés. Il n'est pas rare qu'elles aboutissent exactement aux aveux souhaités par le tribunal et à la perte de l'accusé, non parce que celui-ci est coupable en fait, mais parce que son énergie physique et psychique est épuisée et qu'il est prêt à faire toutes les déclarations que l'on voudra : « Plutôt la prison et la mort que pareille torture physique et psychique!» De cet état de choses Nous trouvons d'abondantes preuves dans les procès spectaculaires bien connus avec leurs aveux, leurs auto-accusations et leurs requêtes d'un châtiment impitoyable. Il y a 1100 ans environ, en 866, le grand Pape Nicolas Ier répondait de la manière suivante à l'une des demandes d'un peuple qui venait d'entrer en contact avec le christianisme:
Asserite che presso di voi se è stato preso un ladro o un bandito e nega ciò di cui viene accusato, il giudice colpisce il suo capo con sferze e punge i suoi fianchi con altri pungoli di ferro, finché dica la verità. Ciò non è permesso in nessun modo né dalla legge divina né da quella umana, giacché una confessione non deve essere involontaria, né la si deve costringere con la violenza, ma deve essere presentata volontariamente; se alla fine succede, che anche dopo aver usato quei tormenti, nulla troviate di quanto il torturato viene accusato, almeno allora non arrossite, riconoscendo quanto empiamente giudicate? Similmente però, se una persona incriminata sottoposta alle torture, non potendole sopportare, dice di aver commesso ciò che non ha commesso, mi chiedo su chi ricade l'esorbitanza di tanta empietà, se non su colui che costringe questa persona a confessare il falso? Sebbene si sappia che non fa una confessione, ma solo parli, chi con la bocca professa ciò che non ha nel cuore!
Qui ne souhaiterait que, durant le long intervalle écoulé depuis lors, la justice ne se soit jamais écartée de cette règle ! Qu'il faille aujourd'hui rappeler cet avertissement donné voici 1100 ans, est un triste signe des égarements de la pratique judiciaire au vingtième siècle.

 

FONTE 2:
Ad extirpanda:


Teneatur praeterea Potestas,seu Rector omnes haereticos,quos captos habuerit, cogere citra membri diminutionem, mortis periculum, tamquam vere latrones, homicidas animarum, fures sacramentorum Dei, Fidei Christianae, errores suos expresse fateri, accusare alios haereticos, quos sciunt, bona eorum, credentes, receptatores, defensores eorum, sicut coguntur fures, latrones rerum temporalium, accusare suos complices, fateri maleficia, quae fecerunt.
Il podestà o rettore deve costringere senza giungere a mutilazioni o ad esporre a pericolo di morte, tutti gli eretici catturati, come veri ladri e assassini delle anime, e usurpatori dei Sacramenti di Dio e della fede cristiana, a confessare esplicitamente i loro errori e a denunciare gli altri eretici a loro noti e i loro beni, i loro creditori, ricettatori, difensori, allo stesso modo con cui costringono i ladri e usurpatori di beni temporali a denunciare i loro complici e confessare le malefatte compiute".

 

 

 

Ed ecco la risposta di Don Curzio Nitoglia:

 

 

Due domande e risposte

 

 

 

) Papa Innocenzo IV nella Bolla Ad extirpanda ammette la liceità della tortura; Pio XII nel Discorso “Très sensibles” del 3 ottobre del 1950 la nega citando papa Nicola I. Vi è, perciò, contraddizione e rottura nel Magistero tradizionale della Chiesa?
— No, infatti la questione sulla tortura è liberamente disputata, onde si possono avere opinioni diverse senza che vi sia discontinuità o rottura nel Magistero.

 

 

) Tale caso è applicabile ai testi del Concilio Vaticano II, che non sarebbero, così, in rottura con la Tradizione apostolica?
— No, poiché questioni come la collegialità episcopale, libertà religiosa, panecumenismo, antropocentrismo non sono disputate, ma sono state insegnate in maniera definitiva dal Magistero costante della Chiesa prima del Concilio Vaticano II, il quale è pastorale e quindi non infallibile e non vincolante (v. B. GHERARDINI, Il Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Frigento, 2009; ID., Tradidi quod et accepi. La Tradizione vita e giovinezza della Chiesa, Frigento, 2010).

 

 

Le diverse scuole di moralisti

 

 

La liceità morale della tortura si presenta sotto tre aspetti:

 

 

) come applicazione della tortura quale pena afflittiva dovuta ad una colpa certa, è del tutto lecita, supposta la liceità della pena di morte e della verberazione.
) Come intimidazione contro un innocente per carpirne un segreto, è del tutto illecita.
) Come mezzo di indagine giudiziaria su soggetti indiziati gravemente per ottenere la piena confessione: qui sorge il problema. Infatti tale questione è stata risolta in maniera diversa da eminenti teologi, Dottori, Santi e anche Papi.

 

 

È una questione liberamente disputata e non è stata definita autoritativamente dal Magistero, onde è del tutto lecita la diversità di opinione.

 

 

a) Per alcuni moralisti (J. De Lugo, S. Alfonso M. De Liguori) il bene comune della società civile può esigere che l’imputato gravemente indiziato sia sottoposto a tortura  —come extrema ratio—   se non confessa la sua colpa, supposto il diritto del giudice ad indagare per appurare la verità dei fatti, onde difendere il corpo sociale dalle malefatte del delinquente.
La società ha il diritto, per questi moralisti, di appurare con certezza le responsabilità di un soggetto fortemente indiziato di un delitto di cui però non si ha ancora la prova esatta.
Il diritto individuale al rispetto della propria integrità fisica cede di fronte al diritto della società di sapere con certezza chi minaccia il bene comune, il quale è superiore del bene di una sola parte.
Secondo J. DE LUGO (De iustitia et iure, disp. XXXVII, sect. XIII, Parigi, ed. Fournials, 1869, VII, p. 724) lo svantaggio di non poter scoprire l’autore di un delitto, provoca danni maggiori di quelli che possono venire dalla violazione della integrità fisica di un individuo indiziato.
Tuttavia, tutti questi moralisti precisano che per essere lecita la tortura deve essere limitata entro confini ben precisi:
il soggetto deve esser indiziato in maniera semi-piena, non basta il semplice sospetto;
la tortura non deve oltrepassare i limiti della sopportabilità psico-fisica del soggetto;
essa può e deve essere seguita da una libera conferma o ritrattazione da parte del torturato (v. S. ALFONSO MARIA DE LIGUORI, Theol. mor., IV, cap. 3, a. 3, n. 202).

 

 

b) Oggi a partire dalle esperienze del totalitarismo collettivistico del secondo dopo-guerra (1945) prevale la corrente dei giuristi, moralisti e medici (Calamandrei, Carnelutti, Alemà, Cortesi, Palmieri), che privilegia la salvaguardia dei diritti della singola persona rispetto alla società o al bene comune.
Pio XII, soprattutto a causa degli abusi dei sistemi totalitaristici collettivisti del XX secolo e delle avanzate ricerche mediche (narco-analisi, siero della verità), che violano direttamente e totalmente l’anima, la personalità e il pensiero del soggetto, ed altri moralisti (card. Francesco Roberti, card. Pietro Palazzini, p. Agostino Gemelli), hanno insegnato che occorre essere molto prudenti nell’applicazione della tortura, la quale se può essere fisica non deve mai divenire psichica e violare le profondità dell’anima umana (v. A. GEMELLI, Narcoanalisi, psicanalisi, metodi proiettivi di esplorazione rappresentano una lesione della libertà personale?, in “Minerva medica”, n. 38, 1950, pp. 217-227; P. PALAZZINI, Il siero della verità, in “Morale dell’attualità”, Roma, 1963, pp. 287 ss.).

 

 

Don Curzio Nitoglia

 

 

Sig. Eugenio,
sperando di esserle stati utili, la ringraziamo delle preghiere e le assicuriamo le nostre.

Cordialmente in Gesù, Maria e Giuseppe,
la Redazione

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