George Orwell: 1984
Fra tali categorie
ne richiamiamo qui una sola, la 17ª: "razzismo e xenofobia".
La distinta proposta di decisione quadro, di data 28 novembre 2001, dedicata
esplicitamente a questa inedita "figura criminosa", lungi dal
precisarne i già estremamente evanescenti confini, li abbatte tutti
dilatandola a proporzioni sconvolgenti. (1)
Al suo articolo 3, comma 1,
lettera a), essa stabilisce infatti che "per razzismo e xenofobia"
deve intendersi "il convincimento che la razza, il colore,
la discendenza, la religione o i convincimenti, l'origine nazionale o
l'origine etnica siano fattori determinanti per nutrire avversione nei
confronti di singoli o di gruppi". In questo articolo, che
meriterebbe un lungo commento, sgomenta anzitutto l'introduzione dello
psicodelitto di orwelliana memoria. L'U.E.,
invero, punisce severamente non azioni, e neppure discorsi, ma semplici
pensieri ("convincimenti").
In tal modo essa criminalizza, fra il resto, tutta la lotta politica fondata
appunto sul "convincimento" che i "convincimenti"
che contrastano con quello del partito in cui si milita vadano avversati
e quindi meritino "avversione". Altrettanto
dicasi per le religioni: il semplice tentativo di convertire
qualcuno alla propria religione dimostra che si considera la religione
professata dall'interlocutore falsa, e quindi la si "avversa"
come "gruppo". Nello "spazio di libertà, sicurezza
e giustizia" istituito dall'U.E.,
dunque, la libertà morale è bandita come delitto
e quella fisica è estremamente precaria, sospesa com'è al
tenue filo della "convinzione" che un giudice o un poliziotto
possono avere circa "i convincimenti" che ciascuno può
nutrire nella sua mente.
Di certo l'opposizione all'U.E.
e alle sue istituzioni, e pertanto a "gruppi", sarà perseguita
con la massima determinazione.
La Costituzione europea non solo non torna indietro rispetto a queste
novità ma, facendole proprie, le eleva al rango di principi fondamentali.
L'articolo 270, invero, enuncia l'obiettivo di "definire norme
e procedure per assicurare il riconoscimento in tutta l'Unione
di tutte le forme di sentenza e di decisione giudiziaria",
dove fra le decisioni che non assumono forma di sentenza rientrano anche,
ovviamente, i mandati di arresto. Viene così costituzionalizzato
quel principio della competenza territoriale universale che rende operante
in Italia, così come in ogni altro Paese dell'U.E., i diritti penali
e le decisioni dei giudici di tutti gli altri Stati dell'Unione.
Lo psicodelitto orwelliano,
poi, per quanto la cosa possa sembrare sbalorditiva, nella Costituzione
europea riesce a fare ulteriori progressi. L'articolo 81, infatti, significativamente
collocato nella parte intitolata "Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione", al suo 1° comma così dispone: "È
vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul
sesso, la razza, il colore della pelle, o l'origine etnica o sociale,
le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni
personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza
ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità,
l'età o l'orientamento sessuale" (2).
Posto che, al di là di
ogni assonanza con la parola "crimine" assonanza peraltro, astutamente
sfruttata dal costituente europeista il verbo "discriminare"
nulla ha che fare con essa, ma significa semplicemente "distinguere",
il principio qui presentato come "diritto fondamentale"
è ancora più universalmente repressivo di quello enunciato
al citato articolo 3 della decisione quadro sulla lotta contro il razzismo
e la xenofobia.
La Costituzione dell'U.E. vieta
infatti (chiamare un divieto diritto, e per giunta "diritto fondamentale"
è una "finezza" giuridica tutta europeista) non solo
la "avversione" ma anche la semplice distinzione, attuata in
"qualsiasi forma", e quindi tanto nei fatti quanto nelle
parole. In questo paradossale ordine di idee, costituire una associazione
di italiani all'estero, ovvero un gruppo di "bolognesi a Roma"
è già violare un divieto di rilevanza costituzionale. La
discriminazione nei fatti apre poi illimitati processi alle intenzioni,
e quindi al pensiero: hai assunto nella tua azienda o hai dato in locazione
il tuo appartamento a un italiano anziché a un extracomunitario,
a un cristiano anziché a un islamico o a un induista, a un bianco
anziché a un nero, e via discorrendo (3)
Vietando, e quindi criminalizzando,
esplicitamente le distinzioni fondate sulle "opinioni politiche"
il costituente europeista ha messo fuori legge tutti i partiti,
dissipando così qualsiasi dubbio che potesse esser rimasto sulla
base della più generica enunciazione della decisione quadro sul
razzismo e la xenofobia. Confermate invero la condanna delle religioni
e la giustificazione di ogni "orientamento sessuale",
e quindi anche della pedofilia, due chiodi fissi del legislatore unionista
(4) si arriva al parossismo di erigere
a delitto persino le "convinzioni personali" e con esse
evidentemente e paradossalmente le scelte (sono pur
sempre "discriminazioni") nelle amicizie e nelle compagnie.
Nel dubbio che qualcosa potesse esserle sfuggita, la Convenzione europeista
ha stabilito che quelli elencati sono solo casi particolari ("È
vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata in particolare").
Lo scopo di questo "principio"
è sin troppo evidente: gli eurocrati vogliono garantirsi la possibilità
di togliere di mezzo in qualunque momento qualunque individuo o organizzazione
possano dar loro un minimo d'ombra. Questa loro frenesia di potere li
spinge sino al delirio e alla follia. Una simile normativa, infatti, se
di normativa, e cioè di un complesso di regole di comportamento,
si può parlare di fronte a questo monumento dell'assurdo cui nessuno
mai potrà, neppure volendo, obbedire, non può definirsi
che folle e delirante. Il pensiero
umano, l'attività umana del pensare, infatti, consiste tutta appunto
nel distinguere o, se si preferisce, nel discriminare il vero dal falso,
il giusto dall'ingiusto, la ragione dal torto, il bene dal male, il bello
dal brutto, l'utile dall'inutile e dal dannoso, il gradito dallo sgradito,
e via discorrendo.
Siamo di fronte alla negazione
della ragione e del pensiero. A ben vedere, insomma, si
è criminalizzato l'uomo in quanto tale:
l'uomo in quanto essere pensante e raziocinante. Si incrimina l'intera
umanità per spogliarla di tutti i suoi diritti.
A questo punto viene spontaneo
ricordare che il preambolo della Costituzione europea approvato dal "Praesidum"
e poi a malincuore modificato di fronte alle reazioni dell'opinione pubblica
cattolica, ne indicava la matrice ultima e culminante nelle "correnti
filosofiche dei Lumi" (si noti la maiuscola) e cioè
nell'illuminismo, che fu poi la dottrina ispiratrice della Rivoluzione
francese.
Orbene, è incontestabile
che il principale "maître à penser" di quella
sanguinosa rivoluzione fu Jean Jacques Rousseau,
la cui concezione dell'uomo è efficacemente sintetizzata nella
famosa frase contenuta nella prima parte del suo "Discorso sull'origine
della disuguaglianza": "oserei quasi assicurare che lo stato
di riflessione è uno stato contro natura e che l'uomo
che medita è un animale depravato".
Sono parole che offrono ansa
a molte e istruttive considerazioni sull'illuminismo e sul suo cosiddetto
"razionalismo", ma questo discorso ci porterebbe troppo lontano.
Quello che qui ci preme sottolineare è che attraverso
la criminalizzazione universale si vuole stabilire un regime terroristico,
in cui nessuno abbia neppure il coraggio di aprir bocca, un regime in
tutto simile, anche se più radicale, a quello che caratterizzò
il periodo della Rivoluzione francese noto appunto sotto il nome di "Terrore".
A tale riguardo giova ricordare che quel regime era fondato su due leggi,
quella famigerata detta "dei sospetti" e quella del 24 pratile
dell'anno II, improntate ad analoghi principi di criminalizzazione illimitata.
L'importanza preminente che
il costituente europeo attribuisce al principio di non discriminazione
è rivelato anche dal fatto che esso è enunciato sin dall'articolo
2 e ripetuto, con insistenza sorprendente, agli articoli 118 e 124. Il
bello è che all'articolo 70 lo stesso costituente ha proclamato
"la libertà di pensiero, di coscienza e di religione,
(e quella) di manifestare la propria religione o la propria convinzione,
individualmente o collettivamente in pubblico o in privato" e
all'articolo 71, con atecnica, rudimentale prolissità, è
tornato sul tema parlando di "libertà di espressione",
"di opinione" e di comunicazione di "idee",
quasi che la manifestazione del pensiero e quella delle opinioni fossero
cose distinte.
Ci si domanda: come è
possibile coordinare norme così contraddittorie? Ovviamente ricorrendo
al noto principio di ermeneutica giuridica secondo cui la norma speciale
deroga a quella generale. Dove la norma generale è quella che pone
la libertà di pensiero, parola ecc., e la norma speciale quella
che la vieta ogniqualvolta essa si risolva in una discriminazione. In
altre parole, il cittadino europeo può professare e proclamare
tutto quello che vuole, a condizione però che eviti qualsiasi forma
di distinzione per religione, opinioni personali, opinioni politiche e
di qualsiasi altra natura. In breve: mai! Altrettanto, è ovvio,
deve dirsi per il diritto di associazione, parvenzialmente enunciato all'articolo
72.
Queste contraddizioni ci aiutano
a comprendere almeno in parte il perché dell'elefantiaca mole della
Costituzione europea: la contraddizione, il dire e il negare quel che
si è detto, riveste in essa una duplice funzione. La prima è
quella anestetico-manipolatoria o, se si preferisce, mimetico-illusionistica
di cui si è detto all'inizio di questo studio: si deve far credere
che le libertà fondamentali non sono state cancellate: un inedito
silenzio su di esse avrebbe richiamato l'attenzione degli osservatori
più distratti. La seconda funzione è, ovviamente, quella
di garantire agli eurocrati quel potere illimitato sui sudditi di cui
già si è detto. Dove regna la contraddizione l'arbitrio
gode di spazi illimitati.
A questo punto riteniamo
di avere sufficientemente illustrato quanto si è detto in apertura,
e cioè che la Costituzione europea abroga quella italiana, e la
abroga non perché la assorba, ma perché ne contraddice tutti
e quattro i principi cardine, e cioè la sovranità popolare,
la libertà di manifestare liberamente e con ogni mezzo il proprio
pensiero, la libertà di associazione, l'inviolabilità della
libertà personale. Sono innovazioni palesemente funzionali alla
legittimazione e all'esercizio dell'anonimo ed antidemocratico potere
degli eurocrati.
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