In continuità
con il "Manifesto contro il Mandato d'arresto europeo e per la Difesa
dei Diritti civili", ed in particolare sviluppandone ulteriormente
il punto n. 14, alcuni firmatari di quel documento hanno ritenuto necessario
ribadire tempestivamente quali siano i reali problemi che sorgono dall'integrazione
unionista, così come delineata nella Costituzione europea.
L'approvazione della Costituzione
europea e la rapidissima, semplificata procedura che si sta attuando per
la ratifica di questo capitale documento giuridico, ripropongono sino
alle sue più estreme conseguenze il problema di quale considerazione,
in Europa, venga attribuita alle libertà civili ed alle specificità
dei diritti nazionali.
Va premesso che uno degli aspetti
più singolari della Carta fondamentale europea aspetto
certamente foriero di sviluppi "imprevisti" è
quello dell'abnorme quantità di articoli che la compongono.
Trattandosi di un apparato normativo assolutamente spropositato rispetto
alle esigenze di dotare l'Unione di uno strumento di governo essenziale,
è ovvio che le motivazioni tecniche e "burocratiche"
fornite per giustificare la creazione di tale monstrum giuridico (448
articoli), non possono convincere.
In effetti, nell'articolato
modus operandi delle Comunità europee e dell'Unione, è ricorrente
la strategia di garantire alle istituzioni comuni ampi spazi interpretativi
ed operativi, controbilanciando peraltro le preoccupazioni suscitate con
norme programmatiche, a volte sostanzialmente retoriche, o comunque facilmente
aggirabili sia in linea di prassi, sia attraverso la giurisprudenza creativa
ed autocratica della Corte di giustizia dell'Unione europea.
Nel caso di specie, è
inevitabile che i principi generali della Costituzione U.E., quelli più
chiaramente pregnanti, prevarranno sia sulle disposizioni contraddittorie,
che su quelle programmatiche.
Non si può inoltre dimenticare
che i processi unionisti vengono da lontano, per gradi, corroborati da
un'impressionante mole di documentazione normativa, la cui densità,
irta di contraddizioni e di paradossi, scoraggia e spinge i più
ad acritiche adesioni.
Al fine dunque di orientarsi
nel caos giuridico unionista, è dunque opportuno scendere
sul terreno della normativa di settore, dove si può apprezzare
con metodica puntualità e concretezza quale sarà la reale
portata della nuova Costituzione europea.
Il
mandato di arresto europeo, il cui contenuto liberticida
si dà qui per noto, traduce in effetti ante litteram, con
rigore ineccepibile, una molteplicità di principi contenuti nella
Costituzione europea.
Così, ad esempio, si
può osservare come entrambi i documenti in questione consacrino
senza equivoci un principio apicale dell'integrazione unionista: le
decisioni giudiziarie straniere saranno pienamente ed immediatamente imperative
anche sul territorio degli altri Stati membri, in base al generalissimo
"principio di riconoscimento reciproco delle
sentenze e delle decisioni giudiziarie" (art. 270 Cost.).
Per effetto di questo riconoscimento,
si perviene al consequenziale risultato che un remoto giudice straniero
europeo, di Vilnius, esemplificando, potrà emettere un euromandato
nei confronti di un cittadino italiano persino con riferimento ad un reato
commesso in tutto o in parte in Italia (art. 4, c. 1, p. 7, lett. a),
della Decisione Quadro sul Mandato di arresto europeo, di seguito: M.
A. E.).
E' chiaro dunque quali poteri
di repressione e di controllo su scala continentale derivino da simili
previsioni, così come è chiaro che in un tale sistema le
sovranità e le Costituzioni nazionali sopravvivono solamente sulla
carta.
Queste abnormi previsioni si
giustificherebbero nell'ambito di un rapporto di "fiducia"
fra Stati membri, fiducia che non solo, come è noto, viene
posta alla base dell'Euromandato, ma che è stata solennemente scolpita
anche nella Costituzione europea (art. 42).
Che altro significa in diritto
penale il principio costituzionale europeo (apparentemente innocuo) della"fiducia"?
Significa ancora per
ragioni di simmetria con la competenza extraterritoriale che
si dovrà consentire l'applicazione fiduciaria,
o meglio, fideistica, ai cittadini dell'intera Europa, di innumerevoli
leggi straniere" (art. 2, c. 2 M.A.E.).
Ne
deriva, come si è denunciato, che "il cittadino innocente
(in base alla legalità italiana) potrà essere incarcerato
in forza di 24 legislazioni penali (per ora "solo"
24, in futuro molte di più) a
lui sconosciute" e ciò, si diceva, anche con riferimento
a condotte tenute in tutto o in parte in territorio italiano.
E' in effetti innegabile "che
nel sistema delineato dalla Decisione quadro U.E. (e dalla Costituzione
europea, si aggiunge) le libertà di tutti i cittadini appartenenti
all'Unione vengono esposte ad un pauroso salto nel buio".
La"fiducia" che la
Costituzione europea chiede agli Stati membri, comporta, per fare un ultimo
esempio, che il giudice o il pubblico
ministero straniero richiedenti la consegna di un italiano,
non debbono neppure motivare
la loro richiesta (art. 8 M.A.E.).
Ora, la previsione che decisioni
giudiziarie del tutto immotivate, e basate su ignote leggi straniere,
possano reciprocamente e sistematicamente imporsi sul territorio di altri
Paesi senza filtri di sorta in nome della fiducia fra Stati dell'U.E.,
incidendo drammaticamente sui diritti di libertà dei rispettivi
cittadini, è uno dei tanti, indiscutibili sintomi del fatto che
è ormai tramontata sia l'era degli Stati, sia, al contempo, persino
quella dei diritti fondamentali.
L'Europa unitaria cancella così,
assieme alle garanzie di libertà, i confini primo fra
tutti quello dell'obbligo di motivare i provvedimenti di restrizione della
libertà personale che delimitano ontologicamente il
diritto dall'arbitrio; l'azione penale, dalla repressione personale e/o
ideologica.
|
|
|