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La Costituzione Europea, ovvero la fine delle Costituzioni e degli Stati Nazionali

Segnalato da Centro Studi Giuseppe Federici

      Grassetti,corsivi, colori, parentesi quadre,
sottolineature e quanto scritto nello spazio
giallo sono, generalmente, della Redazione

       In continuità con il "Manifesto contro il Mandato d'arresto europeo e per la Difesa dei Diritti civili", ed in particolare sviluppandone ulteriormente il punto n. 14, alcuni firmatari di quel documento hanno ritenuto necessario ribadire tempestivamente quali siano i reali problemi che sorgono dall'integrazione unionista, così come delineata nella Costituzione europea.
       L'approvazione della Costituzione europea e la rapidissima, semplificata procedura che si sta attuando per la ratifica di questo capitale documento giuridico, ripropongono sino alle sue più estreme conseguenze il problema di quale considerazione, in Europa, venga attribuita alle libertà civili ed alle specificità dei diritti nazionali.
       Va premesso che uno degli aspetti più singolari della Carta fondamentale europea  —aspetto certamente foriero di sviluppi "imprevisti"—  è quello dell'abnorme quantità di articoli che la compongono. Trattandosi di un apparato normativo assolutamente spropositato rispetto alle esigenze di dotare l'Unione di uno strumento di governo essenziale, è ovvio che le motivazioni tecniche e "burocratiche" fornite per giustificare la creazione di tale monstrum giuridico (448 articoli), non possono convincere.
       In effetti, nell'articolato modus operandi delle Comunità europee e dell'Unione, è ricorrente la strategia di garantire alle istituzioni comuni ampi spazi interpretativi ed operativi, controbilanciando peraltro le preoccupazioni suscitate con norme programmatiche, a volte sostanzialmente retoriche, o comunque facilmente aggirabili sia in linea di prassi, sia attraverso la giurisprudenza creativa ed autocratica della Corte di giustizia dell'Unione europea.
       Nel caso di specie, è inevitabile che i principi generali della Costituzione U.E., quelli più chiaramente pregnanti, prevarranno sia sulle disposizioni contraddittorie, che su quelle programmatiche.
       Non si può inoltre dimenticare che i processi unionisti vengono da lontano, per gradi, corroborati da un'impressionante mole di documentazione normativa, la cui densità, irta di contraddizioni e di paradossi, scoraggia e spinge i più ad acritiche adesioni.
       Al fine dunque di orientarsi nel caos giuridico unionista, è dunque opportuno scendere sul terreno della normativa di settore, dove si può apprezzare con metodica puntualità e concretezza quale sarà la reale portata della nuova Costituzione europea.
       Il mandato di arresto europeo, il cui contenuto liberticida si dà qui per noto, traduce in effetti ante litteram, con rigore ineccepibile, una molteplicità di principi contenuti nella Costituzione europea.
       Così, ad esempio, si può osservare come entrambi i documenti in questione consacrino senza equivoci un principio apicale dell'integrazione unionista: le decisioni giudiziarie straniere saranno pienamente ed immediatamente imperative anche sul territorio degli altri Stati membri, in base al generalissimo "principio di riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie" (art. 270 Cost.).
       Per effetto di questo riconoscimento, si perviene al consequenziale risultato che un remoto giudice straniero europeo, di Vilnius, esemplificando, potrà emettere un euromandato nei confronti di un cittadino italiano persino con riferimento ad un reato commesso in tutto o in parte in Italia (art. 4, c. 1, p. 7, lett. a), della Decisione Quadro sul Mandato di arresto europeo, di seguito: M. A. E.).
       E' chiaro dunque quali poteri di repressione e di controllo su scala continentale derivino da simili previsioni, così come è chiaro che in un tale sistema le sovranità e le Costituzioni nazionali sopravvivono solamente sulla carta.
       Queste abnormi previsioni si giustificherebbero nell'ambito di un rapporto di "fiducia" fra Stati membri, fiducia che non solo, come è noto, viene posta alla base dell'Euromandato, ma che è stata solennemente scolpita anche nella Costituzione europea (art. 42).
       Che altro significa in diritto penale il principio costituzionale europeo (apparentemente innocuo) della"fiducia"?
       Significa ancora  —per ragioni di simmetria con la competenza extraterritoriale—  che si dovrà consentire l'applicazione fiduciaria, o meglio, fideistica, ai cittadini dell'intera Europa, di innumerevoli leggi straniere" (art. 2, c. 2 M.A.E.).
       Ne deriva, come si è denunciato, che "il cittadino innocente (in base alla legalità italiana) potrà essere incarcerato in forza di 24 legislazioni penali (per ora "solo" 24, in futuro molte di più) a lui sconosciute" e ciò, si diceva, anche con riferimento a condotte tenute in tutto o in parte in territorio italiano.
       E' in effetti innegabile "che nel sistema delineato dalla Decisione quadro U.E. (e dalla Costituzione europea, si aggiunge) le libertà di tutti i cittadini appartenenti all'Unione vengono esposte ad un pauroso salto nel buio".
       La"fiducia" che la Costituzione europea chiede agli Stati membri, comporta, per fare un ultimo esempio, che il giudice o il pubblico ministero straniero richiedenti la consegna di un italiano, non debbono neppure motivare la loro richiesta (art. 8 M.A.E.).
       Ora, la previsione che decisioni giudiziarie del tutto immotivate, e basate su ignote leggi straniere, possano reciprocamente e sistematicamente imporsi sul territorio di altri Paesi senza filtri di sorta in nome della fiducia fra Stati dell'U.E., incidendo drammaticamente sui diritti di libertà dei rispettivi cittadini, è uno dei tanti, indiscutibili sintomi del fatto che è ormai tramontata sia l'era degli Stati, sia, al contempo, persino quella dei diritti fondamentali.
       L'Europa unitaria cancella così, assieme alle garanzie di libertà, i confini  —primo fra tutti quello dell'obbligo di motivare i provvedimenti di restrizione della libertà personale—  che delimitano ontologicamente il diritto dall'arbitrio; l'azione penale, dalla repressione personale e/o ideologica.

 

 

 

 


      Altro principio cardine che illustra le intime concordanze fra il diritto costituzionale ed il diritto penale nell'ambito dell'Unione, è quello del divieto di attuare qualsivoglia tipo di discriminazione.
       L'art. 81 della Costituzione europea, da un lato, e dall'altro l'art. 2 del M.A.E. e l'art. 3 della proposta di Decisione quadro del 28.11.2001 in tema di "razzismo e xenofobia", elaborati dalla Commissione europea, fissano i principi fondanti la repressione dei reati di opinione in U.E...
       Utilizzando locuzioni sostanzialmente identiche a quelle impiegate dai redattori della Costituzione unitaria, la Commissione europea ha previsto, allo scopo appunto di impedire ogni discriminazione, che per "razzismo e xenofobia" si intende "il convincimento che la razza, il colore, la discendenza, la religione o i convincimenti, l'origine nazionale o l'origine etnica siano fattori determinanti per nutrire avversione nei confronti di singoli individui o di gruppi".
       Ora, il discrimen umano è etimologicamente l'atto del cogliere la differenza, cioè, in ultima analisi, la capacità di discernimento di cui ogni uomo dovrebbe essere dotato: pensare e discriminare rappresentano in tal senso un'endiadi.
       L'atto del discriminare, e dunque del distinguere, non può pertanto essere di per sé un delitto.
       Al contrario, nella prospettiva unionista ogni discriminazione che si manifesti in semplici, astratti convincimenti, o "peggio" in espresse forme di avversione, anche solamente ideale, diventa reato. Reato, dunque, l'avversare taluno non condividendone i principi morali, religiosi, non condividendone le idee politiche, o più in generale non condividendone "i convincimenti".
       Consacrando gli stessi principi a livello di Carta fondamentale, la Costituzione europea ribadisce il divieto di "qualsiasi forma di discriminazione fondata" fra l'altro su "la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura" (art. 81 Cost.).
       E' indiscutibile, in quest'ottica, che ogni contrasto fra diverse concezioni, persino politiche, cade sotto la scure del diritto penale; ogni identità, di "qualsiasi" natura, è negata nella misura in cui pretenda di contrapporsi ad altre identità.
       Si attua così a livello costituzionale, e di conseguenza giudiziario, una sorta di concordia ideale coatta fra uomini aventi opinioni religiose, politiche, culturali diverse.
       Tale normativa diviene pertanto applicabile a tutti, indistintamente, configurandosi per ciò stesso come strumento illimitato di repressione di qualunque pensiero venga ritenuto religiosamente, culturalmente, politicamente, idealmente scorretto.
       Prende dunque corpo e legittimità, a livello costituzionale e di normativa specifica europea, quello che è stato giustamente paragonato allo Psico-crimine di orwelliana memoria: non è il crimine comune dettato da futili ragioni di avversione ideale, religiosa, politica, razziale a cadere sotto la scure della legge, ma è lo stesso atto del distinguere, del pensare che viene cancellato dalla sfera delle libertà dell'uomo
       Tanto basti, un approfondimento ulteriore del tema richiederebbe una trattazione manualistica: è sufficiente avere qui evidenziato come si esplicitano, in termini tragicamente reali, le novità introdotte dalla Costituzione europea: e ciò al di là di ogni dubbio ed al di là delle interpretazioni e delle norme più o meno irenistiche desumibili dall'inesauribile fonte di argomenti contenuta nei già menzionati 448 articoli (si pensi, a titolo di es., al citato art. 270).

 

 

       Venendo ora ad una valutazione più generale del testo costituzionale europeo, va detto che a dispetto delle ostentate banalizzazioni filoeuropee e dei tranquillizzanti enunciati unionisti  —sempre rispettosi, a parole, delle Costituzioni degli Stati membri—  si verifica un mutamento epocale: le Costituzioni nazionali vengono declassate a legislazione di rango secondario non solo rispetto alla Costituzione europea, ma persino nei confronti di qualunque atto normativo dell'Unione.
       La portata giuridica dei provvedimenti unionisti diviene pertanto vastissima: "Gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dalla Costituzione o conseguenti agli atti delle istituzioni dell'Unione". (art. 5, c. 2 Cost. eur.) E ancora: "La Costituzione e il diritto adottato dalle istituzioni dell'Unione nell'esercizio delle competenze a questa attribuite prevalgono sul diritto (e dunque pure sulle Costituzioni) degli Stati membri." (art 6) .
       La problematica che ne consegue meriterebbe un esame più approfondito: si accenna qui brevemente, per ragioni di economia espositiva, all'articolo 14 della Costituzione europea, con cui l'Unione si attribuisce "competenza concorrente" in una materia che rappresenta il fondamento costituzionale -e storico- degli Stati membri: il diritto penale.
       Nonostante la Costituzione impieghi una terminologia che trae in inganno, tale competenza non è affatto "concorrente", atteso che in questo caso "Gli Stati membri esercitano la loro competenza nelle misura in cui l'Unione non ha esercitato la propria o ha deciso di cessare di esercitarla" (art. 12, c. 2). Una competenza che -se esercitata dall'Unione- esclude l'intervento degli Stati membri, è dunque in realtà una competenza esclusiva, e non concorrente.
       Questa premessa è ovviamente essenziale.
       Ora, la Costituzione europea attribuisce appunto all'U.E. una tale competenza nel settore dello "spazio di libertà, sicurezza e giustizia" (art. 14, c. 2 lett j)). Ne consegue pertanto che il diritto penale, massima espressione dei valori di libertà costituzionalmente garantiti, passa all'Unione (o meglio, ad un proteiforme, efficacissimo sistema sanzionatorio unionista) qualora quest'ultima lo decida e, sostanzialmente, nella misura in cui la medesima lo ritenga opportuno.
       Considerato che i diritti di libertà costituiscono il proprium di ogni Carta fondamentale, se ne deve dunque desumere che la Costituzione europea soppianta le Costituzioni nazionali, impossessandosi della loro stessa ragion d'essere.
       Similmente, le competenze generali di interesse comune in tema di difesa, di esteri e di sicurezza, cioè di interni, veri e propri punti chiave delle sovranità nazionali, passano all'Unione (art. 16).
       L'Europa dispone insomma di poteri d'imperio intesi in senso sostanziale, mentre le Costituzioni e le leggi nazionali divengono atti a contenuto formale.
       Come i poteri delle Regioni vengono disegnati dal potere centrale e debbono restare pur sempre, lo si voglia o meno, subordinati ai superiori interessi nazionali, così anche nell'Unione i poteri degli Stati membri saranno effettivi nei limiti in cui Bruxelles deciderà di allungare o accorciare il guinzaglio.
       Temendo fra l'altro la possibile concorrenza giurisdizionale delle Corti costituzionali nazionali, il compito di interpretare e far applicare la Carta fondamentale europea è stato coerentemente affidato alla Corte di giustizia dell'Unione (art. 29). L'impotenza degli Stati membri, a questo punto, diviene un dato pacifico ed imprescindibile.
       La Costituzione europea suggerisce dunque con chiarezza l'idea che i suoi redattori abbiano usato la tecnica di copiare l'assetto dei rapporti Stato/Regione, a livello Unione/Stati membri: nel Superstato continentale, pertanto, il nome e la struttura delle Nazioni continueranno ad esistere solo per ragioni di facciata...
Ciononostante è in atto una ratifica pressoché automatica della Costituzione europea.
       Con assoluta chiarezza non ci si può nascondere che simili interpretazioni, con tali premesse, sarebbero letteralmente eversive dell'ordinamento costituzionale italiano.
       Come già da tempo è stato rimarcato, la Costituzione europea determina "un'incontrollabile e definitiva emorragia di sovranità", e ciò "senza rispettare, nel caso del nostro Paese, le rigorosissime procedure previste dall'art. 138 della Costituzione italiana a tutela della ponderatezza e della democraticità di ogni modifica costituzionale".
       D'altronde questa evidenza è emersa più volte, sia pur in toni tranquillizzanti, dalle parole degli stessi attori dell'integrazione europea.

 

 

      Con l'approvazione della Costituzione europea e lo spostamento verso l'alto di poteri decisionali progressivamente -ma già compiutamente- totalizzanti, viene di fatto abrogata la Costituzione italiana, a partire dall'art. 1: la sovranità non appartiene più al popolo, ma all'Unione.
       Il popolo italiano, infatti, definitivamente ridotto a minoranza nel contesto europeo, non potrà più sottrarsi alle scelte unioniste: neppure, paradossalmente, se vi si opponesse compatto; neppure se si trattasse di contrastare decisioni chiaramente incivili, finalizzate alla soppressione dei più elementari diritti di libertà, come eloquentemente dimostra la menzionata, strettissima parentela giuridica ed ideale fra la Costituzione U.E. e l'Euromandato.
       In effetti, la classe politica è chiamata oggi ad un atto responsabile di approfondita discussione della Costituzione europea in base all'articolo 138 della nostra Costituzione. Non ad una banale, immeditata ratifica, al cui mistificante riparo concludere l'iter di liquidazione dello Stato italiano.
       Né si può da ultimo dimenticare che sorgono problemi ulteriori rispetto a quelli giuridici.
       Gravissime istanze di carattere etico, impongono infatti che i popoli non vivano nell'illusione di un'epoca ormai tramontata: la Costituzione europea segna, come mai sino ad oggi, lo spartiacque fra l'era degli Stati e delle Costituzioni nazionali, e l'era del Superstato europeo e della Costituzione europea.
       I popoli debbono esserne consapevoli: un consenso carpito con l'inganno non è consenso.
       Il sostanziale silenzio politico e mediatico che ha accompagnato l'approvazione della Carta fondamentale europea da parte di uno dei due rami del Parlamento, rappresenta in effetti un dato di estrema gravità.
       Sino ad oggi l'integrazione è proseguita nel solco di successive, felpate e più o meno misconosciute sottrazioni di sovranità nei confronti degli Stati membri: ora la Costituzione U.E. richiede, per la sua sconvolgente, storica portata, una inequivoca partecipazione popolare.
       Lo richiede quantomeno per un motivo, un motivo non irrilevante: perché in Europa il termine démos non può rappresentare un mero pretesto, un nudo nome.

A cura dell'
Associazione Nazionale
contro il Mandato d'arresto europeo e
per la Difesa dei Diritti civili

Via Ortaggi n. 8, 47900, Rimini

 

 

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