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MANIFESTO
Contro il mandato d'arresto europeo e per la difesa dei diritti civili

      Grassetti,corsivi, colori, parentesi quadre,
sottolineature e quanto scritto nello spazio
giallo sono, generalmente, della Redazione

       Giuristi, giornalisti, docenti, scrittori, nell'illustrare le ragioni del loro impegno civile invitano i cittadini italiani, tutti, ad approfondire il grave tema del Mandato di arresto europeo, la cui portata epocale è stata sino ad oggi misconosciuta, quando
non occultata, dai media.
       Le considerazioni che seguono, impongono anche una seria riflessione sull'attuale processo di costruzione dell'Europa e sui rischi derivanti dalla incombente approvazione di una costituzione europea. Costituzione che sottrarrebbe definitivamente enormi settori di potere alle sovranità nazionali, senza rispettare, nel caso del nostro Paese, le rigorosissime procedure previste dall'art. 138 della Costituzione italiana a tutela della ponderatezza e della democraticità di ogni modifica costituzionale.

 

 

 

 


       La Decisione Quadro "relativa al Mandato d'arresto europeo", varata dal Consiglio dell'Unione europea su proposta della Commissione europea il 13 giugno 2002, ha suscitato in molte persone di provata competenza gravi perplessità e, in autorevoli interventi, è stato dimostrato che essa rappresenta un gravissimo indebolimento dei diritti civili e democratici di cui attualmente godono i cittadini italiani. Se venisse approvata non è esagerato affermare che verrebbero messe a rischio le garanzie costituzionali poste attualmente alla base della nostra convivenza civile, aprendo la via a possibilità repressive senza precedenti, da parte di autorità lontane, anonime ed impersonali, in pratica incontrollabili. Queste possibilità, nell'ottica europea, sarebbero giustificate da un rapporto di reciproca "fiducia" degli Stati membri dell'U.E nei rispettivi sistemi giudiziari.
       Si tratta di una pretesa chiaramente inaccettabile, sia in termini giuridico-costituzionali, che politici: uno Stato sovrano non può rinunciare  —né nei casi particolari, né men che meno in termini generali—  ai diritti di libertà dei propri cittadini, consegnando gli stessi ad autorità straniere senza effettuare alcun controllo sulla fondatezza delle accuse loro mosse e sul tipo di reato loro contestato. D'altronde questa evidenza è tale che la natura liberticida del Mandato di arresto europeo è stata criticata
espressamente da angoli di visuale assai diversi: a partire dall'ex Presidente della Corte costituzionale italiana Vincenzo Caianiello,
per arrivare ad una parte significativa della sinistra italiana e francese, all'ex cancelliere dello Scacchiere del governo Major, lord Norman Lamont .

 

 

       Prima di venire ad un esame più puntuale del problema, va sottolineato un aspetto giuridico di vitale importanza: ai sensi dell'art. 34 del Trattato sull'Unione europea, se l'Italia recepisce la Decisione quadro sull'Euromandato resta vincolata al rispetto dei principi contenuti nella Decisione medesima. Per tale motivo, risulterebbe inutile, quando non dispersivo, approfondire nella seguente sintesi il contenuto delle proposte formulate dagli schieramenti politici nazionali.

 

 

       1) Il Mandato d'arresto europeo espone il cittadino italiano ai rigori di molteplici leggi straniere per fatti che il nostro diritto considera leciti. La relativa Decisione (art. 2, par. 2), infatti, abroga espressamente il fondamentale principio della doppia incriminabilità. In forza di tale principio l'Italia consegna i propri cittadini ad un altro Stato solo se il reato per cui si procede costituisce reato anche per la legge italiana e non solo per quella straniera.
       Grazie a detta abrogazione, dunque, attraverso un sostanziale venir meno del principio di legalità (art. 25 Cost.), il cittadino innocente (in base legalità italiana) potrà essere incarcerato in forza di 24 legislazioni penali (per ora "solo" 24, in futuro molte di più) a lui sconosciute.
       E' chiaro, in un'ottica più ampia e meno specialistica, che nel sistema delineato dalla Decisione quadro U.E. le libertà di tutti i cittadini appartenenti all'Unione vengono esposte ad un pauroso salto nel buio.
       L'obiezione dei proponenti per cui già esistono convenzioni in cui si prescinde dalla doppia incriminabilità, è di per sé inaccettabile: difatti, mentre oggi prescindere dalla doppia incriminabilità rappresenta una sporadica (e comunque, in generale, gravissima) eccezione al principio di legalità, nel sistema conseguente all'Euromandato assurgerebbe al rango di (anti) principio generale dell'ordinamento.

 

 

       2) Il Mandato d'arresto europeo vuole offrire la possibilità ad un giudice straniero di arrestare cittadini italiani (innocenti) anche per fatti compiuti in tutto o in parte in Italia. Esso infatti, per quanto i proponenti si preoccupino in ogni modo di negare questa imbarazzantissima evidenza, stabilisce che di massima (art. 4, c. 1, incipit e punto 7, lett a) salvo diversa decisione dell'autorità giudiziaria  —che peraltro in tal caso è tenuta a motivare il diniego (art. 17, comma 6)—  il cittadino va consegnato al giudice straniero anche per fatti che si considerino avvenuti in tutto o in parte in Italia, così sostanzialmente abolendo il principio del giudice naturale (art. 25, comma 1, Cost.).
       Correlato al punto precedente, questo principio comporta la
conseguenza paradossale che ogni italiano potrebbe essere arrestato e prelevato da un qualsiasi giudice o pubblico ministero di uno dei 24 Paesi dell'U.E. per ivi rispondere penalmente  —in base a leggi a lui ignote—  di un fatto lecito compiuto in tutto o in parte in Italia. Si tralasci il caso chiaramente pretestuoso di un Euromandato spiccato da un giudice straniero contro un cittadino italiano per un fatto lecito commesso integralmente in Italia. Si pensi, di contro, che persino restando in Italia è assolutamente comune mantenere una condotta che vada a prodursi, almeno in parte, su territorio straniero: tutti coloro che navigano in Internet, i politici, gli imprenditori, i giornalisti, possono agire, esprimere opinioni, effettuare operazioni (lecite nel nostro Paese, ma illecite altrove) i cui effetti (l'effetto è una frazione del reato), appunto, si producono almeno in parte all'estero, così sollecitando i minacciosi "interessi" di questo o quel magistrato straniero.

 

 

       3) Le fattispecie criminose per cui è possibile spiccare un euromandato non sono 32, ma innumerevoli.
       L'articolo 2 della Decisione quadro definisce le 32 fattispecie di reato che giustificherebbero l'applicazione del "Mandato d'arresto".
       Ebbene, la tradizione giuridica europea non può che inorridire di fronte alla grossolanità di chi ha redatto questa normativa: si individuano 32 tipologie di reato (e non 32 reati), ovviamente definite in modo talmente vago e generico che i comportamenti più disparati, ben diversi fra di loro  —ed a priori non identificabili in base all'art. 2—  potrebbero divenire penalmente perseguibili. Si tratta di una vera e propria "legge sui sospetti", che potrebbe praticamente permettere di perseguire penalmente chiunque, dal padre di famiglia, al direttore d'azienda, al giornalista, al politico.
       Infatti i crimini sono ad esempio così definiti: "razzismo e xenofobia" (xenofobia significa solo paura dello straniero), "criminalità informatica" (il possesso casuale di un programma informatico copiato ad esempio?), "favoreggiamento dell'ingresso e del soggiorno illegali" (una badante clandestina che cura un'anziana, potrà giustificare l'arresto?), "sabotaggio" (la partecipazione ad uno sciopero, chi ci garantisce che non venga considerata tale?). E' chiaro che questi titoli tanto generici permetteranno amplissime possibilità repressive, in quanto potranno essere tradotti in molti e diversi reati (nell'ambito del medesimo Stato), reati che a loro volta vanno moltiplicati per ben 25 diversi codici penali ed innumerevoli leggi speciali. Risulta ancora più chiaro, a questo punto, quali siano i rischi connessi alla citata abolizione della doppia incriminabilità.
       Tralasciando ogni valutazione che non sia di natura giuridica, il caso della scrittrice Oriana Fallaci, processata per ben due volte in Francia e condannata in Svizzera per il noto libro "La rabbia e l'orgoglio", ed oggi denunciata in Italia a causa della sua ultima opera, "La forza della ragione", dà in definitiva ed in concreto un'idea di quale enorme potere repressivo verrebbe scatenato adottando su scala continentale il Mandato di arresto europeo.

 

 

       4) Il Mandato d'arresto europeo si risolve in una semplice consegna dell'accusato, in quanto deve venire eseguito anche se contro quest'ultimo non esiste la minima prova. Infatti l'indicazione degli indizi di colpevolezza non solo non è prevista (art. 8), ma è addirittura esclusa dalla modulistica allegata alla Decisione, che non concede spazio alcuno ad una sia pur sommaria valutazione delle prove a carico dell'accusato: è sufficiente che il giudice o il pubblico ministero straniero indichi i fatti (che potrebbero essere paradossalmente persino inventati) "giustificanti" la richiesta di consegna dell'accusato.
       In assenza di motivazione, pertanto, anche l'accusa più infondata e pretestuosa può portare all'arresto ed alla traduzione del cittadino italiano in un altro Stato. Viene qui meno, pertanto, la garanzia di cui all'art 13 della Costituzione, in base al quale ogni atto che limiti la libertà dei cittadini deve essere motivato. I proponenti, d'altronde, lo hanno esplicitamente riconosciuto: spetta al giudice straniero  —e non a quello italiano—  valutare se vi sia almeno un minimum di prove a carico dell'accusato. Questa rinuncia ad una valutazione delle prove comporta inoltre uno svuotamento di significato dell'articolo 26, 1° comma, della stessa Costituzione italiana, perché ad un sistema in cui l'estradizione del cittadino è eccezionale, si sostituisce una consegna praticamente automatica dello stesso all'autorità straniera. Ora, l'estradizione differisce dalla consegna in quanto appunto mentre la prima comporta la necessità per lo Stato richiedente di motivare le proprie pretese e per lo Stato richiesto di controllare la fondatezza delle prove su cui si basano le accuse mosse all'estradando, la seconda viene invece effettuata senza compiere questi essenziali controlli. Con simili premesse ogni abuso diventa possibile.

 

 

       5) Il Mandato d'arresto europeo toglie praticamente di mezzo la figura dell'avvocato difensore, che, non potendo né interloquire sugli indizi di colpevolezza, né addurre l'eventuale violazione del principio di doppia incriminabilità, né eccepire il carattere politico del reato (ché anzi i reati politici e di opinione, come si vedrà, sono particolarmente nel mirino della proposta europeista), non si capisce cosa ci stia a fare. Il suo ruolo è infatti talmente ridotto da poter servire solo a gettare polvere negli occhi, facendo credere al pubblico che esiste ancora un diritto alla difesa. Comunque, significativamente, questo simulacro di difensore perde il suo nome programmatico e viene definito all'art. 11 "consulente legale".

 

 

       6) Il sequestro dei beni del malcapitato che incappasse nell'Euromandato garantisce l'impotenza dell'arrestato, che, spogliato di ogni proprio avere da un magistrato straniero, potrà essere ridotto alla disperazione. Basandosi sul solito principio della reciproca fiducia in materia giudiziaria, il Consiglio ha infatti adottato una decisione quadro in materia di "blocco dei beni o di sequestro probatorio" in data 22 luglio 2003, che prevede, fra l'altro, il sequestro "per la successiva confisca dei beni" (art. 3, comma 1, lett. b)). Anche qui è espressamente specificato che per il sequestro non serva la doppia incriminabilità (v. prec. punto n. 1). Anche qui il giudice italiano non può fare obiezioni di merito e persino a fronte di un sequestro pretestuoso deve solo, di regola, eseguirlo. Per quali puntuali motivi si darà luogo a confisca? Aperta la strada ad una confisca di cui non si conoscono a priori i confini ed i reali motivi, è chiaro quali potenzialità repressive si schiudano. A mero titolo di esempio, si pensi che in Italia la famigerata legge Mancino (L. n. 205/1993) —che non a caso si ispira a modelli repressivi transnazionali contrari alla nostra tradizione giuridica—  sanziona l'appartenenza ad organizzazioni colpevoli di reati di mera opinione con la confisca (anche) dell'alloggio del "reprobo": è sufficiente che in quell'alloggio si trovino determinati strumenti idonei ad offendere: ad es. un coltello da cucina (!). Se il "criminale" viene giudicato in patria, simili norme pretestuose, finalizzate esclusivamente all'annichilimento dell'avversario, vengono sterilizzate o comunque rese scarsamente offensive dal controllo dell'opinione pubblica. Esse diverrebbero però pienamente operative se a giudicare fosse un magistrato straniero, svincolato da ogni controllo sociale. A ciò si aggiunga che in Italia, fortunatamente, previsioni quali quelle della legge Mancino rappresentano un'eccezione. E nel resto d'Europa.?

 

 

       7) Il Mandato di arresto europeo per quanto sovversivo delle garanzie giuridiche possa apparire, non è che il preludio di un sistema automatico di consegna degli accusati e dei condannati a qualsiasi autorità giudiziaria dell'Unione europea per qualsivoglia accusa. Questo sconvolgente programma, che costituisce un formale impegno per tutti gli Stati che in qualsiasi modo vi aderiscano, è esplicitamente enunciato, pur fra molte proteste del tutto generiche, e quindi meramente retoriche, di "rispetto dei diritti fondamentali", dal 5° dei 13 "consideranda" che precedono il testo normativo del Mandato di arresto. In esso infatti si legge: "L'obiettivo dell'Unione di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, comporta la soppressione dell'estradizione fra Stati membri che deve essere sostituita da un sistema di consegna tra autorità giudiziarie", pervenendo in conclusione ad "un sistema di libera circolazione delle decisioni giudiziarie in materia penale.".
A questo punto le sovranità nazionali e le libertà civili non esisterebbero più, se non sulla carta.

 

 

       8) L'esecuzione di un Mandato di arresto europeo si può risolvere in una vera e propria deportazione. E' questa la considerazione che discende con tutta evidenza dai precedenti punti. Per rendersi conto di quanto essa sia inconfutabile, è sufficiente pensare alla situazione di un cittadino italiano prelevato e trasportato in qualche carcere di un Paese straniero di cui ignora totalmente la lingua, dove non conosce nessuno e nessuno sa chi egli sia e si preoccupa del suo destino, dove non sa a chi rivolgersi per la difesa e, se pur gli è assegnato un avvocato, né egli lo capisce, né l'avvocato capisce lui. Le sole difficoltà economiche in cui verrebbe a trovarsi sarebbero, di regola, sufficienti a precludergli ogni seria speranza di difesa. L'"euroarrestato", quand'anche in Italia fosse il primo dei penalisti, nulla saprebbe delle leggi del Paese nelle cui carceri è detenuto. Presto dimenticato anche nella sua ormai lontanissima patria, rischierebbe di scomparire nell'ignoto.
Alla luce di tutto quanto sin qui esposto, ci si trova, in definitiva, in presenza di una sistematica violazione dell'art. 24, 2° comma ("La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento") e dell'intero art. 111 della Costituzione italiana, recentemente riformato all'insegna del "giusto processo". La sola prospettiva di essere sottoposti a simili rischi basterebbe a creare un clima di terrorismo psicologico capace di garantire un controllo pressoché assoluto sulla società civile, così impedendo
ogni libertà.

 

 

       9) I popoli vengono tenuti all'oscuro sulla sconvolgente portata del Mandato di arresto europeo. Il Mandato d'arresto verrebbe adottato (e in molti paesi è stato già recepito) senza nessun vero dibattito pubblico, senza nessun coinvolgimento ed informazione dei cittadini, in un complice e sospetto silenzio della stampa e dei grandi mezzi di comunicazione. Vi sono  —come chiunque può verificare di persona con poche domande—  innumerevoli avvocati, magistrati, addetti delle forze dell'ordine, persone impiegate ad ogni livello nelle più diverse ed anche importanti attività, che non sanno dire nulla di preciso sul contenuto del "Mandato d'arresto europeo". Il popolo italiano verrebbe scavalcato dalle proposte (di fatto sono ben più che semplici proposte) di pochi tecnocrati di Bruxelles, non eletti dai cittadini: in condizioni di omertoso silenzio e di totale manipolazione delle opinioni pubbliche. Prima che il Parlamento si pronunci occorre che i cittadini sappiano, che si abbia un dibattito pubblico intenso e franco, che le persone vengano rese edotte dei gravissimi rischi inevitabilmente connessi anche al miglior tipo di adattamento della legge sul "Mandato d'arresto".

 

 

       10) Il Mandato d'arresto europeo mostra che le decisioni prese a Bruxelles possono ledere diritti fondamentali, scavalcando persino Parlamenti e Costituzioni nazionali. L'introduzione del Mandato d'arresto europeo (ma lo stesso discorso vale per moltissime altre normative imposte da Bruxelles agli ignari popoli europei) configura la violazione di principi e garanzie fondamentali statuiti dalla Costituzione italiana e rivela la gravità di quello che in gergo viene chiamato "deficit di democrazia" della U.E., consistente anzitutto nel fatto che sistematicamente i tecnici ed i funzionari della Commissione Europea (non eletti e non conosciuti dai cittadini degli Stati europei) producono, a ritmo frenetico, migliaia di pagine di nuove proposte normative, che poi vengono presentate per l'approvazione al Consiglio dell'Unione (che riunisce i ministri nazionali competenti per la materia trattata). In tal modo, ed in base ad altre analoghe procedure, un rappresentante dell'esecutivo, avallando a Bruxelles una proposta europea di cui spesso ignora la vera portata, impegna tutto il suo paese a recepire normative-capestro che possono alterare o cancellare più di un articolo delle costituzioni o delle leggi nazionali. Né si dimentichi che in seno all'U.E. il Parlamento europeo, che è l'unica istituzione eletta democraticamente, ha un ruolo del tutto marginale.

 

 

       11) Fra le elasticissime figure di reato punibili, è previsto di fatto anche il reato di pensiero. Questa aberrazione giuridica è raggiunta dalla diciassettesima fattispecie del già citato art. 2: "razzismo e xenofobia", in cui praticamente qualunque opinione non perfettamente "politically correct" può esporre al rischio della persecuzione giudiziaria. Infatti, in base all'ennesima proposta di decisione quadro, sempre della Commissione europea (del 28 novembre 2001: articolo 3, primo comma, lettera a), si stabilisce che "per razzismo e xenofobia" debba intendersi "il convincimento che la razza, il colore, la discendenza, la religione o i convincimenti, l'origine nazionale o l'origine etnica siano fattori determinanti per nutrire avversione nei confronti di singoli o di gruppi". Dunque, l'opinione che la religione o le idee siano fattori determinanti per nutrire avversione verso un gruppo, giustificherebbe di fatto l'arresto del "reo", che verrebbe tradotto in un altro paese, con conseguenze morali, giuridiche e materiali catastrofiche. Siamo alla più conclamata ed incredibile forma di persecuzione e condanna delle idee, del pensiero: viene difatti criminalizzato il semplice "possesso" di "convincimenti", ovvero di idee e opinioni intime e personali e in nessun modo tradottesi in comportamenti aventi, eventualmente, effettiva rilevanza penale.
       La libertà di pensiero e di manifestazione dello stesso (art. 21 Cost.) verrebbe definitivamente sepolta, e con lei anche il divieto costituzionale di estradizione dei cittadini italiani per reati politici (art. 26, c. 2, Cost.).

 

 

       12) Il Mandato d'arresto europeo si fonda su un uso eccessivo, sproporzionato e liberticida della minaccia terroristica. La minaccia del terrorismo, utilizzata dall'11 settembre 2001 in poi come convincente strumento di pressione per introdurre l'Euromandato, non può e non deve giustificare, in linea di principio, alcuna diminuzione dei diritti civili fondamentali; non può minare una Costituzione e svilire le garanzie che questa statuisce per i cittadini di uno Stato sovrano.Tanto più che l'enunciato scopo di permettere a Stati stranieri interferenze —anche pretestuose, in quanto immotivate ed insindacabili nel merito— sulla libertà e sulle proprietà di cittadini di altre Nazioni, rappresenta non solo il funerale della sovranità dei singoli Stati, ma anche l'implicita ammissione del fatto che sta sviluppandosi un efficiente sistema di deportazione, sia pur coperto da un diverso nomen iuris. Spaventa la frettolosità con cui l'Unione europea, nonché prima di lei gli U.S.A. e la G.B. (si pensi al "Terrorism Act" e alla recente richiesta di Blair di avere processi segreti contro chi è accusato di terrorismo), si sono lanciati a varare leggi fortemente restrittive dei diritti fondamentali e della libertà d'opinione, in particolare con la scusa del terrorismo.

 

 

       13) Sino ad oggi, alla luce dell'ordinamento costituzionale italiano, il Mandato di arresto europeo non ha valore imperativo: recepirlo anche solo in parte equivale però a recepirlo integralmente! Per questa ragione va respinto in toto. In effetti il Governo italiano ha assunto un impegno, in sede europea, a recepire l'Euromandato. Stando ad una lettura costituzionalmente eversiva dell'art. 34 del Trattato sull'Unione europea, l'Italia sarebbe ormai tenuta dal menzionato impegno (ottenuto fra l'altro obtorto collo) a recepire senz'altro lo sconvolgente istituto in esame. Di contro è evidente che l'obbligo di recepimento va letto alla luce dell'ordinamento costituzionale italiano, in base al quale è il Parlamento sovrano a dover esprimere l'ultima parola su questo tema. Né il Potere esecutivo, né men che meno, come è avvenuto, uno o alcuni membri del Potere medesimo, hannoalcuna, si badi, alcuna legittimazione, a sostituire il Parlamento in scelte quale quella in questione. Questa materia è coperta fra l'altro da riserva assoluta di legge ed è pertanto è rimessa dalla Costituzione all'insindacabile (e non coercibile!) valutazione finale delle Camere. Tanto premesso, se il Parlamento accogliesse l'Euromandato, sia pur adattandolo ai principi costituzionali e di civiltà del diritto penale, sorgerebbe un gravissimo pericolo: a questo punto, infatti, lo Stato italiano avrebbe recepito almeno in parte l'Euromandato, in tal modo riconoscendone il pieno valore vincolante ai sensi del citato art. 34. Sorgerebbe allora una responsabilità giuridica internazionale: l'Italia potrebbe venir condannata dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, in quanto pur avendo accettato integralmente la Decisione quadro (art. 34 cit.), la avrebbe al contempo recepita solo in parte. Tutti gli argini eventualmente posti dall'Italia potrebbero così cadere uno dopo l'altro, ed il Mandato divenire operativo in tutte le sue conseguenze (art. 35 del citato Trattato). La soluzione più ragionevole è pertanto quella di opporre un totale, pieno, assoluto "no" ad un simile liberticidio. Su eventuali obiezioni e dubbi che dovessero sorgere, prevalgono infatti  —oltre al surriferito argomento relativo alla preminenza della sovranità parlamentare—  la considerazione che i diritti fondamentali di libertà, attesa la loro peculiare natura, non sono in alcun modo riformabili dal Parlamento: neppure con le forme previste per le modifiche della Costituzione (art. 138 Cost.), come hanno avuto occasione di evidenziare in più d'una circostanza la stessa Corte costituzionale e la dottrina di settore.

 

 

       14) La nascente Costituzione europea incombe sulle sovranità nazionali e sulle libertà civili come un novello cavallo di Troia. Un ultimo pericolo preme qui evidenziare: l'approvazione della Costituzione europea (v. art. 10, in particolare) sta svuotando di contenuto la Costituzione italiana (e quelle nazionali di tutt'Europa, ovviamente) in spregio alle rigide procedure di modifica costituzionale previste dal già citato art. 138 Cost. Tutto va oggi in questo senso: il caso paradigmatico del Mandato di arresto europeo dovrebbe indurre ad inquietanti riflessioni. In materia penale, oltretutto, il modello repressivo dell'Euromandato rappresenta solo il culmine di uno stillicidio di anti-principi giuridici che quasi con noncuranza vengono inseriti nelle proposte normative europee, sempre più sistematicamente orientate in senso puramente repressivo. Se la Costituzione europea venisse approvata, ne deriverebbe un'incontrollabile e definitiva emorragia di sovranità. L'equivoco di fondo dell'Unione europea è proprio questo: sta crescendo un formidabile Superstato, che però  —mentre si accinge a ridurre ad un tragico simulacro le sovranità nazionali—  nega espressamente ed insidiosamente di essere tale. Sorge pertanto una gravissima questione: è necessario che prima di cedere integralmente la Sovranità italiana all'Unione europea, il Parlamento ed il Governo italiani approfondiscano seriamente le implicazioni costituzionali di diritto interno connesse all'approvazione di una Supercostituzione Transnazionale, valutando le responsabilità morali, giuridiche e storiche, che ne conseguirebbero. Senza dimenticare l'assoluta gravità delle mire liberticide di cui gli organi europeisti hanno dato eloquentissima prova con la Decisione quadro qui esaminata.

A cura dell'
Associazione Nazionale
contro il Mandato d'arresto europeo e
per la Difesa dei Diritti civili

Via Ortaggi n. 8, 47900, Rimini

 

 

Associazione Nazionale contro il Mandato d'arresto europeo e
per la Difesa dei Diritti civili
Via Ortaggi n. 8, 47900, Rimini

MANIFESTO
CONTRO IL MANDATO D'ARRESTO EUROPEO
E PER LA DIFESA DEI DIRITTI CIVILI

ADERISCONO:
GIANO ACCAME, storico, giornalista
CARLO ALBERTO AGNOLI, magistrato
FRANCESCO MARIO AGNOLI, magistrato
ALFONS BENEDIKTER, confondatore dell'S.V.P., giurista
GIOVANNI BEVERINI, avvocato
PAOLO BOGGIANO, avvocato
MIRELLA BOTTO, avvocato
GIUSEPPE CANONICO, magistrato
FRANCESCO CIANCIARELLI, docente universitario
ANTONIO CORADELLO, avvocato
ANDREA DALLEDONNE, docente universitario
RAUL CUNEO, avvocato
MATTEO D'AMICO, docente e scrittore
ALFONSO D'AVINO, magistrato
MASSIMO DE LEONARDIS, docente universitario
LUIGI DEL PACCHIA, avvocato
MARCO DELUCCHI BARONI, avvocato
FRANCESCO DEMARTINI, avvocato
ANDREA DI FRANCIA, avvocato
LUCIANO GARIBALDI, storico e giornalista
GIUSEPPE IACOPETTI, avvocato
ALFIO KRANCIC, giornalista e vignettista
PAOLO KUSMIC, avvocato
PATRIZIA LARDONI, avvocato
MASSIMO MALLUCCI DE MULUCCI, avvocato
PINO MORANDINI, magistrato amministrativo, consigliere U.d.C. della P.A.T.
EDOARDO MORI, magistrato
EUGENIO PENSINI, avvocato
ETTORE RANDAZZO, avvocato
ROBI RONZA, giornalista, scrittore
ANTONIO SEGALERBA, avvocato
MARIO SOSSI, magistrato
BRUNO TARQUINI, scrittore, già Procuratore generale presso la Corte d'Appello de L'Aquila
ANDREA TRUNZO, co-curatore di giustiziaeuropea.it, redattore capo di IN-Giustizia
ROBERTO VITTUCCI RIGHINI DI SANT'ALBINO, avvocato
VITOGIANCARLO VITTUCCI RIGHINI DI SANT'ALBINO, avvocato
PIERO VASSALLO, filosofo, giornalista

 

 

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