APPENDICE
SORPRESA. SI STA TENTANDO PERSINO
DI DEMOLIRE LA COSTITUZIONE CON LEGGE ORDINARIA
Poco dopo l'ultimazione
di questo studio abbiamo appreso che si sta tentando di far passare alla
chetichella il mandato di arresto europeo con legge ordinaria, quasi si
trattasse di una normativa in materia di caccia e pesca, mentre abbiamo
dimostrato - come del resto risulta dalla dichiarazione Berlusconi-Verhofstadt
riportata al capitolo III della III sezione - quanto profondamente, anzi
radicalmente, esso incida su tutto il nostro assetto costituzionale (si
vedano in particolare i capitoli II, XV E XVIII della citata III sezione).
A questo riguardo ci pare
opportuno ricordare che alterare la Costituzione senza ricorrere alla
procedura di cui all'art. 138 Cost., significa incorrere nel delitto di
attentato alla Costituzione, previsto dall'art. 283 del codice penale,
che recita:
"Chiunque commette un fatto
diretto a modificare la Costituzione delle Stato, o la forma del Governo
con mezzi non consentiti dall'ordinamento costituzionale dello Stato,
è punito con la reclusione non inferiore a 12 anni".
Ora, fra i "mezzi non consentiti
dall'ordinamento costituzionale dello Stato" per modificare la Costituzione
vi è indubbiamente quello di modificarla violando le procedure
stabilite dal detto articolo 138 di quella Carta.
Per completezza non si può
dimenticare che la Costituzione viene periodicamente stravolta nel proprio
significato e nella propria portata da orientamenti servilmente finalizzati
a trovare un sia pur improponibile appiglio alle usurpazioni comunitarie.
In tal senso può essere utile ricordare che la Carta fondamentale
prevede che lo Stato italiano possa consentire le limitazioni della propria
sovranità che siano "necessarie ad un ordinamento che assicuri
la pace e la giustizia fra le nazioni" (art. 11 Cost.).
Anzitutto questa ipotesi è
espressamente prevista nell'ambito del principio per cui si "ripudia
la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli
e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali" (art.
11 Cost). Si tratta perciò di una fattispecie che nulla ha a che
vedere direttamente con il problema del mandato di arresto nell'ambito
dell'U.E.. Una connessione indiretta invece esiste, ma se si ragiona in
termini di connessione indiretta, dato che ogni istituto giuridico ha
una funzione sociale positiva che per propria intrinseca natura refluisce
poi sulla società, sull'intera nazione e infine sui rapporti fra
nazione e nazione, e atteso ancora che la pace la si costruisce dall'individuo,
seguendo questo ragionamento, in nome dell'art. 11 si può fare
di tutto. Il che è semplicemente assurdo.
Del pari pretestuoso sarebbe
richiamarsi all'art. 10 della Cost., che prevede il conformarsi dell'ordinamento
italiano "alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute":
anche qui l'art. 10 non ha nulla a che vedere con il mandato di arresto
europeo, dato che si sta parlando di norme di diritto internazionale consuetudinario
(generalmente riconosciute), e non di norme convenzionali, le quali
per loro natura non sono generalmente riconosciute bensì vincolano
solamente gli Stati contraenti.
Di più, è inammissibile
persino sostenere che in questa specifica materia siano possibili modifiche
costituzionali tanto eversive, sia pure nel rispetto dell'art. 138 Cost..
Se infatti si considera
che le costituzioni moderne nascono in primo luogo proprio per garantire
i diritti minimi di libertà del cittadino dall'ingerenza del sovrano,
ne consegue che demolire le tutele del diritto penale equivale ad annullare
la stessa ragion d'essere della Costituzione, violando quei diritti fondamentali
di libertà che secondo l'opinione più autorevole (anche
di autori di impostazione marxista) non possono essere intaccati nella
loro sostanza neppure con legge di revisione costituzionale.
UN'UTILE PRECISAZIONE:
IL MANDATO EUROPEISTA È UNA CLUSTER-BOMB
Il rilievo
che abbiamo formulato nel corso del XXVI capitolo, osservando che il legislatore
europeista "nella sua smania di onnipotenza non si accontenta
di un sol colpo mortale
ma ne vuole parecchi", suggerisce
a chiunque in nome delle libertà fondamentali voglia opporsi al
recepimento della decisione quadro in questione, una regola di condotta
di capitale importanza, e cioè: con questo testo legislativo
non esistono soluzioni di compromesso. Esso va respinto in blocco perché
improntato a princìpi tutti univocamente e radicalmente liberticidi
anche se presi singolarmente.
Ci troviamo, per così
dire, di fronte a qualcosa di simile a una "cluster bomb" e
cioè a uno di quei perversi ordigni escogitati dalla tecnica bellica
moderna che, sganciati da un aeroplano, si aprono disseminando su largo
raggio una molteplicità di ordigni minori, ognuno dei quali è
pronto ad esplodere al contatto di qualunque sventurato vi incappi, cagionandone
la morte o comunque procurandogli gravissime lesioni.
Per un'esigenza di chiarezza
e di sintesi riportiamo un elenco che speriamo completo - nel gran marasma
qualcosa potrebbe esserci sfuggito - delle sovversive innovazioni contenute
in quel documento, anche correlate ai testi che lo completano o cui comunque
fa riferimento:
1)
abolizione del principio della doppia punibilità;
2)
abolizione del principio della competenza territoriale e di riflesso di
quello della competenza per materia;
3)
pratica eliminazione di ogni facoltà di controllo da parte del
giudice del Paese cui l'estradizione è richiesta;
4)
sequestro dei beni dell'inquisito onde privarlo della possibilità
di difendersi;
5)
soppressione della condizione che l'estradato non sia giudicato per fatto
diverso anteriore a quello per cui l'estradizione è concessa;
6)
totale abrogazione in ambito comunitario del principio generale del divieto
di estradizione del cittadino (art. 5, primo comma, Costituzione);
7)
soppressione del divieto costituzionale di estradizione per reati politici;
8)
enunciazione, al famigerato articolo 2, di una lunga serie di figure di
reato di straordinaria genericità ed ampiezza (ne abbiamo prese
in considerazione solo alcune) suscettibile di indeterminate applicazioni;
tali figure sono sufficienti, di per sé, a scardinare, anche a
prescindere dall'abrogazione della regola della doppia punibilità,
i fondamentali principi di legalità e tassatività della
norma penale.
Tutti questi capi vanno correlati
all'annunciato, programmato traguardo (vedi cap. 1 di questa terza parte)
della "soppressione dell'estradizione" e della
sostituzione della stessa con un "sistema di consegna fra autorità
giudiziarie" e quindi all'esecuzione indiscriminata e automatica
di qualunque provvedimento di carcerazione nei confronti di un qualsiasi
cittadino, o comunque residente nello Stato, emesso da qualsiasi giudice
dell'area comunitaria.
Se anche l'U.E. rettificasse
il tiro, se mutasse radicalmente l'impostazione del sistema così
configurato, creando un codice penale e (necessariamente anche) di procedura
penale europei preciso, puntuale, democraticamente approvato (democrazia?
Quando mai in U.E. i popoli contano qualcosa?) nel pieno rispetto di
tutti i principi di civiltà esaminati nella presente trattazione,
e si tenesse per ferma solo la regola per cui un giudice, poniamo, tedesco,
può chiamare di fronte a sé un cittadino francese e giudicarlo
per fatti commessi in Francia, ebbene, ciò sarebbe sufficiente
per proclamare la fine del diritto penale e l'inizio di un sistema di
deportazioni sistematiche e di corruzione dei magistrati che - coperti
dai potentati egemoni - siano pronti a mettersi in vendita per convinzione
ideale o dietro compenso venale: il continente è grande.
Non è inutile ricordare
ancora una volta cosa significhi deportazione: piccoli mutamenti di vita
sono sufficienti a far perdere le coordinate
figurarsi lo stato
d'animo di una persona che si trova sotto la minaccia di una condanna
penale, deportata, ignara della lingua del Paese che lo accusa, senza
sostegno privato né, eventualmente, pubblico, magari senza mezzi
economici per difendersi, nelle mani di un avvocato di cui non può
avere fiducia per il semplice fatto che di lui non sa nulla
la prospettiva
è quella di scomparire fagocitato in un sistema carcerario di tipo
orwelliano. Sarebbe, si ripete, la fine del diritto penale.
Enormità siffatte
rivelano nel legislatore europeista una mentalità così inauditamente
dispotica e perversamente liberticida ed un così profondo disprezzo
per l'uomo, i suoi diritti e la sua dignità, da imporre un serio
necessario ripensamento sull'intera architettura dell'U.E. Essa infatti
deve essere uno spazio di libertà e giustizia vera e non derisoria;
con decisioni e riforme caute, rispettose e introdotte alla luce del sole
e non decise in oscuri conciliaboli di tecnocrati e banchieri mossi da
delirio di onnipotenza.
Alla luce di un panorama così
inquietante è impossibile non chiedersi chi, come persona - i componenti
di quale lobby, intesi come singoli individui - abbia pianificato una
simile mostruosità.
IL CASO DUTROUX: LE LOBBIES
EUROPEDOFILE ED IL LORO CONTROLLO SU POLIZIA E MAGISTRATURA IN UN ARTICOLO
DEL NOTO GIORNALISTA MAURIZIO BLONDET
Senza commenti
si riporta di seguito un interessante articolo di Maurizio Blondet, apparso
sul mensile cattolico "Il Timone" n. 7 maggio -giugno 2000 (anno
II) ai tempi della famosa vicenda Haider:
""Neonazista io?
A Bruxelles si preoccupino dei loro pedofili". Così Joerg
Haider, il capo del partito di destra che ha conquistato un quarto dei
voti in Austria, ha rimbeccato al corale ostracismo che s'è levato
contro di lui nell'Unione Europea (di cui Bruxelles è capitale).
Un'allusione velenosa, che ha toccato un punto assai grave - e misterioso
- del potere europeo.
Avverto: quel che vi racconto
non vi piacerà. Entriamo in un settore oscuro della realtà,
che è perfino difficile capire. Il peso dell'allusione del tribuno
austriaco sarà infatti incomprensibile ai più, ma milioni
di belgi sono in grado di capirlo perfettamente. Il 20 ottobre 1996, 350
mila belgi hanno sfilato in silenzio per Bruxelles, in memoria di quattro
bambine uccise da un pedofilo di nome Marc Dutroux, arrestato nell'agosto,
e per protesta contro la strana inerzia con cui erano state condotte le
indagini.
Marc Dutroux, elettricista disoccupato,
era ricchissimo. Possedeva diversi automezzi e almeno sei abitazioni,
alcune con giardino, in cui aveva sepolto le sue piccole vittime. In una
di queste case sono state trovate 600 videocassette porno, in cui si vedono
Dutroux, sua moglie "e altre persone non identificate" stuprare
e torturare bambini di sei-otto anni. Nel mercato clandestino questi video
si vendevano a 40 - 80 milioni di lire l'uno.
Recidivo, già condannato
per pedofilia nel 1989 a 13 anni (ma solo tre scontati), Dutroux ha potuto
compiere i suoi delitti per anni, indisturbato. I vicini di una delle
sue case, a Marcinelle, avevano spesso protestato senza che la polizia
intervenisse per gli allarmanti rumori che provenivano da quella casa;
a Sars-La Broussière (altro domicilio di Dutroux), i vicini avevano
chiesto (invano) l'intervento degli agenti per gli scavi, con una pala
meccanica, che l'individuo compiva nel suo giardino: stava scavando le
fosse per i piccoli cadaveri; come si saprà poi.
Dutroux agiva alla luce del
sole, come se potesse contare su potenti protettori. Di fatto - come hanno
dimostrato le successive indagini - la polizia sapeva molto di più.
Due settimane dopo la scomparsa da casa di Juliette e Melissa, due ragazzine
finite nel mattatoio del pedofilo, circolava negli ambienti investigativi
belgi un documento riservato, da cui risultava che Dutroux aveva proposto
a uno dei suoi loschi amici (un confidente) di rapire due minorenni. Nel
documento, si indicava inoltre che ad uno dei suoi indirizzi il criminale
stava costruendo dei sotterranei segreti.
Nel rapporto risulta anche un
indirizzo: Avenue de Philippeville 128, dove - troppo tardi - si scoprirà
la prigione in cui erano state tenute Juliette e Melissa, prima di essere
uccise e bruciate.
Il 25 agosto (le due ragazzine
erano scomparse da due mesi), infine, la "gendarmerie" belga
dirama un ordine di ricerca per Dutroux. Ma il mandato sottolinea che
la ricerca "non è urgente". Passano altri due mesi, durante
i quali Dutroux, ufficialmente (e debolmente) ricercato, può continuare
a nascondere le due ragazzine, a rapirne due altre, Eefje (di origine
araba) e Anne. Le famiglie delle vittime, povera gente, trovano le autorità
stranamente sorde alla loro disperazione. Solo un giudice istruttore,
Jean-Marc Connerotte, si prende a cuore la faccenda; le sue indagini lo
por- tano vicino a Dutroux: da quel momento, viene ostacolato in ogni
modo, la polizia non collabora, il magistrato viene dipinto come un pazzo,
infine gli viene sottratta l'indagine dal più alto livello giudiziario.
Solo la spontanea confessione di Dutroux, alla fine, farà scoprire
i cadaveri. Arrestato, Dutroux potrà ancora fuggire durante un
trasferimento: non era ammanettato, si impadronisce di un'arma di un agente
e se la svigna. Viene però ripreso dopo poche ore.
Anche perché la popolazione
comincia a dire, a voce sempre più alta, che Dutroux è coperto
da una "cupola" segreta, dedita alle sporche pratiche sessuali,
i cui referenti (e utenti) sarebbero membri del governo belga, e anche
del livello più alto della dirigenza europea. Sempre più
spesso, la gente scende in piazza a difesa del giudice Connerotte, e a
protesta contro l'inerzia - o la complicità - dei politici e degli
alti magistrati.
Il 20 ottobre 1996, sono scesi
in piazza in 350 mila: è la "Marcia bianca". Il governo
belga vacilla. Due ministri si dimettono. Chi scrive, inviato dal suo
giornale a testimoniare questo evento, può assicurarvi che allora,
fra la gente, correva una voce univoca: che quelle videocassette sequestrate
nei rifiuti di Dutroux mostravano, come spettatori e attori dei delitti
sessuali, personaggi altissimi. Di uno mi fu sussurrato il nome: un Padre
dell'Europa Unita, notissimo, che da allora - abbastanza stranamente -
s'è messo da parte, fuori dalle luci della notorietà. Il
sospetto è rimasto e continua ad avvelenare la vita quotidiana
belga. Un ministro socialista, Elio Di Rupo, omosessuale dichiarato, s'è
difeso con querele da accuse e voci, siano o no calunnie, che lo volevano
coinvolto o vicino alla "rete" pedofila. Una deputata di destra,
Margherite Bastien, il 26 novembre 1996 ha agitato in Parlamento un video
che mostrava, a suo dire, un tale Luc Michel mentre compiva atti innominabili
su un bambino; sequestrata seduta stante, la cassetta è, ha scritto
la Bastien, da allora "sepolta nei sotterranei del Parlamento".
Con le altre. Un giornalista, Jean Nicholas, ha scritto ("Les protecteurs
sont parmi nous") che esiste prova di relazioni fra quel Michel,
Di Rupo e la Sicurezza di Stato. Sono seguite querele, controquerele,
veleni e diffamazioni.
Nella gente, resta la sensazione
che ci sia una verità che forze potenti quanto oscure continuano,
grazie al loro potere, a tenere sotto chiave. In questo clima, corre un'ipotesi
anche più atroce: che cioè la rete di altissimi pedofili
non sia un semplice gruppo di lussuriosi, che hanno i mezzi di pagarsi
il loro vizio, ma una specie di società segreta. In questa società,
può entrare - ed esserne aiutato a scalare i vertici del potere
politico - chi accetta di compiere un crimine pedofilo come "atto
iniziatico".
Si sono scritti libri, in Belgio
e in Francia, su questo lato oscuro e nefando: come "Homosexualité
Iniziatique", di Bernard Sergent (ed. Payot, Parigi). Il sospetto
orribile è che la setta richieda l'atto di "iniziazione"
non solo perché un delitto commesso in comune (e video-filmato)
lega chi lo commette ai suoi complici, e consente al gruppo di ricattare
ogni suo membro. Si tratterebbe di un vero e proprio atto "magico"
che qualifica chi lo compie a governare, in quanto capace di commettere
quello che in quegli ambienti viene chiamato "il Peccato del Nono
Cerchio".
Il Nono Cerchio dell'Inferno
è quello dove Dante ficca coloro che hanno commesso "il tradimento
contro chi si fida". Il genere di peccatori più vicino a Satana.
Dante vi pone Giuda (traditore di Gesù) e Bruto (traditore di Cesare,
suo padre adottivo) eternamente maciullati nelle bocche plurime di Lucifero
(traditore di Dio Padre).
Stuprare un bambino è
tradire uno che, nella sua ingenuità innocente, più di tutti
"si fida": ad attrarre gli adepti che si dedicano a simili atti
non sarebbe il piacere sessuale, ma la pura prova di saper fare il male
peggiore.
Vi avevo avvertito che tutto
questo non vi sarebbe piaciuto. Io non posso provarlo: e spero ardentemente
che non sia vero. Che non vi sia, al centro d'Europa, un "cuore di
tenebra". Ma purtroppo l'autorità anche politica, quanto più
s'allontana da Dio, diventa mero potere: e può ben rovesciarsi
in una "sacralità" che ha come centro il culto del Principe
di Questo Mondo, Colui che dà il potere, se placato con sacrifici
atroci.
Forse per i nostri tempi, Gesù
evocò la "macina da mulino" che attende chi scandalizza
"uno di questi piccoli"".
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