XXV
UNA BREVE DIGRESSIONE SUI POTERI DELL'EUROCRAZIA,
E IN PARTICOLARE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA. - COME IL POTERE EUROCRATICO
SVUOTERÀ ANCHE LE AUTONOMIE REGIONALI E LOCALI IN GENERE
Per illustrare
quali immensi poteri si sia già arrogata l'U.E. a discapito delle
autonomie degli Stati membri, ci pare opportuno invitare il lettore ad
una ulteriore, sommaria riflessione sui poteri della Corte di Giustizia,
cui già abbiamo fatto cenno al capitolo XXI. Quell'organo, invero,
in base al disposto dell'articolo 220 correlato agli articoli da 226 a
243 del Trattato istitutivo della Comunità europea, stabilisce
con giudizio insindacabile l'interpretazione del Trattato stesso e di
tutta la alluvionale e vieppiù invasiva normativa comunitaria.
Tale monopolistica interpretazione è direttamente vincolante per
i giudici dei singoli Stati e prevale sulle legislazioni nazionali. In
tal modo la Corte di Giustizia non solo è ben più di una
Corte di cassazione le cui enunciazioni di principio, a differenza delle
sue, non vincolano in generale i giudici di merito, ma scavalca anche
i Parlamenti abrogandone le leggi e sovrapponendosi al potere legislativo,
e quindi alla sovranità popolare.
Si è poi già visto
che questa competenza della Corte di giustizia in sostanza si risolve
in una costituzionalizzazione del Trattato e di tutta la normativa comunitaria
anche nel campo dei diritti fondamentali. Ma mentre la Corte costituzionale,
tolta di mezzo una norma non ha il potere di rimpiazzarla100,
la Corte di giustizia ha quello di imporre agli Stati membri di modificare
le relative legislazioni in conformità alle proprie interpretazioni,
sanzionando le inottemperanze. Essa, insomma, funziona anche come gendarme
legislativo stabilendo penalità nei confronti degli Stati che non
si adeguano agli obblighi nascenti, sempre a suo insindacabile giudizio,
dalla normativa e dalle prescrizioni comunitarie, anche qui soverchiando
popoli e Parlamenti.
In questo contesto è
stata introdotta in Italia la legge 9 marzo 1989 nr. 86 - cosiddetta legge
La Pergola, modificata poi dalla legge 29 dicembre 2000 nr. 422 - diretta
al recepimento delle prescrizioni contenute nelle sentenze di condanna
del nostro Stato pronunciate da quella Corte, oltreché, sempre
sotto minaccia di future condanne da parte della Corte stessa, di tutti
i numerosissimi atti vincolanti (direttive e decisioni) emanati dalla
U.E.. Per non parlare della valanga dei "regolamenti" che sono
direttamente applicabili nel territorio di tutti gli Stati.
In concreto sul piano nazionale
si addiviene a decreti legislativi in cui il Parlamento finge di dare
una delega al Governo, mentre in realtà si limita, con una unanimità
che supera ogni distinzione fra maggioranza e opposizione, a trascrivere,
dando loro illusoria veste di normativa nazionale, le prescrizioni comunitarie
che sopraggiungono sempre più numerose. Si tratta, in buona sostanza,
di una commedia mediante la quale sempre più spesso si fa apparire
come atto di sovranità dello Stato emanato in conformità
alle regole della Costituzione nazionale - anche qui ridotta a fantasma
- ciò che invece è stato deciso e ordinato altrove scavalcando,
si ripete, popoli e Parlamenti.
Le materie di intervento comunitario
sono le più eterogenee e le prescrizioni assai penetranti. Basti
dire, a titolo di esempio, che con la legge 3 febbraio 2003 nr. 14, il
Parlamento ha "delegato" il Governo ad attuare una quarantina
scarsa di direttive comunitarie che vanno dalla fatturazione in materia
di IVA, alla autorizzazione al lavoro notturno anche da parte di giovani
apprendisti nelle aziende di panificazione, pasticceria e in altri comparti,
agli alimenti e bevande, in particolare alla pasta fresca, alla regolamentazione
delle libere professioni (dentisti, avvocati, architetti), ai licenziamenti
collettivi (già introdotti in Italia in ottemperanza a una precedente
direttiva C.E.E.) al lavoro interinale, al codice stradale, ai bilanci
delle società, all'ambiente e via discorrendo, non senza un'incursione
in campo penalistico.
Il compitino redatto dal Governo
su "delega" del Parlamento viene poi riesaminato dalle autorità
comunitarie e, se ritenuto sbagliato, può costare al Paese altre
bacchettate della Corte di giustizia
con conseguenti aggiustature da parte del disiplinato scolaretto.
È nel quadro di questo
panorama comunitario che va letta tutta la tormentata questione delle
autonomie delle regioni, le cui attribuzioni saranno limitate non solo
dallo Stato, ormai sempre più simile a una larva, e per ciò
stesso preoccupato di conservare qualche brandello di sovranità,
ma ancor più, e in maniera sempre crescente, dall'Unione Europea.
In questa direzione, infatti, si sta predisponendo una legge che tenga
conto della riforma costituzionale relativa allo status delle regioni
derivante dalla nuova formulazione dell'articolo 117 della Costituzione
italiana, per passare alle regioni stesse, nelle materie loro devolute
dallo Stato, l'obbligo di redigere i compitini per l'innanzi spettanti
a quest'ultimo. Considerata sotto questo aspetto l'accesa diatriba sulla
cosiddetta "devolution" perde gran parte del suo significato.
100
La Corte Costituzionale a volte interviene con sentenze additive, che
cioè aggiungono ciò che manca ad una norma per compatibilizzarla
con il dettato costituzionale. Non è questa la sede per approfondire
il problema: basti dire che comunque l'affermazione di cui sopra non viene
meno a causa di questa possibilità.
Giova sottolineare,
sebbene sia implicito in quanto si è detto, che le direttive eurocratiche
vengono a formare un sempre crescente complesso legislativo intangibile
e, per così dire, "sacro" nel senso che né il
Parlamento né il popolo, ricorrendo quest'ultimo al referendum
abrogativo, possono toccarlo.
I poteri che la Corte di giustizia
si arroga sono ancora più vasti di quelli sin qui delineati. Essa
invero tende ad invadere anche il campo in precedenza riservato ai giudici
ordinarî. Proprio mentre scriviamo queste righe ci giunge notizia
di una sentenza in cui essa si pronuncia sul luogo in cui debbono essere
grattugiati o affettati, e quindi confezionati, il grana padano e il prosciutto
di Parma per potersi fregiare di tali denominazioni di origine. La decisione,
peraltro ineccepibile, è stata favorevole all'Italia ma avrebbe
potuto esserle contraria senza possibilità di rimedio, con pesanti
ricadute sul piano economico e occupazionale.
L'aspetto preoccupante della
faccenda è che con la citata sentenza quella Corte si è
appropriata di una competenza in materia di concorrenza sleale che il
nostro codice disciplina attribuendola ai giudici dello Stato. La sua
sentenza, invero, se sfavorevole agli imprenditori italiani, avrebbe dovuto
essere da questi accettata anche con riferimento al territorio del nostro
Paese.
Accenniamo solo di sfuggita,
nonostante la grande importanza del tema, al fatto che anche la Corte
europea dei diritti dell'uomo interviene con sconcertanti sentenze come
giudice superiore alla stessa Corte di Cassazione, per giunta entrando
profondamente in questioni di merito che a quest'ultima sono precluse.
Dovrebbe preoccupare il fatto
che non siano previsti criterî per frenare l'invadenza di un potere
al cui dilatarsi gli Stati nazionali non possono opporre alcun limite.
XXVI
COME TOGLIERE AGLI EUROINQUISITI ANCHE L'ULTIMA POSSIBILITÀ
DI DIFESA: LA DECISIONE QUADRO SUL SEQUESTRO DEI BENI DELLE PERSONE COLPITE
DAL MANDATO DI ARRESTO EUROPEO, OVVERO: "MARAMALDO TU UCCIDI UN UOMO
MORTO!" - UN DUBBIO: C'È QUALCHE PERSONA PRECISA NEL MIRINO
DELLA U.E.? ANCORA SUL CASO BERLUSCONI. PRIME CAMPANE A MORTO: I LEGHISTI
Abbiamo riservato
a questo penultimo capitolo un aspetto particolarmente odioso della normativa
europeista sul mandato di arresto, e cioè il sequestro dei beni
di coloro che sono colpiti da tale mandato. Non occorre essere uomini
di legge per capire che si tratta di una norma perversa, diretta ad eliminare
anche l'ultima possibilità di difesa dell'imputato. Non contenti
di trascinare uno sventurato a migliaia di chilometri di distanza dalla
sua terra, disperatamente solo in un paese straniero di cui non conosce
né lingua né costumi, quei campioni della libertà
e dei "diritti umani" che sono i costruttori dell'Europa unita,
vogliono essere ben sicuri che la famiglia del deportato, ormai impotente
e tagliato fuori dal mondo, non possa in qualche modo mettere in piedi
un collegio agguerrito di avvocati e soprattutto mantener vivo nel paese
di origine il ricordo del proprio caro e rendervi di pubblica ragione,
sollevando imbarazzanti scandali, le inique fasi del giudizio cui è
sottoposto. Mettendo in ginocchio e alla disperazione anche la famiglia
il cerchio si chiude e il silenzio e l'oblio garantiscono la tranquillità
della procedura.
È questa evidentemente
la via, per il vero molto originale, scelta dall'Unione per meglio assicurare
l'applicazione del già citato articolo 6 della Convenzione europea
dei diritti dell'uomo (v. supra, capitolo XXI) laddove solennemente sancisce
il diritto di ogni accusato di "avere l'assistenza di un difensore
di propria scelta e, se non ha i mezzi per ricompensare un difensore,
poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d'ufficio".
Di fronte a una così
mostruosa ipocrisia, e ad una così prava volontà di distruzione
dell'avversario, non si sa se indignarsi di più contro il legislatore
europeo o, per la sua ignavia e la sua mancanza di senso critico, contro
una massa di sudditi - domani schiavi - che non solo non reagiscono ma,
supinamente seguendo il battage mass-mediatico, se la prendono con l'unico
ministro degli esteri che abbia osato dire "no" a un simile
obbrobrio. Questo ulteriore inasprimento di una normativa la cui
iniquità parrebbe insuperabile, alimenta in noi un sospetto. Invero,
ragionando sul tema, è agevole osservare che anche una persona
che disponga di un patrimonio abbastanza rilevante è già
messa nella pratica impossibilità di difendersi senza bisogno di
ricorrere al sequestro dei suoi beni. Si faccia l'ipotesi di un italiano
rinserrato nel più remoto carcere della Lettonia, o viceversa,
se si preferisce, di un lèttone detenuto nella più estrema
punta meridionale del nostro Paese perché accusato di "xenofobia".
Per garantirgli un minimo di assistenza ci vorrà quanto meno un
congiunto a lui devotissimo che, lasciando lavoro, interessi ed altri
affetti, vada a seguirlo stabilmente a così grande distanza per
conferire con lui in carcere, sostenendolo psicologicamente e concordando
le linee della difesa.
Costui, tanto per cominciare,
andrà incontro a viaggi e soggiorni costosi, a visite certamente
rese difficili da ordinamenti penitenziarî che, nello spirito europeista,
saranno sempre più "blindati". Bisognerà poi che
si procuri un interprete e cerchi un legale di grande prestigio retribuendolo
a lungo e adeguatamente. Ma vi è di più: questo eroe dell'amore
familiare avrà la certezza che il suo nome - già sospetto
per via della sua parentela con l'arrestato - verrà evidenziato
nelle liste di proscrizione dell'"Osservatorio europeo contro
il razzismo e la xenofobia" e quindi non potrà ignorare
di esporsi al concretissimo rischio di trovarsi in breve in posizione
analoga a quella di colui per difendere il quale tanto si è prodigato.
Ma anche quando egli avrà
osato tutto, sacrificata la propria posizione, speso somme enormi per
tutelare il proprio caro, come potrà difenderlo dall'accusa di
discriminazione o di razzismo, di xenofobia o di terrorismo nel senso
che abbiamo illustrato, per un fatto, poniamo "commesso" due
anni prima a 3000 chilometri di distanza dal luogo in cui è detenuto?
E del resto chi, avendo una lingua in bocca e un cervello in testa, non
si sarà reso colpevole del "delitto" di discriminazione?
La sola militanza in un partito politico, la sola professione di una fede
religiosa o di un qualunque convincimento ne forniranno la prova sicura.
E allora, a che serviranno tutti quei viaggi, quei sacrifici, quelle grandi
spese e quegli ancor maggiori rischi?
In realtà, anche se il
legislatore europeo nella sua smania di onnipotenza non si accontenta
di un sol colpo mortale (non gli basta la sola, decisiva eliminazione
delle regole sulla competenza territoriale), ma ne vuole parecchi (eliminazione
del principio della doppia punibilità, eliminazione di ogni controllo
sul fondamento dell'estradizione, introduzione di svariate figure di reato
così generiche che una sola di esse basterebbe a mandare in carcere
l'umanità intera) questa ulteriore novità venuta alla luce
in un secondo momento, e quindi frutto di un ripensamento, ha tutta l'apparenza
di avere finalità ben precise. Quali? La risposta a questa domanda
dipende da quella ad un'altra domanda: quali e quanti mezzi economici
o politici occorrono per difendersi efficacemente contro il mandato d'arresto
europeo? La risposta ci pare evidente: sul piano processuale, come si
è ampiamente dimostrato, nessuno può difendersi dall'accusa
di "discriminazione". Sarà dunque sufficiente addurre
tale titolo di "reato" e la prova della "colpevolezza"
dell'estradato sarà sempre agevole e sicura. Ci pare dunque evidente
che la normativa sul sequestro dei beni non deve riguardare la prova e
la difesa legale, sempre e comunque perdente101.
101
La configurazione del "reato" di "discriminazione"
se non vi sarà una robusta reazione alla attuale deriva europeista,
verrà inevitabilmente orientata tanto nell'interpretazione delle
leggi che già lo prevedono quanto nella futura produzione legislativa,
dal citato articolo 13 del Trattato istitutivo della Comunità europea,
il cui testo abbiamo riportato al capitolo XXI. Ricordiamo che tale articolo
contiene, fra gli altri, il divieto di discriminare persone, per le loro
"tendenze sessuali". Orbene la criminalizzazione di siffatte
condotte discriminatorie comporta conseguenze paradossali che stranamente,
a quanto almeno ci risulta, nessuno sin qui ha preso in considerazione.
Anche alla luce del documento del Parlamento europeo sull'"Orientamento
sessuale" e gli "stili di vita" richiamato al
capitolo XVI, ipotizziamo che un qualsiasi giudice di un qualsiasi Paese
dell'U.E. spicchi un mandato di arresto nei confronti del magistrato di
un altro Paese membro, accusandolo di discriminazione per aver condannato
a pene detentive persone imputate di corruzione di minorenni, di atti
osceni in luogo pubblico o di diffusione di film pornografici e pedopornografici.
Considerato che non vigerebbe più il principio della doppia punibilità,
né quello della competenza territoriale, e tenuto anche conto del
fatto che le ragioni di emissione del mandato stesso non possono essere
sindacate nel Paese del giudice accusato, ci si chiede quali strumenti
di difesa giuridica vi sarebbero a favore di quest'ultimo per sottrarsi
alla deportazione.
Tanto più grave, poi,
sarà la sua posizione, se la sua qualità di cattolico convinto
giustificherà la non infondata illazione che egli sia stato maggiormente
motivato nel suo procedere "discriminatorio" da convinzioni
"religiose" e in particolare da una certa pagina del Vangelo
in cui si parla di macine da mulino da appendersi al collo e di tuffi
nel profondo del mare. Non va poi dimenticato che fra le "tendenze
sessuali" penalmente tutelate dalla legislazione antidiscriminatoria,
oltre alla pedofilia, così cara agli eurocrati e rappresentata
su scala internazionale dal "Pedophile liberation front"
(P.L.F.), vi è anche il sadismo che sempre più spesso sfocia
- si parla in questo caso di "sesso estremo" - nella uccisione
del soggetto passivo. Ricordiamo per l'Italia il caso Stevanin e, per
il Belgio, quello legato al nome di Marc Dutroux - più noto come
"il mostro di Marcinelle" - che per lo strano svolgimento
delle indagini e le evidenti protezioni di cui godeva quel pedofilo pluriomicida
destò gravi sospetti di potenti protezioni e di altolocate complicità,
in ambiente governativo e ai più alti livelli della dirigenza europea.
Dunque, anche il giudice che procedesse per episodi siffatti, facendosi
fragile scudo del proprio diritto nazionale, potrebbe essere perseguito
ed estradato da qualsiasi collega dello "spazio di libertà,
sicurezza e giustizia" garantito dal mandato d'arresto europeo
e, per le ragioni procedurali che si sono viste al capitolo VII della
seconda sezione, nessuno potrebbe mettere in discussione il provvedimento
che lo toglie di mezzo.
Giova aggiungere che la non
perseguibilità di condotte motivate da "tendenze sessuali"
è esplicitamente richiamata al punto 12 del preambolo alla decisione
quadro sul mandato d'arresto.
Si potrebbe allargare il discorso
e parlare più a lungo dell'articolo 13 del Trattato in parola,
ma già da quanto sin qui si è detto risulta evidente che
ci troviamo di fronte all'emergere di una concezione di diritto, e conseguentemente
di delitto, rovesciata rispetto a quella sinora vigente. Il diritto, tutto
il diritto, non solo quello penale, fino ad oggi, anche prima e fuori
dal Cristianesimo, è sempre stato fondato sulla discriminazione-distinzione
fra giusto e ingiusto, bene e male e, in definitiva, vero-falso, dato
che per male ed ingiusto si è sempre inteso il rifiuto di regole
obiettivamente giuste e vere. Ora, di contro, quella discriminazione viene
presentata come delitto e, reciprocamente, ciò che era delitto
si costituisce in diritto. Nel nuovo ordine di idee europeista, anche
il concetto di libertà è capovolto: prima la mia sfera di
libertà si riteneva garantita in primo luogo da una serie di divieti
che impedivano agli altri di lederla ("non ammazzare", "non
rubare", ecc.); ora quei divieti stessi diventano colpa e reato:
è l'applicazione del rivoluzionario principio sessantottesco "è
proibito proibire" che apparve quell'anno sui muri dell'Università
di Parigi.
Essa deve invece
essere preordinata a stroncare altri mezzi di difesa collegati da un lato
alla notorietà del personaggio da togliere di circolazione, e dall'altro,
e più ancora, alla sua disponibilità di mezzi, talmente
imponenti da consentire ai suoi congiunti ed amici di tener vivo nel pubblico
il suo ricordo, di rendere note le sue vicissitudini e le fasi del processo
tenendovi puntati sopra i riflettori della stampa e, ancor più,
della televisione, rompendo così quel clima di riservatezza e di
"discrezione" che sta tanto a cuore al legislatore europeista.
Personaggi simili sono pochi, anzi pochissimi. Forse dunque non ha tutti
i torti quel malignaccio dell'autore del citato libro "Il bavaglio
europeista" quando, peraltro adducendo ulteriori svariati argomenti,
esprime il sospetto, del resto non solo suo, che "dietro la proposta
europea si nascondesse un disegno per consentire a qualche magistrato
straniero
di mettere in imbarazzo Berlusconi tirando in ballo la
sua pregressa attività di imprenditore"102.
Non dunque ancora, almeno per il momento, di discriminatore.
Il sospetto appare tanto più
fondato ove si pensi che addirittura il ministro degli esteri tedesco,
Herta Däubler Gmelin, si è spinto a sostenere l'abusata e
depistante tesi dell'opposizione italiana secondo cui la posizione del
nostro governo "in materia di confisca di beni fa sorgere il sospetto
di essere condizionata da considerazioni personali del capo del governo"103.
Lungi da chi scrive l'idea di
voler difendere l'operato imprenditoriale dell'on. Berlusconi: non è
questo il tema. Qui ci preme solo dire che non ci sembra che per avere
l'eventuale soddisfazione di vedere in carcere questo o quel personaggio
valga la pena di rinunciare a tutte le nostre libertà consegnandoci
mani e piedi legati all'arbitrio di migliaia di euromagistrati e degli
schedatori e compilatori delle liste di proscrizione dell'Osservatorio
europeo di Vienna dei fenomeni di razzismo, xenofobia, discriminazione"104.
Tanto più che arrestando il capo di un governo democraticamente
eletto si imbocca una comoda, ulteriore scorciatoia, per annullare la
volontà dei popoli, e con essa quel che resta dell'autonomia degli
Stati. D'altronde non ci pare nemmeno che una classe politica, o meglio
tecnocratica che, evidentemente per coprire i proprî vergognosi
vizî, vuole normalizzare la pedofilia e tutte le perversioni sessuali
elevandole a diritti, e quindi a valori, abbia veste per "moralizzare"
chicchessia.
Neppure va dimenticato il fatto,
così efficacemente evidenziato da Mario Giordano nel suo "L'unione
fa la truffa", che l'Europa è una sesquipedale mangiatoia
dove si triturano e si divorano con gran disinvoltura miliardi di Euro
tolti di tasca ai malcapitati cittadini dei paesi membri, e che quindi
la legittimazione comunitaria a moralizzare anche solo in campo finanziario
è quanto mai discutibile. Comunque, se quanto si è detto
sui rischi che corre l'on. Berlusconi è esatto non si può
non convenire che egli è stato non poco imprudente a rimuovere
le riserve in ordine alla decisione quadro sul sequestro dei beni degli
arrestati che aveva sollevato il ministro Castelli. Quanto a quest'ultimo
personaggio, chi scrive gli è molto grato per avere lui, ingegnere,
unico fra tutti i 15 ministri di giustizia dell'Unione Europea, verosimilmente
tutti giuristi, magari di grido, sollevato il caso, e ci piace particolarmente
la sua già citata affermazione di non voler "svendere il
popolo italiano". Questa frase però ci suggerisce un'amara
considerazione: è sommamente preoccupante vive-
102
M. Spataro, "Il bavaglio europeista
", cit., pag.
97. Vedansi anche, sul tema, le pagine 96-98 e 99.
103 "La Padania",
1° marzo 2002, pag. 7.
104 La citata inserzione fatta pubblicare
da quell'"Osservatorio" su "La Repubblica"
del 7.10.1999 indica tra le funzioni dei suoi dipendenti quella di "concepire
e gestire una banca dati di ricerca sul razzismo e la discriminazione
e gli episodi (vale a dire le persone, N.d.A.) ad essi legati".
re in un contesto politico in cui i ministri hanno veste
per "svendere" all'insaputa di tutti, interi popoli. Non ci
pare davvero che questo sia molto democratico.
Ci sia peraltro concesso di
togliere all'on. Castelli qualcosa del suo merito: egli ha agito anche
nel proprio personale interesse. Invero non può non essersi reso
conto che "svendendo" gli italiani avrebbe svenduto se stesso
anche perché - come si è visto - la sua militanza politica
lo espone in prima persona alle diligenti schedature dell'Osservatorio
viennese e alle premurose attenzioni degli euromagistrati.
Le mani del Consiglio d'Europa,
invero, iniziano ad allungarsi verso i paesi membri dell'U.E., ad anticipare
cautamente le future azioni repressive, le deportazioni, la possibile
eliminazione di categorie intere di oppositori; quel Consiglio lancia
"l'allarme Lega
razzista e xenofoba" ed osserva
più in generale con preoccupazione che in Italia la xenofobia si
manifesta fra l'altro, in "pregiudizi sociali (e) atti
di discriminazione
". Il Consiglio d'Europa stigmatizza
la "propaganda razzista e xenofoba da parte di esponenti di certi
partiti politici italiani, che presenta gli immigrati extracomunitari
come responsabili del degrado delle condizioni di sicurezza, della disoccupazione,
e li dipinge come una minaccia per la difesa dell'identità nazionale"105.
Avere "pregiudizi", difendere l'"identità
nazionale", affermare che le patrie galere sono piene di extracomunitari
(questo è un mero dato statistico) e di conseguenza temere il fenomeno
di una immigrazione incontrollata, integra gli estremi del razzismo e
della xenofobia. Come sottrarsi ad una conclusione tanto impressionante
quanto incredibilmente vera: vi sono partiti politici che nella
loro interezza sono votati da delinquenti, diretti e composti da persone
che commettono reati di gravità tale (razzismo e xenofobia, ipotesi
contemplata al 17° punto della proposta quadro in esame) da richiedere
un mandato di arresto europeo. Questa gente stia attenta: l'Europa li
sta catalogando, e al contempo sta approntando i mezzi per reprimere questi
reprobi, per stanarli, per deportarli e stroncare la loro criminosa attività,
lontano dagli occhi e dal controllo dell'opinione pubblica del paese di
provenienza. Fuori dall'acqua, si sa, neppure il pesce più formidabile
ha speranza di scampo.
XXVII
UN UTILE PROMEMORIA STORICO DEDICATO AI MINISTRI DI
GIUSTIZIA EUROPEI E IN GENERE A TUTTI GLI UOMINI POLITICI DELL'UNIONE:
NON SENTITEVI TANTO SICURI, L'EUROMANDATO VI CONCERNE PERSONALMENTE!
Abbiamo concluso
il capitolo precedente parlando dei pericoli cui l'euromandato espone
l'on. Castelli in quanto leghista. In questo capitolo conclusivo vorremmo
ricordare anche ai ministri degli altri 14 Stati dell'Unione che hanno
accettato entrambe le decisioni quadro qui criticate che essi, oltre ad
assumersi responsabilità tremende di fronte ai loro popoli, hanno
dimostrato una sconcertante incapacità di cogliere i più
evidenti insegnamenti della storia. La criminalizzazione di milioni di
europei, la possibilità astratta di deportarli, di privarli di
ogni difesa, di depredarli di ogni bene induce a pensare al futuro alla
luce del passato.
105 "La Repubblica",
23.4.2002.
Abbiamo già
visto, infatti, che i precedenti giuridici e storici dell'Unione si trovano
nella Rivoluzione francese e in quella russa, e che la tecnica in base
alla quale è stato costruito il mandato di arresto europeo è
la stessa che ispirò la legge dei sospetti, quella del 22 pratile
e l'articolo 58 del codice penale sovietico del 1926: la tecnica, cioè,
del terrore giacobino e bolscevico. Ma se così è, se davvero
siamo alla vigilia di una terza Rivoluzione, quella che completa e conclude
le due precedenti, è da queste ultime che dobbiamo desumere gli
insegnamenti per prevedere l'avvenire che ci attende se il mandato passerà.
Orbene, una delle più evidenti caratteristiche di entrambi i citati
rivolgimenti precorritori è quella espressa dal ben noto detto
secondo cui "la Rivoluzione divora i proprî figli".
E valga il vero: Filippo d'Orléans, Gran Maestro della massoneria
francese, prepara nel suo palazzo, il Palais Royal, la rivoluzione: di
lì, infatti, scocca la scintilla finale col famoso grido "Alle
armi" lanciato il 12 luglio 1789, due giorni prima della caduta
della Bastiglia, da un altro "fratello" massone, Camillo Desmoulins.
Cinque anni dopo le teste di entrambi cadono sotto la lama della ghigliottina.
Il filosofo Condorcet, uno degli ideologi della Rivoluzione, membro dell'Assemblea
Legislativa e della Convenzione, si avvelena in carcere, Pétion
che della Convenzione, eletta fra le stragi di settembre, è stato
nominato presidente quasi all'unanimità, fugge per sottrarsi alla
condanna e il suo cadavere viene ritrovato in una landa deserta, divorato
dai lupi. Stessa fine fa Buzot, rappresentante della città di Évreux
agli Stati Generali. Jean Sylvain Bailly, già Presidente dell'Assemblea
Nazionale e prestigioso sindaco di Parigi fino al 1791, lascia la sua
testa sotto la ghigliottina nel 1793. Mirabeau, che della Rivoluzione
è stato uno dei principali promotori e ideologi, l'illuminato di
Baviera Mirabeau che a un certo punto pareva onnipotente, sfugge al patibolo
solo perché ha la fortuna di morire quando la Rivoluzione è
ancora agli inizî, ma Vergniaud, che ha presieduto il tribunale
che ha condannato a morte il re, viene ghigliottinato proprio come Luigi
XVI. Stessa fine fa Hébert, il popolarissimo direttore dell'osceno
giornale "Père Duchesne" che con Giacomo Roux,
morto suicida in carcere, rappresenta più di ogni altro l'anima
e le tendenze comuniste della grande Rivoluzione liberale. Con lui sale
il patibolo, fra gli altri, il prussiano Anacarsi Clootz che nel contesto
rivoluzionario appariva come il principale teorico dell'ateismo, colui
che, con chiara reminiscenza massonica, si era fregiato del titolo di
"oratore del genere umano", e aveva proclamato "la
religione dei Diritti dell'uomo" contrapponendola alla "falsa"
religione di Dio. Sedici giorni dopo è la volta di Danton, lui
pure in buona compagnia di personaggi politici di spicco, fra cui Hérault
de Séchelles, già Presidente della Convenzione e membro
del sanguinoso Comitato di salute pubblica. Danton, che aveva reclamato
la testa del re, ministro della giustizia, organizzatore di eserciti,
è uno degli uomini simbolo della Rivoluzione francese. Non passano
neppure cinque mesi e il 28 luglio (10 termidoro) 1794, la ruota gira
ancora e tocca a Robespierre, e cioè proprio a colui che aveva
spedito al patibolo, fra i tanti, Hébert e Danton coi rispettivi
cortei. E con Robespierre vanno alla morte, altri due protagonisti della
Rivoluzione: Saint Just e Couthon insieme con 19 personaggi, fra cui quel
Dumas che fino al giorno prima era stato presidente del Tribunale rivoluzionario
che ora lo condanna. Il deputato montagnardo Lebas, membro del Comitato
di Sicurezza Generale, sfugge alla esecuzione bruciandosi le cervella
con un colpo di pistola.
Quando poi, con la morte di
Robespierre, considerato quasi come la sua personificazione, la Rivoluzione
all'interno della Francia, sotto il Direttorio, si fa meno sanguinosa,
viene giustiziato Fouquier Tinville, il grande accusatore del Tribunale
rivoluzionario, soprannominato "la mannaia della Convenzione",
di quella Convenzione che si era suicidata pezzo per pezzo mandando a
morte di volta in volta, i girondini, gli hébertisti, i dantonisti
e i robespierristi.
La rivoluzione russa segue le
orme di quella francese alla quale, del resto, Stalin espressamente si
richiamò nel suo discorso del 5 marzo 1937 al Comitato Centrale
con cui cercò di giustificare quello che viene definito "Il
Grande Terrore"106.
La tecnica per instaurare questo
nuovo Terrore, enormemente più vasto di quello pur terribile della
Rivoluzione dell'89, è, come si è visto, la medesima: una
legislazione penale formulata in termini il più possibile generici,
tali da consentire ai giudici di regime, agendo su ordinazione o anche
di iniziativa, di togliere di mezzo chiunque in qualunque momento. Anche
qui - come già nell'esame del famigerato articolo 58 - ci è
di guida Solgenitsin che cita una lettera del 17 maggio 1921 spedita da
Lenin a Dimitri Kurskij, commissario del popolo per la giustizia, addetto
alla formulazione delle leggi:
"la giustizia
- si legge in quella missiva - non deve eliminare il terrore; prometterlo
sarebbe autoinganno o inganno, deve invece fondarne e legittimarne
il principio; chiaramente, senza falsità e senza abbellimenti.
Occorre formulare con la massima ampiezza possibile, perché
soltanto la coscienza giuridica rivoluzionaria e la coscienza rivoluzionaria
stessa potranno suggerire la sua applicazione di fatto, più o meno
larga.
Saluti comunisti. Lenin"107.
In altri termini: ricorriamo
a pseudofigure di reato così vaste che nessuno possa sfuggirvi.
Ma poiché non possiamo deportare o fucilare tutti, sarà
"la coscienza rivoluzionaria", magari - aggiungiamo noi
- orientata da qualche opportuna direttiva superiore, a stabilire chi,
quanti e quando dovranno cadere vittime del Terrore che, colpendo a piacimento
e senza limiti, deve tappare tutte le bocche e assicurare l'universale,
tremebonda obbedienza. È la stessa identica tecnica legislativa
di cui si avvale il legislatore europeista, che però la porta al
parossismo, ricorrendo non solo a formulazioni ancor più generiche,
ma anche ai due principî - ignoti sia ai giacobini che ai loro eredi
bolscevichi - che abbiamo diffusamente illustrato, e cioè la soppressione
della competenza territoriale, con la conseguente instaurazione della
competenza universale, e l'abolizione del principio della doppia punibilità.
Tali davvero rivoluzionarî principî non erano percorribili
né dai giacobini né dai bolscevichi, mancando loro quel
contesto di legislazioni e giurisprudenze molteplici e di Paesi eterogenei
con del pari molteplici idiomi, che caratterizza invece l'U.E..
Per l'argomento di cui ci occupiamo
in questo capitolo, e cioè la legge, per così dire fisica,
in base alla quale la Rivoluzione divora i proprî figli, è
significativo tener presente che queste direttive di Lenin erano preordinate
a regolamentare i processi contro i menscevichi e i socialisti rivoluzionarî,
e quindi contro rivoluzionarî bensì, al pari dei bolscevichi,
ma appartenenti a fasi della Rivoluzione superate, o comunque scartate
da coloro che ne reggevano il timone. In una lettera anteriore di
106
"La Francia della Rivoluzione e dell'Impero - spiegò
Stalin in quella circostanza - formicolò sempre di spie e di agenti
di diversione inviati sul suo territorio dai russi, dai tedeschi, dagli
austriaci e dagli inglesi
non è forse questa la legge dei
rapporti reciproci fra gli Stati borghesi? E allora perché essi
avrebbero dovuto spedire nelle retrovie dell'Unione Sovietica meno spie
e meno sabotatori?" (citato in M. Mazzucchellli, "Saint-Just",
dall'Oglio ed., 1980, pag. 272).
107 A. Solgenitsin, "Arcipelago
Gulag", cit., pag. 356. Solgenitsin trae la citazione dal volume
45° (pag. 190) della V edizione delle "Opere complete"
di Lenin.
due giorni a quella testé richiamata, sempre diretta
al medesimo commissario del popolo, Lenin aveva infatti scritto:
"Compagno Kurskij! Secondo
me occorre allargare l'applicazione della fucilazione
(da sostituire
con la deportazione all'estero) per tutte le forme di attività
dei menscevichi, socialisti rivoluzionari, ecc
"108.
Dove quell'"eccetera" la dice lunga. Istruttiva e calzante al
nostro tema è anche la "deportazione all'estero"109.
A questo punto torna opportuno ricordare quanto già si è
detto al capitolo XX, e cioè che se il mandato di arresto europeo
non parla ancora di fucilazione, si può star tuttavia certi che,
una volta instaurato il regime del terrore giudiziario, se quella pena
verrà introdotta, specie solo in qualche paese un po' eccentrico,
sarà difficile e persino pericoloso sollevare la benché
minima obiezione. Senza dimenticare che se anche la pena di morte non
dovesse essere introdotta, carceri come quelle turche potrebbero divenire
una tomba metaforica ben peggiore di un vero e proprio loculo cimiteriale.
Solgenitsin, con l'autorità
che gli deriva dalla sua personale esperienza di sopravvissuto, illustra
anche qual era in clima di terrore, la posizione degli avvocati difensori
e dei testimoni a difesa. Nel processo contro il metropolita Veniamin
- egli riferisce - "il tribunale minacciò di mettere
dentro lo stesso capo dei difensori Bobriscev-Puskin e la cosa era
tanto nello spirito dei tempi e così probabile che Bobriscev-Puskin
si affrettò a consegnare a Gurovic l'orologio d'oro e il portafoglio.
Il tribunale deliberò di arrestare subito un testimone, il professor
Egorov, per essersi espresso a favore del metropolita.
Ma risultò che Egorov
si era preparato: aveva con sé una grossa cartella con del cibo,
la biancheria e perfino una piccola coperta"110.
È questo un episodio della lotta anticristiana ereditata dalla
Rivoluzione francese, ma tornando alla sorte degli iscritti agli altri
partiti che pure avevano partecipato alla Rivoluzione va detto che nessuno
di loro in un modo o nell'altro sfuggì alla condanna: "Gli
elenchi erano conservati, i turni si susseguivano
L'operazione si
protrasse per molti anni
"111
senza dare nell'occhio.
Eliminati i compagni di viaggio
il partito comunista passò all'autofagia. Scrive sempre Solgenitsin:
"Ora si avvicina, molto lentamente, ma si avvicina, il turno dei
membri del partito al potere! Per ora (1927-1929) è "l'opposizione
operaia" o i trockisti che si sono scelti un leader malriuscito.
Per ora sono centinaia, presto saranno migliaia. Ma intanto i guai sono
iniziati. Come i trockisti avevano osservato con calma la carcerazione
dei membri di altri partiti, così adesso il resto del partito osserva
con approvazione quella dei trockisti. A ognuno il proprio turno. Seguirà
l'opposizione "di destra". A forza di masticare un membro dopo
l'altro partendo dalla coda, le fauci arriveranno alla propria testa"112.
La partenza è lenta,
ma la marcia via via si accelera: "Le fiumane (di deportati
e fucilati, N.d.A.) nascevano per una misteriosa legge del rinnovamento
degli Organi, era un periodico piccolo sacrificio agli dèi, affinché
chi rimaneva potesse assumere l'aria di purificato. Il rinnovamento degli
Organi doveva avvenire più rapidamente di quanto invecchiano normalmente
le generazioni umane: certi branchi di KGBisti dovevano perire con la
stessa ineluttabilità con cui uno storione va a morire sui ciottoli
di un fiume per esser sostituito
I re degli Organi, i loro assi
e perfino i ministri offrivano il collo alla loro stessa ghigliottina
nell'ora indicata dalle stelle.
108
Id., pag. 355. Sempre dal 45° Vol. della V ediz., pag. 189.
109 Fra la deportazione bolscevica
e l'estradizione europeista c'è un'importante differenza: essere
deportati dalla Russia significava bensì non vedere più
patria e congiunti e trovarsi soli e senza mezzi in un paese straniero.
Rimaneva nondimeno la libertà. Nella deportazione-estradizione
europea si perde, con tutto il resto, anche la libertà.
110 A. Solgenitsin, "Arcipelago
Gulag", cit., pag. 353.
111 Id., pagg. 50-51.
112 Id., pag. 68.
Jagoda si
tirò dietro uno di quei branchi
Poco dopo si tirò
dietro un secondo branco il poco longevo Ezov
Ci fu poi il gruppo
di Berija"113. Eppure
Berija era un uomo potente come pochi, tanto potente che pare sia stato
lui a far fuori Stalin114,
a sua volta travolto, per vie anomale, dal marchingegno diabolico lasciatogli
in eredità da Lenin e da lui stesso perfezionato
E che dire
della fine di Bucharin, di Kamenev, di Zinoviev e di tanti altri personaggi
di primo e secondo piano del partito bolscevico? Anche Krylenko, lo spietato
accusatore dei grandi processi fino al 1938, il Fouquier Tinville della
Rivoluzione russa, fu scoperto come nemico del popolo e finì i
suoi giorni in una delle terribili carceri che egli stesso aveva così
attivamente contribuito a popolare.
Sono fatti, almeno nelle
loro grandi linee, ben noti, ma che rispolveriamo di fronte all'incoscienza
suicida dei "grandi" uomini politici che si illudono di intrappolare
i popoli restando fuori dal gioco. Che tanta autolesionistica ottusità
non sia il frutto della loro affiliazione a quelle logge massoniche, il
cui peso in seno ai grandi organismi internazionali è ben noto?
Ognuno di essi, invero, esotericamente
si illude di essere un burattinaio, mentre è solo un burattino115.
Del resto dovrebbe essere a tutti evidente che in clima di legge dei
sospetti e, ancora di più, di mandato d'arresto continentale, i
regolamenti di conti anche all'interno dei gruppi o del gruppo al potere
, come si fecero così si faranno utilizzando appunto tali strumenti.
Nessuno quindi potrà stare tranquillo, perché in qualche
remota procura della repubblica ci sarà forse qualche a lui ignoto
magistrato che ha già pronto nel cassetto, per tirarlo fuori al
momento opportuno, il capo di imputazione che lo toglierà di mezzo,
por andolo magari molto lontano.
A questo riguardo ci pare istruttivo
ricordare che la sezione tedesca di "Amnesty International"
ha recentemente denunciato il fatto che in Russia - ed è ragionevole
ritenere che ciò valga per tutto il blocco dei Paesi ex-comunisti,
compresi quelli che entreranno fra breve in U.E - "salvo rare
eccezioni i magistrati sono gli stessi dell'epoca sovietica e non fanno
altro che perpetuare le vecchie consuetudini burocratiche. Alle quali
si aggiunge spesso il fenomeno della corruzione."116
Sono, insomma, i magistrati abituati alla repressione della "dissidenza"
ed alla fornitura di materiale umano all'arcipelago gulag del regime comunista.
Magistrati, cioè, non riveduti, e per giunta corrotti.
Ma più che la presuntuosa
stoltezza di costoro ci colpisce la leggerezza di tanti parlamentari europei
o nazionali che pur non essendo legati alla disciplina delle logge, marciano
verso l'abisso, trascinandovi i loro elettorati inebriati, o anche solo
assopiti, da un euroentusiasmo artificialmente indotto dall'oligarchia
europeista e mondialista che manovra i mezzi di comunicazione di massa.
È
113
Id., pagg. 168-169.
114 Id., pag. 170.
115 Rinviamo ancora una volta chi
voglia informarsi su questi poteri al volume "Massoneria e sette
segrete - La faccia occulta della storia", ed. Ichthys.
proprio a questi politici, oltreché agli uomini
di legge, che è più particolarmente diretto questo tragico
promemoria.
Siamo perfettamente consapevoli
che le cause della vicenda che qui denunciamo e di cui siamo angosciati
spettatori, sono molto profonde: stiamo vivendo una crisi non di regime,
ma di civiltà. L'Europa, questa Europa, l'Europa del
mandato d'arresto, nasce proprio perché non è più
l'Europa. Rinnegate le radici cristiane che la hanno edificata e difesa
contro il più che millenario assalto islamico e le forze corrosive
che sorgevano al suo interno, standardizzata dal centralismo burocratico
e onnicomprensivo degli Stati proliferati dalla Rivoluzione francese,
cancellate le sue gelose e veramente democratiche autonomie locali, viziata
e asservita da un acritico e passivo positivismo giuridico frutto della
perdita di quei solidi parametri di bene e di male, di giusto e d ingiusto,
che i Comandamenti, e più in generale la morale cattolica, le avevano
inculcato, essa è sprofondata in un abisso di scetticismo, materialismo,
economicismo ed edonismo in cui il cemento spirituale che l'aveva edificata
è quasi totalmente perduto.
Non per nulla essa è
nata all'insegna non di un ideale, ma dal "mammona di iniquità"
(Luca, 16, 9), del denaro: l'euro. E non per nulla, attuando il
monito scritturale "è per mezzo delle stesse cose con cui
uno pecca, che viene punito" (Sap. 11, 17), quell'idolo
si è rivolto contro gli europei, dapprima, come si è detto,
depauperandoli al momento della sua introduzione per via del suo potere
di acquisto assai minore di quello delle varie valute nazionali, poi seminando
ulteriore disagio e disoccupazione col suo rialzo rispetto al dollaro
sui mercati internazionali, rialzo che ha bloccato le esportazioni e incrementato
le importazioni.
Di tutto questo, ripetiamo,
siamo perfettamente consapevoli e aggiungiamo che proprio perché
l'Europa non è più Europa avendo smarrito le proprie radici
cristiane, essa si è aperta all'invasione di popoli con religioni
e morali profondamente diverse che stanno introducendo nel suo seno poligamia,
burqe e chador, infibulazione e schiavismo.
Pur in questa dolorosa consapevolezza,
nella speranza che quanto meno l'istinto di conservazione induca salutari
ripensamenti, e comunque per poter dire a noi stessi di aver fatto quanto
era in nostro potere, lanciamo questo messaggio prima che la cappa del
Terrore europeista soffochi le voci,e non solo le voci, dei dissenzienti.
XXVIII
VIETATO PENSARE, SE È VERO, COME LO È,
CHE IL PENSIERO SERVE A DISTINGUERE, A DISCRIMINARE. O MEGLIO: SI PUÒ
PENSARE SOLO CIÒ CHE IL GRANDE FRATELLO PERMETTE DI PENSARE. UN'ANTICIPAZIONE
DELLA SITUAZIONE ATTUALE NEL ROMANZO DI ORWELL: "1984". 1984
O 2004?
Torniamo su
concetti già in parte esplicitati: riflettendo, oggi che riflettere
è ancora possibile (fino al primo gennaio 2004?), il pensiero
in quanto tale è discriminante, cioè serve per propria intrinseca
natura a cogliere il discrimen, la differenza insita nelle varie realtà
con cui ci si relaziona. Infatti il principio di identità
per cui ogni uomo è ciò che è, porta gli esseri pensanti
in quanto tali a distinguere ciò che è diverso (o altro)
da sé, ed a distinguere le diverse realtà anche all'interno
di se stessi, tanto sotto l'aspetto fisico (una gamba non è un
braccio), quanto sotto quello spirituale (la gioia non è la medesima
cosa del dolore).
Di più, anche senza invocare
le superiori facoltà razionali dell'essere umano, pure la bestia
dispone di una propria struttura elementare di pensiero, anch'essa deputata
alla funzione di discriminare, cioè di distinguere: il simile dal
dissimile, il pericolo dalla sicurezza, l'animale amico da quello nemico,
la pianta commestibile da quella velenosa, l'essere animato da quello
inanimato
. Insomma, solo nel regno vegetale e minerale manca questa
capacità di discernimento, e dunque di pensiero (quantomeno elementare),
di cui ogni animale è invece dotato.
Va peraltro incidentalmente
ricordato, come già si è detto, che è ben diverso
un generico atto discriminatorio determinato da ragioni ideali o religiose
(spesso moralmente doveroso) dal caso di chi commette un vero e proprio
reato spinto da spirito discriminatorio.
Sanzionare il "reprobo"
solo perché discrimina, e cioè l'uomo colpevole di avere
pensato (pensare, lo si ribadisce = distinguere = discriminare) significa
in fondo pretendere di disporre di sudditi ridotti a livello di vegetali.
Ora, siccome una simile assurdità è facile a dirsi ma impossibile
a realizzarsi, è certamente utile rileggere alcuni brani del romanzo
di Orwell "1984" per chiedersi quanto siano o
possano essere attuali e profetiche ipotesi che il romanziere collocò
temporalmente vent'anni prima rispetto all'entrata in vigore del mandato
di arresto europeo.
Prima di passare a questa
indagine, giova ribadire che la repressione comunitaria non colpisce solo
le discriminazioni che si manifestano attraverso comportamenti, ma anche
le semplici espressioni di idee. Del resto esporre un pensiero discriminante
per ragioni, poniamo, ideali, è già un comportamento. Si
pensi a chi, pur senza compiere reati propriamente detti (calunnia, diffamazione,
ecc.), dichiari la propria netta e circostanziata avversione morale ad
una determinata categoria di avversari politici. In secondo luogo, se
non si vogliono fare ragionamenti privi di ogni senso della realtà
delle cose, si deve ammettere che cogliere in linea teorica il discrimen,
la differenza, induce anche in linea pratica a comportamenti differenziati
e cioè a discriminazioni: ad es. tutto il sistema di tutela delle
minoranze etniche e linguistiche è basato su forme di discriminazione;
anche l'assunzione presso i partiti e le organizzazioni di tendenza è
basata su discriminazioni; tutti, nei rapporti interpersonali, per concludere
con un ultimo esempio, effettuano delle scelte: la scelta è l'elezione
di uno ed il rigetto dell'altro, è una discriminazione
Non a caso, per tornare a quanto già detto, è stata richiesta
l'estradizione della Fallaci, colpevole di avere espresso opinioni
classificate come razziste (in realtà, discriminatorie su base
religiosa).
Certo, va ribadito ad abundantiam
che non essendo assolutamente possibile travolgere la realtà delle
cose, previsioni quali quelle comunitarie sono solo strumentali alla repressione
dell'avversario, di chi ostacola, di chi non si allinea al pensabenismo,
come si vedrà esaminando "1984".
Ebbene, nell'(allora) lontano
1984 Orwell ipotizza un mondo diviso in blocchi costantemente in lotta
fra di loro. In Oceania, a Londra, vive il protagonista del romanzo, Winston.
L'uomo, come tutti gli altri membri del Partito, è sotto il costante
controllo di un teleschermo che riceve e trasmette al contempo: il Grande
Fratello controlla tutto. Il cardine del sistema è rappresentato
dalla Psicopolizia: "Quella che soprattutto contava era la polizia
del pensiero, la cosiddetta Psicopolizia".
L'ordinamento governativo dell'Oceania
prevede una serie di ministeri il cui nome rappresenta l'esatto contrario
di ciò che vorrebbe significare: il Ministero della Verità
è in realtà una centrale di menzogne, il Ministero della
Pace ha competenze in materia di guerra
Senza ripercorrere la trama
del romanzo, ma valutandone solamente alcuni passaggi più significativi,
vediamo ora le linee essenziali dello scritto.
Winston cova la ribellione:
ad un certo punto, di nascosto, in un'area apparentemente non sorvegliata
dal Grande Fratello, inizia a scrivere un diario: "La penna
(di Winston) aveva voluttuosamente vagato sulla carta levigata e aveva
tracciato in grandi, chiare maiuscole: ABBASSO IL GRANDE FRATELLO ABBASSO
IL GRANDE FRATELLO ABBASSO IL GRANDE FRATELLO e ancora e ancora, fino
a riempire metà della pagina. Non poté fare a meno di sentire
una fitta di panico. (
) Tra lo scrivere ABBASSO IL GRANDE FRATELLO
e l'astenersi dallo scriverlo, non c'era alcuna differenza
La Psicopolizia
lo avrebbe preso lo stesso. (
) Psicoreato, lo chiamavano. E uno
psicoreato non era cosa che si potesse nascondere per sempre. Si poteva
eludere la vigilanza per un po', anche per qualche anno, ma prima o poi
si sarebbe stati scoperti e presi. Succedeva sempre di notte; gli arresti
avvenivano invariabilmente di notte. Quello scossone che faceva svegliare
di soprassalto, quella mano che scuoteva la spalla, le luci che pizzicavano
gli occhi assonnati
(
) La gente spariva, così,
semplicemente, e sempre di notte".
Chi si oppone al Partito scompare
l'analogia con le prospettive aperte dal mandato di arresto europeo è
eloquente: quest'ultimo sembra in effetti modellato su ipotesi orwelliane,
permettendo di sradicare il deviante dalla sua terra e deportarlo, lontano
dagli occhi e dal controllo della sua gente: "Comunemente,
chi diveniva inviso al Partito non faceva che scomparire e non se ne sentiva
parlare più. Né si aveva il più pallido indizio di
quel che gli potesse esser successo". Infatti, come spiega
lo psicopoliziotto O'Brien al povero Winston (finito nelle sgrinfie del
Partito in conseguenza della propria ribellione): "
l'Inquisizione
faceva strage dei suoi nemici apertamente, alla luce del sole
(
)
Gli uomini morivano perché non volevano saperne di abbandonare
la loro fede. Il risultato ovvio era che tutta la gloria apparteneva alla
vittima e tutta la vergognosa riprovazione cadeva invece sull'inquisitore
che la faceva bruciare. (
) I russi perseguitavano l'eresia con
molto maggiore ferocia di quanto aveva fatto la stessa Inquisizione. E
credettero di avere appreso qualche cosa dagli errori del passato; sapevano
benissimo, a ogni modo, che non bisogna creare martiri. Prima di esporre
le loro vittime a pubblici processi, si impegnavano con tutte le forze
a distruggerne la dignità. Ne logoravano la fibra con le torture
e con la solitudine, fino a che non li riducevano a essere abbietti, pronti
a confessare, senza esitazione, qualsiasi sproposito fosse stato messo
loro in bocca
Eppure
allorché la degradazione di quegli
eretici veniva dimenticata
essi si trasformavano in martiri. (
)
Devi toglierti completamente dalla testa, caro Winston, la speranza che
la posterità ti possa vendicare. La posterità non saprà
mai nemmeno che tu sei esistito. Tu sarai completamente cancellato dal
corso della storia".
Uno dei punti di forza del sistema
instaurato dal Grande Fratello consiste nell'adattamento del passato alle
esigenze del regime e nel mutamento della struttura e della funzione della
lingua: si tratta dei sacri principi del Socing, cioè della
Neolingua, del bispensiero (2+2= 4, ma se lo vuole il Partito
fa anche 5), della mutevolezza del passato.
Tornando al parallelo con l'U.E.,
oggi in Europa si vorrebbe vietare il pensiero "deviante". È
la prospettiva di una umanità fotocopiata, come si è visto,
che affascina anche il Gran Maestro Di Bernardo, nemico delle culture
differenziate e della diversità, in nome della cultura unica, dell'uomo
standard.
Nel romanzo, Syme, collega di
Winston, illustra uno dei principi cardine per il controllo delle menti.
I mezzi per raggiungere tale scopo sono differenziati, ma la meta finale
è la stessa, quella di evitare che vengano commessi psicoreati:
"Stiamo dando alla lingua (al Socing, alla Neolingua, N.d.A) la
sua forma finale
la forma che dovrà avere quando nessuno
potrà parlare una lingua diversa. Quando avremmo finito la gente
come te dovrà imparare di nuovo. (
) Non ti accorgi che il
principale intento della neolingua consiste proprio nel semplificare al
massimo le possibilità del pensiero? Giunti che saremo alla
fine, renderemo il delitto di pensiero, ovvero lo Psicoreato, del tutto
impossibile perché non ci saranno più parole per esprimerlo".
In fondo la mira dell'U.E. non è quella di un sistema "giusto",
possibile solo quando saranno state dimenticate (per chi accetta disciplinatamente),
o punite (per chi mantiene la propria identità), sino a scomparire,
le differenziazioni religiose, di convincimenti, ecc.? Questo sistema
sarà possibile quando tutti gli uomini, saranno razza unica ed
indistinta, con cultura e pensieri monotòni, per usare ancora una
volta il linguaggio di Di Bernardo; o ancora, quando sarà compiuta
l'unificazione delle cose della mente, per dirla con Huxley.
In "1984",
Goldstein (un fantomatico, immaginario capo-setta ebreo, già amico
del Grande Fratello, poi divenuto capo dei ribelli) fa un'analisi dei
sistemi repressivi. Egli osserva come il totalitarismo moderno rappresenti
un unicum nella storia: "Persino la Chiesa Cattolica del Medioevo,
considerata secondo lo standard odierno, era abbastanza tollerante".
Al contempo emerge dal romanzo che l'abilità del Grande Fratello
consiste anche nel non dare al popolo l'impressione di essere sottoposto
ad una tirannide, prospettando il passato come epoca molto peggiore del
presente e carica di vergogne. L'ordinamento creato, a tratti, pare persino
tollerante (proprio come quello dell'U.E., per tornare a noi): "l'ammissione
a una delle due categorie del Partito avviene in seguito a un esame
Non esiste nessuna discriminazione razziale, o alcun dominio riconosciuto
dell'una sull'altra provincia". Si garantisce infatti un minimo
di libertà o meglio, un'illusione di libertà: Julia, l'amante
di Winston, lavora nella Pornosez, "
quella sottosezione
del Reparto Amena che produceva materiale pornografico da distribuirsi
fra i prolet
(
). C'era restata un anno e aveva dato mano a
produrre certi fascicoletti che venivano messi in circolazione in pacchi
sigillati, con titoli come "Storielle in gamba" o "Una
notte in un collegio femminile", per esser comprati dai giovani prolet,
possibilmente sottobanco, per dar loro l'impressione di fare qualcosa
di illegale".
Ciò nonostante il processo
di unificazione delle cose della mente è presidiato da sistemi
di incredibile possibilità repressiva. Il membro del Partito compie
"
azioni (che) non vengono regolate dalla legge né
da alcun codice chiaramente formulato". È opportuno notare,
tornando all'U.E., che le norme comunitarie finalizzate a reprimere chi
discrimina (e dunque distingue) per ragioni religiose o di convincimenti,
sono talmente larghe che non sarà necessario un codice chiaramente
formulato a stabilire quale condotta sia criminale e quale invece lecita,
in quanto il Super-reato che vietando la discriminazione in sé
e per sé vieta tout court il pensiero in quanto tale, determina
la nascita di un sistema nebuloso che vietando tutto ha il solo scopo
di lasciare al Potere spazi illimitati di repressione.
Anche la prospettiva orwelliana
raggiunge la standardizzazione delle menti nell'unico modo possibile,
e cioè negando il pensiero (la distinzione). Ma al romanziere appare
chiaro che è improponibile vietare sic et simpliciter di
pensare, di distinguere la realtà, di dire che due più due
fa quattro e non cinque; perciò lo scrittore è costretto
ad escogitare un tipo di controllo mentale che permetta sì di pensare
(discriminare), ma nel senso - contraddittorio - voluto dal Partito.
Se il Partito lo vuole due più
due non fa quattro: "Alla fine il Partito avrebbe proclamato che
due e due fanno cinque, e si sarebbe dovuto crederlo. Era inevitabile
che lo pretendesse, prima o poi. Lo esigeva la stessa logica della sua
posizione. Non solo il valore dell'esperienza ma persino la stessa esistenza
nella realtà esterna era tacitamente negata dal loro sistema filosofico.
(
) Si richiede
che un membro del Partito non abbia soltanto
opinioni consentite, ma soprattutto che siano consentiti i suoi istinti.
La maggior parte delle opinioni e degli atteggiamenti che si richiedono
da lui non sono mai stati chiaramente enunciati
Se si tratta di
persona naturalmente ortodossa, pensabenista, in neolingua, egli saprà
in tutte le circostanze, senza nemmeno starci a pensar su, qual è
l'opinione consentita
"
E in effetti non si può
negare che già oggi, nell'ambito dell'U.E., si sappia quali sono
le opinioni consentite e quali no, come dimostra fra l'altro il noto caso
del Cardinal Biffi, duramente aggredito e tacciato di orientamenti
nazistoidi dalla stampa orwellianamente pensabenista comunitaria, per
aver sostenuto che al fine di evitare futuri problemi sociali sarebbe
opportuno accogliere preferenzialmente extracomunitari di religione cristiana
anziché musulmana. Se non fosse per la visibilità che spetta
ad un Principe della Chiesa Romana, si potrebbe dire che il Cardinal Biffi
è certamente uno dei primi candidati ai futuri gulag di Eurolandia.
Quello che Biffi non ha effettuato,
per dirla con le parole di Goldstein, è lo stopreato. "Lo
stopreato sta a rappresentare, in sostanza, la facoltà di arrestarsi
in modo rapido e deciso, e come per istinto, sulla soglia di qualsiasi
pensiero pericoloso. Esso include la capacità di non cogliere le
analogie, di non riuscire a percepire errori di logica
ove essi
siano incompatibili con il Socing, e soprattutto d'esser presto affaticati
e respinti da qualsiasi tentativo di elaborare una dialettica di pensiero
che sia suscettibile di condurre in una direzione eretica. Stopreato significa,
in sostanza, stupidità protettiva. (
) Ma esprime anche la
particolare abilità che consiste nel credere che il nero sia bianco,
o meglio addirittura di sapere che il nero è bianco, e di dimenticare
d'aver mai creduto il contrario. (
) Bispensiero sta a significare
la capacità di condividere simultaneamente due opinioni palesemente
contraddittorie e di accertarle entrambe. L'intellettuale di
Partito sa
perfettamente che sottopone la realtà a un processo
di aggiustamento (egli infatti non distingue, là dove il Partito
lo richieda, le diversità, ma le equipara cioè: 2+2 = 4
, ma anche 5
; rosso = nero; religione X = religione Y, ecc. N.d.A.);
ma mediante l'esercizio del bispensiero riesce nel contempo a persuadere
sé stesso che la realtà non è violata. (
) Spacciare
deliberate menzogne e credervi con purità di cuore, dimenticare
ogni avvenimento che è divenuto sconveniente, e quindi, allorché
ridiventa necessario, trarlo dall'oblio per tutto quel tempo che abbisogna,
negare l'esistenza della realtà obiettiva
tutto ciò
è indispensabile in modo assoluto. (
) Se si vuole comandare
e persistere nell'azione di comando bisogna anche essere capaci di manovrare
e dirigere il senso della realtà". E infatti O'Brien,
torturando Winston, gli vuole insegnare a leggere la realtà non
in base a criteri obiettivi ma in base al proprio volere: si può
distinguere (discriminare), vietarlo infatti sarebbe impossibile, ma si
deve distinguere e cioè pensare, come vuole il Partito. Lo psicopoliziotto
mostra a Winston quattro dita e lo tortura atrocemente in quanto quest'ultimo,
alla domanda "Quante dita tengo su Winston?" risponde
invariabilmente "Quattro".
Alla fine il disgraziato, dato
che non riesce a vedere cinque dita come vorrebbe il suo torturatore,
conclude ""Non lo so. Non lo so. Mi farai morire se ripeterai
l'esperimento. Quattro, cinque, sei
non so, in buona fede non lo
so proprio". "Va meglio così" disse O'Brien".
Romanzo e realtà si
incontreranno? I presupposti in astratto ci sono: ora sta a chi può
di opporsi, per evitare che si traduca in realtà su larga scala
quanto riferisce un compagno di sventura del protagonista, tale Parson,
che spiegando i motivi della propria detenzione osserva: "
non si è fatto proprio niente
niente all'infuori di qualche
pensiero
qualche pensiero che non si è potuto fare a meno
di pensare".
È la miopia il primo
male che ha risucchiato, nel corso della storia, i popoli nel vortice
del disastro; va perciò ancora una volta ribadito che non ci si
può limitare a spingere il proprio sguardo appena un metro più
in là: è necessario tenere presente quali sconfinate prospettive
aprono i princìpi eversivi che animano l'inciviltà del legislatore
europeo. Il mandato di arresto europeo permette il controllo del presente
attraverso la deportazione del deviante: "Chi controlla il passato,
controlla il futuro; chi controlla il presente, controlla il passato",
ammette Winston ripetendo uno slogan del Partito.
E se opporsi dovesse costare,
e se i più dovessero cedere alle enormi pressioni che il Leviatano
europeo riesce a scatenare, in fondo si tratterebbe di un'ipotesi già
verificatasi e comunque più volte immaginata nel corso della storia.
Anche da Orwell, per restare
a "1984": Winston seppe, con molta più sicurezza
di prima, che non era pazzo. L'essere in minoranza, anche l'essere rimasto
addirittura solo, non voleva dire affatto essere pazzi. C'era la verità
e c'era la non verità, e se ci si fosse aggrappati alla verità,
anche mettendosi contro tutto il mondo intero, non si era pazzi".
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