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Tsunami a Gaza

di Israel Shamir

Segnalato dal Centro Studi Giuseppe Federici
Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature
e quanto scritto nello spazio giallo sono della Redazione

       Mentre tutto il mondo ha inviato aiuti al sud-est asiatico, colpito dallo tsunami, Israele ha mandato un team con un compito davvero unico.
       Non molti turisti israeliani sono stati spazzati via dall'onda gigantesca —tre sono le vittime ufficiali, e circa 20 i dispersi; non molti, se paragonati agli oltre centomila indonesiani o persino ai tremila svedesi—. Eppure i team israeliani erano molto attivi sul terreno.
       Il gruppo di esperti altamente addestrati, guidato dal rabbino Meshi Zahav, non aveva il compito di salvare sopravvissuti intrappolati né di alleviare le sofferenze di milioni di individui; il suo compito era salvare gli israeliani morti da un destino peggiore della morte —essere seppelliti in fosse comuni assieme ai goyim—.
       Il quotidiano Ha'aretz ha riportato: "Il team israeliano di recupero si è diviso in Thailandia giovedì: un team ha cominciato a lavorare per l'identificazione dei corpi a Krabi, mentre l'altro ha cominciato a svolgere lo stesso compito a Phuket. Le troupe israeliane —della polizia e di Zaka (un gruppo non-profit specializzato nell'identificare le vittime dei disastri)— stanno cercando di localizzare gli israeliani morti prima che vengano sepolti".
       Hanno obbligato il governo thailandese a rimandare le sepolture di massa, anche se esse erano necessarie per prevenire il propagarsi di epidemie, e Bangkok ha acconsentito. Ogni israeliano morto deve essere trasportato in Israele o, almeno, seppellito separatamente da gente di altre religioni. Come ha rimarcato l'acuto Gilad Atzomon: «gli "altruistici" israeliani ... sentono un senso di panico, noi tutti sappiamo che i loro morti meritano una speciale sepoltura. Il fatto che 5-10 di essi possano disperdersi tra 125.000 gentili è orripilante. Sono certo che voi capiate».
       Questa questione è parte integrante del comandamento secondo cui "la Nazione dimorerà da sola" —in base al quale non dovremmo né vivere né morire in mezzo agli altri—. La sepoltura separata è necessaria a garantire la resurrezione del corpo alla venuta del Messia. Persino gli ebrei non religiosi seguono questa regola senza pensarci due volte. [...]
       Questo terrificante esclusivismo deve essere preso in considerazione allorché si voglia comprendere l'infinito show del ridispiegamento israeliano a Gaza. Il governo Sharon vuole ritirare le sue truppe dall'interno della striscia al suo perimetro. Buono e giusto: una decisione ragionevole, dal suo punto di vista. È più conveniente chiudere a chiave Gaza e circondarla con le truppe israeliane. Il ridispiegamento non è né buono né cattivo per i palestinesi -gli israeliani potranno sempre ucciderne quanti ne vorranno dalle basi al di fuori della stretta striscia- anche se questo atto viene presentato come un passo importante per la creazione di uno stato palestinese.
       Ora, invece del ridispiegamento, Israele discute del destino di alcuni (probabilmente 2000) coloni ebraici nella striscia di Gaza. Sharon vuole evacuarli e ricompensarli con lauti indennizzi; loro si oppongono all'evacuazione.. L'intera società israeliana discute se possano essere rimossi; quanta forza debba esservi applicata; se "gli ebrei possono rimuovere altri ebrei"; se le dichiarazioni dei rabbini, che si oppongono all'evacuazione abbia la precedenza sulle decisioni del governo.
       Nessuno, assolutamente nessuno è pronto a considerare una soluzione ovvia: rimuovere l'esercito e lasciare i coloni dove sono. Se vogliono stare a Gaza, che ci restino. Che non si paghi un solo centesimo per la loro rimozione: sono uomini e donne liberi; sapevano quel che facevano quando accettarono terre e case a Gaza. Ci sono centinaia di ebrei americani che vogliono comprare le loro case, ci sono palestinesi che vogliono comprare; dunque, nessun problema: chi vuole restare, resti, chi vuole andar via, venda la sua casa e vada pure. Se questi coloni saranno odiosi nei confronti dei loro vicini, andranno via; se saranno buoni vicini, sbocceranno.
       In realtà, quando l'impero britannico lasciò la Palestina, o l'India, o l'Africa, non evacuarono i loro cittadini con la forza. Chiunque fosse stato consapevole di aver creato troppa sofferenza ai nativi, tornò in Inghilterra; chiunque preferì restare, lo fece.
       Il Kenya è un buon esempio da considerare. Il paese aveva una consistente comunità di coloni inglesi; vi era inoltre la resistenza molto attiva dei nativi Mau-Mau, molto più violenta di quella palestinese; eppure, quando il Kenya ottenne l'indipendenza, i coloni restarono. Li ho incontrati nelle Highlands presso il lago Rodolfo: coltivatori prosperi, vigorosi e bruciati dal sole come gli israeliani vecchio stile, parlano la lingua locale e sono coinvolti nella vita locale. Molti di essi hanno minuscoli aeroplani con cui raggiungono Nairobi per un drink serale quando sono stanchi di guardare i fenicotteri rosa bagnarsi nel lago. I coloni cercano di essere buoni vicini per i nativi —dopo tutto, il potere politico è nelle mani dei nativi Kikuyu; e la RAF non è più lì a difenderli—.
       Questo è l'esempio che i coloni israeliani dovrebbero emulare, poiché non è il governo che dovrebbe dir loro cosa fare e dove vivere. I loro insediamenti non saranno più "per soli ebrei". Avranno come vicini i nativi, non solo come braccia da lavoro, ma come dirigenti, poliziotti e giudici, e questa considerazione non impedì a migliaia di inglesi, e francesi, portoghesi e spagnoli, russi e tedeschi di restare nei nuovi paesi indipendenti. Il discorso dell'evacuazione che può portare Israele sull'orlo della guerra civile non può essere compreso al di fuori dell' infimo quadro generale dell'esclusivismo ebraico.
       Solo della gente che non sopporta l'idea di essere sepolta in una tomba comune assieme a dei gentili non può immaginare la possibilità di vivere da eguali senza che un esercito ed un'amministrazione coloniale difendano la sua supremazia.
       Azmi Bishara, il nostro parlamentare di Nazareth, ha avuto ragione quando ha rifiutato di supportare l'iniziativa di Sharon; mentre il partito laburista di Peres —con l'entrata nel governo Sharon per sostenere il piano di "disimpegno"— aggiunge un altro vergognoso capitolo alla sua lunga lista di vergogne. Il caso dei coloni di Gaza può essere usato per minare "il carattere ebraico dello stato".
       Non vi è ragione per sostenere il gioco dell'esclusivismo ebraico, né in Thailandia né a Gaza.

Israel Shamir
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Da: http://www.haaretz.com/hasen/spages/521450.html
traduzione a cura di www.arabcomint.com

   

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