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Il «piano Seelisberg» che incantÒ Giovanni XXIII

di Alberto Fontan

Fonte: Effedieffe
Segnalato da: Mazarino

      Il cedimento della Chiesa, programmato e imposto dagli ebrei, è accettato e fatto proprio dalla vile accondiscendenza dei "buoni", che i fatti denunciano come lupi e traditori di quel Gesù che, sull'esempio di Giuda, baciano per venderlo ai nemici.

Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi
e quanto scritto nello spazio giallo sono generalmente della Redazion

      
Il cardinal Bea stringe la mano a rabbi Abraham Joshua Heschel durante il meeting del 1963 con la rappresentanza dell'American Jewish Committee

      Scrive De Poncins: «Il professor Jules Isaac nel 1959 diede una conferenza alla Sorbona [Parigi] sulla necessità di rivedere l’insegnamento cristiano sui giudei chiudendolo con un appello al senso di giustizia ed amore della verità di Papa Giovanni [XXIII].
      Poco tempo dopo incontrò vari prelati della Curia Romana, in particolare i cardinali Tisserant, Jullie, Ottaviani, ed il cardinale Bea; ed il 13 giugno 1960 gli fu concessa un’udienza dal Papa (Giovanni XXIII), a cui chiese di condannare ‘l’insegnamento del disprezzo’ (1), suggerendogli di predisporre una sottocom-missione per studiare specificamente il problema.
     
Dopo qualche tempo Jules Isaac ‘apprese con gioia che i suoi suggerimenti erano stati presi in considerazione dal Papa e passati al cardinale Bea (2) per essere Esaminati’. Quest’ultimo costituì uno speciale gruppo di lavoro per studiare le relazioni tra la Chiesa ed Israele, che finalmente produssero il voto del Concilio del 20 novembre 1964». (3)
      «Egli [Isaac] chiedeva, o piuttosto insisteva, che il Concilio:
      -Condannasse e sopprimesse tutte le discriminazioni razziali, religiose o nazionali riguardo ai giudei;
      -modificasse o sopprimesse le preghiere liturgiche concernenti i giudei, specialmente quelle del Venerdì Santo;
      -dichiarasse che i giudei non sono in alcun modo responsabili per la morte di Cristo, per la quale si deve biasimare l’intera umanità;
      -sopprimesse i passaggi degli Evangelisti, e principalmente quello di san Matteo, che Jules Isaac descrive lividamente come un mentitore e pervertitore della verità, nei quali essi riportano la storia cruciale della Passione;
      -dichiarasse che la Chiesa è sempre stata degna di biasimo per questo stato di guerra latente che è persistito per duemila anni tra i giudei, i cristiani e il resto del mondo;
      -Promettesse che la Chiesa avrebbe definitivamente cambiato la sua attitudine in uno spirito di umiltà, contrizione e ricerca di perdono riguardo ai giudei, e che avrebbe fatto ogni sforzo per riparare i torti che essa ha fatto loro, rettificando e purificando il suo tradizionale insegnamento secondo i dettami indicati da Jules Isaac.
      Nonostante l’insolenza del suo ultimatum e delle virulente accuse agli Evangelisti e all’insegnamento dei Padri della Chiesa, fondato sulle parole stesse di Cristo, Jules Isaac ricevette forte supporto dal clero, anche a Roma, e da molti membri dell’Amitié Judéo-chrétienne». (4)

   

            Prima di inoltrarci nella vicenda Seelisberg, conviene rilevare che il giudaismo attuale, ancor più di quello del tempo della
Madonna e di Gesù, non ha nulla a che vedere con le Sacre Scritture e la Legge dell’Antico Testamento (ovvero la Torah), che erano tuttavia allora, sia pur da pochi, ancora conosciute, e talvolta spiritualmente applicate come regola morale.
      Esse sono oggi totalmente ignorate dagli odierni giudei.
      Il giudaismo infatti non inizia con Abramo, come molti credono.
      La religione del giudaismo sorge a Babilonia, oltre duemila anni dopo, durante la «cattività di Babilonia» (721-538 avanti Cristo).
      E’ là che, in assenza del «tempio» distrutto nel 586 si sviluppa la «sinagoga».
      Il «libro» per cui il giudaismo si fa chiamare religione del libro non è affatto la Bibbia, non è per nulla la Torah, ma bensì «l’arcipelago» orale del Talmud che sarà infine messo per iscritto solo intorno al VI secolo dopo Cristo.
      Come ha scritto giustamente rabbi Ben Zion Boxer, «il Giudaismo non è la religione della Bibbia». (5)
      «Questa non è una impressione insolita e la si trova a volte tra i giudei, come anche tra i cristiani, che il giudaismo cioè sia la religione della Bibbia ebraica. Si tratta naturalmente di una impressione fallace. [...]
      Chiunque cercasse di paragonare la tradizione ebraica classica col mondo biblico della fede e della vita troverebbe dei sorprendenti contrasti. [...]
      Molto di ciò che esiste nel giudaismo è assente nella Bibbia, e molto di ciò che si trova nella Bibbia non può esser trovato nel giudaismo». (6)
      Dopo anni ed anni di cattività, Israele aveva dimenticato tutto circa la Torah, finchè non fu scoperta una pergamena nel Tempio (7) all’epoca di Manasse (687-642 avanti Cristo).
      Israele e Giuda avevano praticamente abbandonato la Torah parecchio tempo prima della «cattività», e quest’ultima ne era infatti la conseguenza, poiché così facendo erano ritornati al peggiore paganesimo praticando una sorta di religione sincretistica, una mescolanza di superstizioni, cabala, religiosità magico-misteriche varie, ecc.
      Purtroppo è proprio verso questo genere di aberrazioni che la nuova religione mondialista, vedi caso, cerca di spingere l’umanità.
      Dal tempo di Gesù Cristo ad oggi, il giudaismo ha ulteriormente sviluppato il suo Talmud, che ha dapprima eclissato le Scritture e poi le ha del tutto soppiantate con i suoi ipertrofici commenti cresciuti a dismisura come un tumore maligno.
      La Bibbia nel giudaismo talmudico (che è quello odierno) viene considerata una collezione di storie di fantasia adatte solo per dementi, donne sciocche, e bambini. (8)
      Anche per questi motivi nostro Signore accennò da un lato a coloro nei quali era presente la frode intellettuale e spirituale, che «dicon d’essere giudei e non sono, ma sono sinagoga di Satana» e dall’altro invece all’«autentico israelita in cui non c’è frode» (Giovanni 1: 47).

   

           La nota questione dei Khazari, di origini turco-caucasiche e niente affatto semitiche, che si convertirono in massa non all’ebraismo biblico antico, ma piuttosto al Talmudismo, i quali oggi costituirebbero la stragrande maggioranza degli «ebrei», complica ulteriormente le cose.
      Si veda ad esempio il racconto della «13a Tribù» nel libro di Arthur Koestler «The Thirteenth Tribe», Londra, 1976.
      Koestler, giudeo ashkenazita, era orgoglioso della sua origine khazara, ma la pubblicazione del suo libro, nel 1976, fece parecchio scalpore, il libro fu fatto rapidamente sparire dalla circolazione e divenne praticamente introvabile. [A]
      Nel 1983, i corpi senza vita di Arthur Koestler e di sua moglie furono trovati nella loro casa di Londra.
      Nonostante significative incongruenze, la polizia britannica finì per chiudere il caso archiviandolo come un duplice suicidio.
      Alcuni anni fa la storia dei Khazari descritta dal povero Koestler riemerse dall’oblìo ed è oggi accessibile su vari siti internet. (9)      

  [A] Il fattaccio si è ripetuto di recente con il libro "Pasque di sangue", di W Toaff.

      Tornando ora alle richieste del professor Isaac degli anni ‘60, osserviamo che parte della loro sostanza, in forma più attenuata, si ritrova nel documento in dieci punti compilato a Seelisberg, cittadina svizzera del cantone di Uri, ed emesso dai membri cristiani dell’International Council of Christians and Jews il 5 agosto 1947. (10)
      Il documento si compone di quattro «memento» e sei «vitandum est».
      Ora, mentre gli ultimi cinque punti di Seelisberg costituiscono materia usuale del pensiero cattolico, i primi cinque, cioè i quattro «si ricordi» e il primo dei «si eviti» comportano invece una buona dose di ambiguità.
      Perciò hanno potuto essere impiegati in seguito, sfruttando la «fallace impressione» che il giudaismo sia la religione della Bibbia, per condurre l’opinione pubblica cristiana in genere e quella dei prelati cattolici in particolare verso quel radicale mutamento del quale oggi constatiamo i frutti, che forse sono ancora solo una parte di quelli che ci attendono…
      Inutile dire che al Concilio i prelati più «predisposti», dal Papa «buono» in giù, li abbracciarono totalmente, mentre la maggioranza degli altri, vuoi per eccessiva ingenuità, vuoi perché immersi nell’euforia conciliare delle mirabili e progressive sorti sognate per la Chiesa e l’umanità vi si allineò senza obiezioni.
      Il primo punto recita: «Si ricordi che Un Solo Dio parla a tutti noi attraverso l’Antico ed il Nuovo Testamento».
      Peccato che il giudaismo moderno, che non è biblico ma talmudico, abbia abbandonato il primo e rifiuti categoricamente il secondo.
      Il secondo punto afferma: «Si ricordi che Gesù nacque da una madre ebrea della stirpe di Davide e del popolo di Israele, e che il Suo perenne amore e perdono abbracciano il Suo proprio popolo ed il mondo intero».
      Verissimo, a patto però che gli uomini si convertano.
      Il terzo dice: «Si ricordi che I primi discepoli, gli apostoli e i primi martiri furono ebrei».
      Ebrei sì, ma non certo adepti del giudaismo.
      Il quarto: «Si ricordi che il comandamento fondamentale del cristianesimo, di amare Dio ed il prossimo, già proclamato nell’Antico Testamento [che il Giudaismo ha abbandonato] e confermato da Gesù [che il giudaismo rifiuta], è vincolante sia per i cristiani che per i giudei in ogni relazione umana, senza alcuna eccezione».
      Anzi, esso è obbligatorio per tutti gli uomini, se non che il giudaismo non si ritiene affatto vincolato a tale precetto e dunque non si sogna affatto di praticarlo.
      Qui siamo in pieno nella già detta «fallace impressione».
      Il quinto: «Si eviti di distorcere o rappresentare falsamente il giudaismo biblico o post-biblico con lo scopo di esaltare il cristianesimo».
      Ma il cristianesimo dal suo Fondatore in poi non ha mai avuto bisogno di falsificare alcunchè, specie per esaltare se stesso. Non è mai stato necessario, basta studiare un po’ la storia.          

   

      Il sesto: «Si eviti di usare il termine giudei nel senso esclusivo dei nemici di Gesù e le parole ‘i nemici di Gesù’ per designare l’intero popolo giudaico».
      Il settimo: «Si eviti di presentare la Passione in modo tale da trasferire l’odio per l’uccisione di Gesù su tutti i giudei o sui soli giudei. Fu solo una parte dei giudei di Gerusalemme che chiese la morte di Gesù, ed il messaggio cristiano è sempre stato quello che erano i peccati del genere umano simboleggiati da quei giudei ed i peccati ai quali hanno parte tutti gli uomini che hanno portato Cristo sulla Croce».
      L’ottavo: «Si eviti di far riferimento alle maledizioni scritturali, o al grido di una turba rabbiosa: Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli, senza ricordare che questo grido non dovrebbe contare di fronte alle parole di peso infinitamente maggiore di nostro Signore: ‘Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno’». [B]
      Il nono: «Si eviti di promuovere la superstiziosa nozione che il popolo giudaico sia riprovato, maledetto, riservato ad un destino di sofferenza». [C]
      Il decimo: «Si eviti di parlare dei giudei come se i primi membri della Chiesa non siano stati dei giudei». [D]       

 

[B] Perché? un assassino perdonato, non rimane sempre e comunque un assassino? Inoltre, che la Vittima perdoni, è sufficiente anche nel caso in cui l'assassino si ostina nel suo esecrando misfatto? E quando mai gli ebrei hanno chiesto perdono a Gesù?! Quando mai l'hanno riconosciuto Messia, Figlio di Dio e Dio esgli stesso?
[C] La riprovazione e la maledizione, con tutte le rispettive conseguenze, sono scritte nella Bibbia, nel Vecchio Testamento, sono parola di Dio, e non superstizione!
[D] Giudei sì, ma convertiti!

            Secondo il SIDIC (Service International de Documentation Judéo-Chrétienne), che ha festeggiato nel 1997 il cinquantenario della Conferenza di Seelisberg del 1947, «Il suo scopo fu:
      I) di studiare l’estensione presente del male dell’antisemitismo ed i fattori che contribuiscono alla sua persistenza e crescita nell’Europa del dopoguerra;
      II) di formulare piani di attività immediata e a lunga scadenza attraverso le istituzioni educative, politiche, religiose e sociali di carattere sia nazionale che internazionale, per rimuovere le cause, e rimediare agli effetti dell’ antisemitismo». (11)
      Ma a loro volta i dieci punti di Seelisberg furono il frutto dell’influenza esercitata sia da Isaac sia da altri personaggi per
inculcare nel mondo cristiano la teoria colpevolizzante dell’insegnamento del disprezzo
: «Già fin dagli anni ‘30 e ‘40, studiosi come James Parkes in Inghilterra, Jules Isaac in Francia, e A. Roy Eckardt negli Stati Uniti avevano preparato la via per questa ammissione di complicità tramite il loro lavoro sulla lunga storia dell’antisemitismo nella cultura cristiana. Jules Isaac, il cui libro ‘L’enseignement du mépris' (1962) diede corso a quella frase, fu influente nella formulazione dei famosi ‘Dieci Punti di Seelisberg’ emessi dai membri cristiani del recentemente formato International Council of Christians and Jews in Svizzera nel 1947». (12)
      «Nel mondo del cattolicesimo romano, una delle più concrete prime azioni fu quella di Papa Giovanni XXIII nel 1958 col rimuovere la frase ‘i perfidi giudei’ dalla liturgia del Venerdì Santo. Fu anche questo beneamato Papa che adunò il Concilio Vaticano Secondo, che nella sessione finale del 1965 approvò la famosa dichiarazione ‘Nostra Aetate’». (13)
      Dal tempo di Jules Isaac, l’accusa volutamente ambigua di «antisemitismo» è stata forgiata ed usata come arma psicologica mediatico-politica similmente all’accusa di «fascismo» dell’epoca sessantottina, che raggiunse la sua apoteosi quando, deterioratisi i rapporti tra URSS e Cina, i rispettivi capi comunisti si accusavano l’un l’altro di «fascismo».
      Ad una semplice riflessione essa infatti appare per quel che è: una etichetta fasulla [non sono forse semiti anche gli arabi? Sono piuttosto semiti i khazari?] architettata per essere appiccicata a chi non aderisce alla politica dei «padroni del vapore».
      Non ci sarebbe da stupirsi che una tale etichettatura se la ritrovassero presto o tardi appiccicata degli ebrei qualora rei di dire il vero  -ce ne sono molti-  su cose non «politicamente corrette».

   

      Quanto alle variazioni liturgiche roncalliane, la perfidia, secondo la Chiesa cattolica, non sta -e non è mai stata- nell’appartenenza ad una determinata razza umana, ma sta nel rifiuto della verità.
      Difatti le preghiere del Venerdì Santo avevano lo scopo di supplicare Dio per la conversione dei giudei.
      Viceversa, proprio l’aver accolto la menzogna al posto della verità ha prodotto quella talmudizzazione del cristianesimo che si vede perfettamente compiuta in molti intellettuali (clero e laici) definiti cattolici, alcuni addirittura, spesso con una immeritata fama, «cattolici conservatori».
      Costoro, per i quali i giudei non necessitano di conversione, dovrebbero leggersi, o rileggersi, il libro su Eugenio Zolli della
franco-americana Judith Cabaud («Il rabbino che si arrese a Cristo», Edizioni Paoline, 2002).
      Tutti già a posto così, dunque, i giudei, senza nemmeno sognarsi di riconoscere Gesù Cristo vero Dio e vero uomo e la Chiesa da Lui superfluamente fondata.
      Allora perfida non è affatto la Cabaud, il cui libro anzi è interessante a prescindere dalle sue opinioni, ma perfidi appaiono piuttosto i cattolici di cui abbiamo scritto, e quelli come loro, tra i quali anche Joseph Ratzinger, che sulla scia roncalliana, in ottemperanza alle pretese dei vari Jules Isaac, non vogliono che abbia mai luogo la conversione per la quale invece Israel Zolli ringraziò Dio (ed anche il Papa «non-buono» Pio XII).
      Corollario dei «mea culpa» e delle «richieste di perdono» della Chiesa ai giudei, da Roncalli a Ratzinger, è la diffusione della grande menzogna sincretista della cosiddetta «tradizione o cultura giudeo-cristiana» da ritenersi quale fondamento della civiltà occidentale, secondo la quale il cristianesimo sarebbe un mero sottoprodotto [E] derivato dal giudaismo.
      E quanto oggi si vede in Occidente sarebbe allora non già l’effetto dell’apostasia anticristica in atto, ma il risultato delle deficienze del cristianesimo, che occorrerebbe correggere riportandolo, mediante abbondanti iniezioni di giudaismo, alla sanità della religione mondiale da quest’ultimo patrocinata e diretta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[E] Ed ecco i fratelli "maggiori" di vojtyliana memoria.

      Ma il giudaismo non crede neppure al peccato originale con la relativa caduta dell’uomo ed esclude quindi la necessità di una redenzione e di un Redentore.
      Quest’idea, che arriva dal talmudismo di Babilonia e dal serpente dell’Eden, è la medesima propagandata dal duo Rousseau-Voltaire.
      Peccato che cristianesimo e giudaismo talmudico siano tra loro assolutamente incompatibili ed antitetici ed abbiano in comune soltanto ciò che di comune può esservi tra Cristo e Belial, vale a dire nulla.
      Peccato che ancor meno vi sia continuità tra l’uno e l’altro, tanto da poter costituire una qualsivoglia tradizione.
      Viceversa, il dogma mediatico moderno della «tradizione giudeo-cristiana», fondato sul nulla, è assai necessario per la propagazione della religione mondialista, mentre si sospinge l’umanità intera nel baratro della «grande apostasia» predetta da san Paolo nella II Epistola ai Tessalonicesi.

Alberto Fontan

   

       Note
      1) Il libro di Jules Isaac «L’enseignement du mépris» è del 1962.
      2) Non solo Bugnini, l’inventore del Novus Ordo, ma anche il gesuita Bea, di origini giudaiche, pare fosse massone. Mahowald scrive: «Il cardinale Augustin Bea, della segreteria di Papa Giovanni XXIII e di Papa Paolo VI era un massone». [Stephen Mahowald, «She Shall Crush Thy Head», Omaha, MMR Publishing, 1998, p. 215].
      3) Léon De Poncins in «Judaism and the Vatican: an attempt at spiritual subversion», London, Britons Pub. Co., 1967, pagine 12-13
      4) Léon De Poncins, opera citata , pagina 29.
      5) Rabbi Ben Zion Boxer, «Judaism and the Christian Predicament», 1966, pagina 159, («non» è evidenziato dall’autore nell’originale).
      6) Rabbi Ben Zion Boxer, opera citata, pagina 59.
      7) Vedi 4° Libro dei Re 22:8; e 23:24; 2 Paralipomeni 34:14 e seguenti.
      8) Vedi Elizabeth Dilling, «The Jewish Religion: Its influence Today», Chicago,1964, ristampa, 1983.
      9) Vedere ad esempio http://www.christusrex.org/www2/koestler/index. html
      10) I «dieci punti di Seelisberg», emessi dall’International Council of Christians and Jews, 5 agosto 1947 si trovano ad esempio in http://www.bc.edu/bc_org/research/cjl/Documents/Seelisberg.htm
      11) SIDIC-Service International de Documentation Judéo-Chrétienne 1997, volume XXX, numero 2 Pagina: 01, articolo «Pioneers in Christian-Jewish Dialogue. A Tribute». http://www.sidic.org/it/review-ViewArticolo.asp?id=225
      12) US Holocaust Memorial Museum. Speaking Out About Antisemitism And The Holocaust. Jews And Christians: The Unfolding Interfaith Relationship http://www.ushmm.org/research/center/presenta-tions/features/details/2006-04-27/
      13) US Holocaust Memorial Museum, ibidem.

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