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La memoria corta
Quando gli ebrei ringrazivano PIO XII

       Una volta per tutte diciamo che si dovrebbe smettere di considerare antisemita chiunque non si accodi acriticamente alla storiografia ufficiale, chiunque voglia dire la verità storica (dire come realmente si sono svolti i fatti), chiunque veda oltre alle sofferenze degli ebrei quelle degli altri, oltre allo sterminio ebreo quello di altri popoli (degli Armeni, ad esempio).
       Non vediamo perché gli ebrei debbano essere al centro di tutto e di tutti, sempre e comunque, intoccabili e puri. Se meritano, siamo i primi a gridare onore al merito! Ma se sbagliano ci si consenta di dire che sbagliano.
       Noi non siamo antisemiti, condanniamo l'antisemitismo preconcetto, ma non vogliamo essere sciocchi schiavi di nessuno, ebrei compresi!

La Redazione

Segnalato dal Centro Studi Giuseppe Federici
Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature
e quanto scritto nello spazio giallo sono della Redazione


       Negli ultimi anni le lobby anticattoliche hanno scatenato una campagna mediatica contro il Papa Pio XII. In particolare si accusa Papa Pacelli di non essere intervenuto adeguatamente a difesa degli Ebrei durante l'ultima guerra mondiale.
       A prescindere dalle molteplici considerazioni che si possono fare sui diversi aspetti della II Guerra Mondiale, tra cui la questione dell'olocausto, riportiamo alcuni documenti particolarmente interessanti. I documenti si riferiscono alle testimonianze di riconoscenza delle comunità ebraiche per l'opera di carità corporale esercitata da Pio XII anche nei loro confronti.        L'importanza dei documenti prescinde dall'orientamento dell'articolista, schierato sulle posizioni della storiografia ufficiale.

Documento n. 1 -
Un ebreo salvato dalla Shoà donò per riconoscenza a Pio XII Villa Giorgina

Roma - Alla fine delle guerra ci sono state innumerevoli dimostrazioni di ringraziamento e gratitudine da parte degli ebrei che si erano salvati grazie all'opera di assistenza delle istituzioni ecclesiastiche.
       Una delle storie più rilevanti è quella di Abramo Giacobbe Isaia Levi, uomo illustre e Senatore del Regno fino alla promulgazione delle leggi razziali, che durante l'occupazione nazista venne nascosto dalle suore di Maria Bambina nella casa da loro gestita a fianco dell'Istituto Patristico Augustinianum, adiacente al colonnato di destra di piazza San Pietro.
       Per riconoscenza donò al pontefice Pio XII la Villa Giorgina, attuale sede della Nunziatura Apostolica in Italia, che venne istituita nell'11 febbraio del 1929, successivamente alla firma dei Patti Lateranensi.
       Il proprietario era il Senatore del Regno (Abramo Giacobbe) Isaia Levi che fece costruire la Villa negli anni Venti con il nome di Villa Levi. Denominata in seguito Villa Giorgina in memoria della giovane figlia scomparsa prematuramente.
       Il Senatore Levi morì il 6 maggio del 1949. Il suo testamento letto il 9 maggio del 1949 recitava: «Lascio al Pontefice regnante Pio XII Villa Levi attualmente villa Giorgina in ricordo della mia amata bambina. Ventimila metri quadrati di superficie e un giardino con piante di valore. Nella villa ci sono frammenti antichi, e quanto di meglio esiste ai nostri tempi. L'architettura è di stile neoclassico con sontuosi soffitti in legno riportati da ville romane del 5/600».
       Nell'atto di donazione il Senatore Levi suggerì anche la finalità d'uso e propose di adibirla a sede della Pontificia Accademia per le Scienze o come Nunziatura Apostolica. Volontà che venne esaudita da papa Giovanni XXIII il quale nel 1959 decise che la Villa, situata in via Po n. 27, divenisse sede della Nunziatura a Roma.
       Secondo le sue stesse parole il Senatore Levi donò questa villa per: «Essere stato preservato dai pericoli della iniqua persecuzione razziale sovvertitrice di ogni rapporto della vita umana e grato alla protezione concessagli in quel turbinoso periodo dalle Suore di Maria Bambina», presso le quali trovò considerevole ospitalità nel peggior pericolo delle persecuzioni razziali.
       Alla fine della guerra, grazie al sostegno amoroso della moglie, Nella Coen, il Senatore Levi si convertì alla religione cristiana ma non dimenticò mai i suoi correligionari. Donò, infatti, una ingente somma di denaro agli ebrei vecchi, disabili e che vivevano in stato di povertà.

(Agenzia Zenit del 26 gennaio 2005)

 

Documento n. 2 -
I ringraziamenti degli ebrei a Pio XII per l¹opera di assistenza della Chiesa

Roma - A circa 60 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, per buona parte dell'opinione pubblica non è ancora chiaro quanto il Papa Pio XII e la Chiesa cattolica fecero in favore degli ebrei durante la persecuzione nazista. Eppure parte di questa immane opera di assistenza è ampiamente riportata nella stampa ebraica.
       Dal gennaio del 1942 i nazisti cominciarono ad applicare la «soluzione finale», sterminando gli ebrei. A ciò la Santa Sede oppose pubblicamente le armi della diplomazia, agendo poi segretamente per assistere gli ebrei e nascondendone il maggior numero possibile.
       Nel radiomessaggio del Natale 1942 il Papa denunciò la persecuzione contro «Quei centinaia di migliaia di individui che, senza qualsiasi colpa loro, qualche volta solamente per ragioni della loro nazionalità o stirpe, sono stati designati per la morte o per l'estinzione progressiva».
       Mentre oggi alcuni sostengono che il Papa non si è mai pronunciato in favore degli ebrei, i nazisti compresero bene ciò che disse. In un rapporto del Servizio Centrale di Sicurezza del Reich, datato 22 gennaio 1943, è scritto: «In una maniera mai conosciuta prima il Papa ha ripudiato il Nuovo Ordine Mondiale Nazional Socialista». «In questo discorso -continua il rapporto- egli ha virtualmente accusato il popolo germanico di ingiustizia nei confronti degli ebrei, e si è fatto portavoce dei criminali di guerra ebrei».
       Il 20 gennaio 1943 Chaim Barlas, rappresentante della Jewish Agency for Palestine, scrisse una lettera al delegato apostolico in Egitto, monsignor Arthur Hughes, in cui si legge: «La grande opera umanitaria di Sua Santità e l'espressione della sua indignazione contro la persecuzione razziale, sono per noi fonte di conforto per i nostri fratelli».
       A partire dal 1943 la Santa Sede si adoperò in un numero imprecisato di interventi per salvare gli ebrei in tutta Europa.
       Il 16 aprile del 1943 l'Australian Jewish News pubblicò un breve articolo sulle attività del cardinale Pierre Gerlier, Arcivescovo di Lione, che si era duramente opposto alla deportazione degli ebrei francesi, e che aveva salvato numerosi bambini ebrei. L'articolo riporta che Gerlier aveva obbedito all'ordine di Pio XII il quale aveva dato precise istruzioni per contrastare le misure antisemitiche in Francia.
       Il 24 settembre 1943 Alex Easterman, rappresentante britannico del World Jewish Congress, contattò il delegato apostolico a Londra, monsignor William Godfrey. Easterman lo informò che 4.000 ebrei croati erano stati portati in salvo su un isola del mare adriatico: «Sono certo che gli sforzi di sua Grazia e del Santo Padre hanno permesso di raggiungere questo stupendo risultato».
       Alla fine del 1943 le comunità ebraiche di Cile, Uruguay e Bolivia inviarono lettere a Pio XII ringraziandolo per la sua opera di assistenza agli ebrei.
       Il 18 febbraio 1944 il delegato apostolico a Washington, Amleto Cicognani, ricevette una lettera da parte del Rabbino Maurice Perlzweig, il Direttore politico del World Jewish Congress, in cui è scritto: «I ripetuti interventi del Santo Padre in favore delle comunità ebraiche in Europa evocano un profondo sentimento di apprezzamento e gratitudine da parte degli ebrei di tutto il mondo».
       L'American Jewish Yearbook 1943-1944 riporta che Pio XII «giocò un ruolo decisivo perché rimase fermo in piedi contro l'oppressione degli ebrei in Europa».
       Nel giugno del 1944 quando gli alleati liberarono Roma, migliaia di ebrei vennero fuori dai nascondigli e raccontarono al mondo di essere stati salvati dalla Santa Sede.
       I soldati ebrei che componevano l'Ottava Armata degli Stati Uniti, pubblicarono nel loro bollettino, chiamato Jewish Brigade Group, un articolo di prima pagina nel giugno del 1944 in cui è scritto: «Per la perpetua e perenne gloria del popolo di Roma e della Chiesa Cattolica Romana, noi possiamo testimoniare che il triste destino degli ebrei fu alleviato da un autentica offerta cristiana di assistenza, protezione e rifugio».
       Il cappellano ebreo della Quinta Armata degli Stati Uniti spiegò che: «Senza l'aiuto e l'assistenza del Vaticano e delle autorità ecclesiastiche romane, centinaia di rifugiati e migliaia di ebrei sarebbero stati uccisi prima della liberazione di Roma».
       L'American Jewish Welfare Board, facente parte del Comitato per le attività religiose dell¹Esercito e della Marina degli Stati Uniti scrisse al Papa: «I nostri cappellani militari presenti in Italia ci hanno raccontato dell'aiuto e della protezione che il Vaticano e istituzioni della Chiesa hanno fornito a moltissimi ebrei durante l'occupazione nazista».
       «Siamo profondamente commossi di fronte a queste incredibili testimonianze di amore cristiano -continuavano-. Più conosciamo queste storie più ci rendiamo conto del pericolo corso da coloro che hanno rischiato la vita pur di fare da scudo agli ebrei ricercati dalla Gestapo».
       «Dal profondo del cuore, noi vogliamo porgere a Lei Santo Padre l'assicurazione della nostra eterna gratitudine per la sua nobile espressione di religiosa fratellanza ed amore».
       Il 7 luglio del 1944 il Jewish News di Detroit scrisse che: «Risulta sempre più chiaro che gli ebrei sono stati salvati dentro alle mura del Vaticano durante l'occupazione tedesca di Roma».        Il Congress Weekly, il giornale ufficiale dell'American Jewish Congress pubblicò il 14 luglio dello stesso anno un'editoriale in cui sosteneva che «la Santa Sede aveva fornito ai rifugiati ebrei anche cibo kasher».
       Sempre il 14 luglio l'American Hebrew di New York pubblicò una intervista con il Rabbino Capo di Roma, Israel Zolli, il quale disse che: «Il Vaticano ha sempre aiutato gli ebrei e gli ebrei sono grati alla carità del Vaticano, fatta e distribuita senza distinzione di razza».
       Il 31 luglio 1944 l'American Jewish Committee e altri organizzazioni ebraiche organizzarono una manifestazione al Madison Square Park di Manhattan, a New York, per mobilitare l'opinione pubblica contro la deportazione degli ebrei ungheresi.        Nel suo discorso il Giudice Joseph Proskauer, presidente dell'American Jewish Committee, disse: «Noi abbiamo sentito quanto grande è stata l'opera del Santo Padre nel salvare gli ebrei in Italia. Sappiamo anche da diverse fonti, quanto questo grande Papa ha cercato di fare per aiutare e salvare gli ebrei in Ungheria».
       Nei mesi successivi Joseph Hertz (Rabbino Capo dell'Impero Britannico), il compositore Irving Berlin, il congressista Emmanuel Cellar di Brooklyn, il Comitato di Emergenza per Salvare gli Ebrei d'Europa, l'Unione dei Rabbini Ortodossi di USA e Canada e la World Agudas Organitation ringraziarono pubblicamente Pio XII per aver salvato gli ebrei dallo sterminio.
       Il 22 aprile 1945 Moshe Sharrett, futuro Ministro degli Esteri e Primo Ministro di Israele, dopo aver incontrato il Papa inviò un dettagliato rapporto all'Esecutivo della Jewish Agency in cui è scritto: «Mio primo dovere è stato quello di ringraziare il Papa e la Chiesa cattolica da parte del popolo ebraico, per tutto quello che hanno fatto nei diversi Paesi per proteggere e nascondere gli ebrei, salvare i bambini e gli israeliti in generale»
       Il 26 maggio del 1955 l'Orchestra Filarmonica di Israele, composta da 95 ebrei provenienti da 14 nazioni, sopravvissuti alla persecuzione, tenne un concerto in Vaticano. Il Jerusalem Post del 29 maggio scrisse a tal proposito che: «Il Maestro Paul Kletzski ha richiesto che l’Orchestra, nella sua prima visita in Italia, suonasse per il Papa come gesto di gratitudine per l’aiuto che la Chiesa ha fornito a tutti i perseguitati dal nazifascismo».
       Quando l'8 ottobre del 1958 Pio XII morì, il Zionist Record, il Jewish Chronicle, il Canadian Jewish Chronicle, il Jewish Post, l'American Hebrew, insieme ai Rabbini di Londra, Roma, Gerusalemme, Francia, Egitto, Argentina ed alla quasi totalità delle associazione ebraiche piansero la scomparsa di quel Papa che Golda Meir, politica israeliana, e Primo Ministro dal 1969 al 1974, definì «un grande servitore della pace».

(Agenzia Zenit del 28 gennaio 2005)

   
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