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Ebrei, Ebraismo ed Identità Ebraica

di Arcangelo Santoro

Prima puntata

       Nel suo volume «Testimone del tempo» Enzo Biagi racconta che ha conosciuto un barbiere di San Francisco, scapolo e membro della locale comunità di immigrati mediorientali, nonché fedele della Chiesa Cattolica di Rito Caldeo (la stessa cui appartiene colui che era il numero due di Bagdad, Tarek Aziz), che si vantava di essere l'ultimo sumero della terra.
       Cosa ne è di popoli un tempo famosi e potenti?
       Cozzerebbe invano contro un muro di gomma chi cercasse di identificare, non dico le tre tribù originarie dell'antica Roma, ma anche solo quanti Etruschi vivono ancora in quel di Siena. Non parliamo poi di chi cercasse di trovarne alcuni coscienti di tale retaggio.
        Un solo popolo dell'antichità esiste ancora oggi, quanto meno formalmente: l'ebreo. Ma le vicende che lo toccano, nelle quali si fondono e confondono storia, cronaca, archeologia e religione, influenzano nel bene e nel male tante altre vicende, che vanno ben al di là del suo scarso peso numerico (mai ufficialmente dichiarato).
        Cosa lo rende tanto peculiare?
        Un suo leader recentemente scomparso, Abba Eban, quando parlava del proprio popolo era solito definirlo «Tremila anni di Thorà al servizio dell'elettronica». Un titolo quasi identico porta un libro che non dovrebbe mai mancare nella biblioteca di chiunque si interessi a tali tematiche: «Storia ebraica e giudaismo. Il peso di tre millenni», di Israele Shahak.
        In quel suo magistrale trattato sulla storia dell'ebraismo, «Gli Ebrei di oggi»,2 Andrea Ruppin in ultima analisi si chiedeva: in cosa consiste l'identità ebraica? In fattori etnici? religiosi? culturali? o forse in una sorta di sommatoria tra alcuni di questi fattori?
        E se paradossalmente avesse ragione l'ebreo Jean Paul Sartre che sosteneva la tesi estrema che gli Ebrei non esistono?
        Non si tratta oggi solo di una curiosità, ma di una questione dai risvolti pratici.
        Nel 2003 saranno ormai cinquantacinque anni che esiste uno Stato ben strano: Israele. Tale Stato reputa che la sua cittadinanza sia un diritto di tutti gli Ebrei che ne fanno richiesta, al punto che le sue Autorità non possono rifiutarla. Sono state costrette ad accogliere a braccia aperte, solo perché Ebrei, narcotrafficanti notori e malfattori vari in fuga dai loro paesi. Il discorso cambia per i non Ebrei o anche per diverse sette di Ebrei dissidenti, come gli ultratradizionalisti Neturei Karta (vedere www.netureikarta.org): visti d'ingresso regolari e lunghi anni di pacifica residenza non bastano.
        Analizziamo il problema.
        Lo Stato di Israele definisce ebreo “chi è nato da madre ebrea e non appartiene ad alcun'altra religione”. Questa definizione (che non sempre si allarga a comprendere i coniugi, infatti il matrimonio misto è osteggiato) fa acqua da tutte le parti. Il mondo è pieno di Ebrei atei. Gli stessi fondatori dello Stato d'Israele erano dei socialisti atei. Il “padre della patria” Ben Gurion, primo Presidente, si vantava di mangiare pubblicamente prosciutto ogni sabato e di non aver mai messo piede in una sinagoga in vita sua. Inoltre le autorità religiose non si accontentano della religione della madre. Vogliono che siano state ebree anche la nonna e la bisnonna. Chi non è certo di che religione sia stata la nonna materna di sua madre o, per meglio dire, chi non può dimostrare... è invitato a «convertirsi».
       C'è poi da considerare che uno studio rigoroso della religione ebraica non è semplice. Mentre le altre religioni3 mostrano con fierezza i propri libri sacri, gli Ebrei al riguardo si comportano ben diversamente. Lasciano credere che il loro libro sacro sia la Bibbia, ma non è proprio così. Tra loro gira il seguente aforisma/apologo: «Chi studia la THORÀ si disseta con acqua di sorgente; chi studia il TALMUD beve del buon vinello; chi studia la KABALA beve vino liquoroso».
       Ma andiamo per gradi.
       La prima cosa da chiarire è che l'ebraismo fino al 70 d. C. (distruzione del Tempio, esattamente una generazione dopo la morte di Gesù) è una cosa totalmente ed intrinsecamente diversa da quello successivo, a parte qualche forma puramente esteriore.        La parola «Ebreo» deriva da Eber, figlio di Sem, a sua volta figlio di Noè e bisnonno di Abramo. Somiglia inoltre al termine «Habiru», con cui gli antichi Egizi chiamavano i nomadi del deserto, che vuol dire «Gli straneri d'oltre il fiume».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

   

preciso

       Tali termini ci rimandano direttamente alla Bibbia, detta così nella sua accezione greca che vuol dire «Libri». Si tratta di un insieme di opere scritte nell'arco di circa un millennio e mezzo da vari autori detti «Agiografi», il primo dei quali fu Mosé (XV Secolo a. C.), che, anche con l'ausilio di scribi, scrisse i primi cinque libri (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio) detti «Pentateuco» dai Greci e «Thorà» dagli Ebrei (Thorà = Legge, termine usato anche per indicare l'intera Bibbia, per estensione).
       Essi narrano la storia del mondo dalla creazione fino alla morte dello stesso Mosé.
        Il contenuto è noto, ma riassumiamolo.
        Dio creò il mondo in sei giorni (già Sant'Agostino osserva che si può trattare benissimo di sette lunghi periodi, non necessariamente di giorni fatti da 24 ore). Per ultimo creò l'uomo.
       La prima coppia, Adamo ed Eva, in cui era virtualmente e potenzialmente presente tutta l'umanità futura, preferì credere al serpente piuttosto che a Dio. Ne fu punita con la privazione della visione diretta di Dio, con la sottomissione alla morte ed alla malattia e con l'esilio dal giardino dell'Eden, dove era stata posta.
        Il primogenito Caino uccise il fratello minore Abele (come si vede dalla Sacra Scrittura, ben di rado i «fratelli maggiori» di wojtyliana memoria si comportano bene e fanno bella figura). Per tale delitto Dio lo esiliò.
        I discendenti di Seth, terzo figlio di Adamo, con il passar del tempo si corruppero nei costumi e per tal motivo la terra venne distrutta con un diluvio universale, al quale scamparono soltanto Noè con la sua famiglia ed alcune coppie di tutti gli animali del mondo.
        Dai tre figli di Noè, Cam, Sem e Japhet (quasi omonimo del titano Giapeto, padre di Prometeo e quindi nonno di Deucalione, il mitico capostipite dei Greci) discendono rispettivamente gli gli Africani, i Semiti e gl'Indogermanici. È da notare che il 90% dei Semiti di oggi non sono Ebrei e che almeno il 90% degli Ebrei di oggi non sono Semiti.
       Dimenticato il diluvio, le tendenze cattive tornarono a venir fuori.
       Il re Nimrod, il cacciatore, fece costruire la Torre di Babele, quasi a voler conquistare il cielo e prendere il posto di Dio, il Quale però non solo distrusse la torre, ma fece confondere le lingue dei costruttori.
       Tra i sudditi di Nimrod c'era Abramo di Ur (XX Secolo a. C.), che aveva mantenuto la fede dei suoi Padri e che il Signore volle premiare con la promessa di una discendenza più numerosa delle stelle del cielo.
       La moglie Sara, pur se ancora bella e piacente (al punto che dovettero scappare dall'Egitto, dove era concupita dal Faraone in persona), era già avanti negli anni (sembra ottantenne) e a sentire questa promessa scoppiò a ridere e pensò di dare una mano a Dio, offrendo ad Abramo la propria schiava, l'egizia Agar, dalla quale nacque Ismaele, da cui discendono gli Arabi, che per tal motivo vengon detti cugini degli Ebrei.
       Ma il figlio della promessa non era Ismaele. Quando tale ragazzo aveva già tredici anni, Sara rimase incinta e diede alla luce Isacco, che a sua volta sarà il padre di Giacobbe (soprannominato «Israele», cioè colui che lotta con Dio, a seguito di un sogno in cui aveva a lungo lottato contro un angelo).
       Giacobbe ebbe dodici figli, dai quali discendono le dodici tribù d'Israele. Uno di essi, Giuseppe, venduto per invidia dai suoi fratelli, venne condotto come schiavo in Egitto, dove però, protetto e assistito da Dio, veene nominato Vicerè dal Faraone. In questa veste accolse suo Padre e i suoi fratelli (ai quali aveva già perdonato) che fuggivano da una terribile carestia.
       Trascorsi circa quattro secoli, durante i quali gli Israeliti in Egitto si moltiplicarono e prosperarono, alla fine prese a governare l'Egitto una nuova dinastia, la quale, temendo che gli Ebrei potessero cospirare per favorire una restaurazione della vecchia da cui erano stati favoriti, li oppresse e li ridusse in schiavitù.
       Ma Dio ebbe pietà del suo popolo e incariocò Mosé, della tribù di Levi, di condurlo fuori dall'Egitto.
       Gli Ebrei però dimenticarono presto le sofferenze patite in Egitto e, irriconoscenti, si comportarono male, sicché Dio per castigo li fece vagare nel deserto per quarant'anni prima che potessero raggiungere Canaan, la Terra Promessa.
       Durante la permanenza nel deserto, Dio sul monte Sinai diede a Mosé le tavole della Legge coi Dieci Comandamenti.
       Questo atto sanciva l'alleanza tra Dio e gli Ebrei: gli Ebrei avrebbero adorato il solo ed unico Dio e Dio, in cambio, ne avrebbe fatto il suo popolo eletto, da cui sarebbe sorto il Messia che avrebbe riparato alla colpa dei progenitori.
       L'opera di Mosé si chiuse con linizio della conquista della Palestina sul finire del II millennio a.C.
       La conquista non si attuò in breve tempo né secondo un piano prestabilito, bensì nel corso di varie generazioni e rimanendo a lungo parziale, talché non divenne completa se non dopo il periodo dei Giudici e in seguito all'istituzione della monarchia.
       I capi politici e religiosi delle tribù, in pratica autonome, erano i già nominati «Giudici» (tra i quali ricordiamo Sansone e Gedeone) che avevano il compito di controllare che le leggi dettate da Dio fossero rispettate ed osservate. Ben presto però si sentì la necessità di un potere centralizzato, anche a causa della guerra contro i Filistei (dal nome dei quali deriva quello della «Palestina»), popolo indogermanico, imparentato con i Greci.
       Fu Saul a dare origine al regno intorno all'anno 1000 a.C., ma il massimo splendore fu raggiunto con Davide e poi con il di lui figlio Salomone: Israele divenne ciò che oggi chiameremmo una superpotenza politica.
       Davide, nato a Betlemme, fu il leggendario re che sconfisse i nemici di Israele e riunì le dodici tribù sotto il suo potere a Gerusalemme, ove trasferì l'Arca dell' alleanza.
       «Arca», nel linguaggio biblico è sinonimo di scatola. Il coperchio, chiamato «trono della misericordia», era sormontato dalla raffigurazione di due Cherubini —Per inciso, ciò prova che anche in quei tempi non era vietata la costruzione di statue, a differenza di quanto ne dicono oggi Ebrei, Islamici, Testimoni di Geova e diverse «razze» di Protestanti—.
       Entro l'Arca erano posti gli originali delle Tavole dei Dieci Comandamenti e alcune anfore colme della manna scesa dal Cielo durante il viaggio nel deserto.
       Il successoredi Davide, Salomone, nel 900 a.C. fece erigere il Tempio che tra l'altro comprendeva il «Santo» e il «Santo dei Santi».
       Il «Santo dei Santi» era il luogo più interno del Tempio, dove poteva entrare solo il Sommo Sacerdote e solo una volta l'anno, portando con sé il sangue delle vittime immolate da spargere sul «trono della misericordia», offrendolo così a Dio, affinché coprisse ai suoi occhi i peccati del popolo.
       Un velo separava il «Santo dei Santi» dal resto del Tempio. Oltre il velo, nel «Santo dei santi» per l'appunto, c'era la presenza per così dire «fisica» di Dio. Quando Gesù spirò sulla Croce, alle ore 15,00 del Venerdì Santo, il velo si squarciò: segno che DIO se n'era andato.
       Prima del «Santo dei Santi», c'era un'altra sala interna e scura il «Santo». Lì venivano presentate a Dio offerte di incenso e focacce.
       In un vestibolo esterno stavano i sacerdoti per compiere invece le offerte sacrificali che potevano essere costituite sia da animali uccisi sul posto, sia da frutti della terra. In occasione del rito si eseguivano canti ed inni, che la Bibbia ci ha almeno in parte tramandati, come, ad esempio, i Salmi composti da Davide.
       Le offerte sacrificali dovevano essere presentate secondo un preciso rituale : esse servivano sia per rendere omaggio a Dio, sia per espiare i peccati commessi dagli offerenti. Ad un certo momento però i sacrifici divennero delle pure formalità poco sentite. Allo stesso tempo il governo del paese mostrò segni di decadenza morale e di sregolatezza politica. Questo scatenò veementi proteste da parte dei Profeti, tra cui Amos, che visse intorno al 750 a.C. e che si scagliò contro la disparità sociale e contro l'oppressione della classe dominante sui più poveri della popolazione.
       Numerosi profeti si batterono in effetti più per la giustizia sociale e gli ideali etici che per ridare vigore e significato al culto dei sacrifici. I profeti predissero che Dio avrebbe punito Israele poiché non viveva nel rispetto della Legge. E, per molti, il declino e la rovina di Israele non fu che il compiersi di questa profezia. Tuttavia predissero altresì che un piccolo «resto»4 si sarebbe mantenuto fedele.
       Il regno alla morte di Salomone, in seguito ad una sanguinosa guerra civile, si divise in due: un regno settentrionale (detto Regno d'Israele) e uno meridionale (detto Regno di Giuda).
       Allo scisma politico seguì anche quello religioso.
       I settentrionali, dieci tribù su dodici, costruirono un loro Tempio sul monte Garizim.
       Fedeli alla dinastia davidica che continuava a regnare a Gerusalemme rimasero solo le tribù di Giuda e di Beniamino, più un'ampia porzione della tribù di Levi che aveva il monopolio
del sacerdozio.
       Nel 722 a.C il regno del nord fu occupato dagli Assiri e da quel momento uscì dalla storia, per entrare nella leggenda. Non c'è praticamente popolo al mondo, tranne forse gli aborigeni australiani (che paradossalmente hanno davvero tratti semitici) che non si vanti di discendere dalle mitiche dieci tribù perdute, dai Pasthun dell'Afghanistan agli Anglosassoni, (presso i quali esistono dei gruppi politico-religiosi che sono indicati come Anglo-Israeliti e Cristian-Sionisti), passando per i Giapponesi, per non parlare della chiesa Mormone, per la quale è dogma di fede l'origine ebraica dei pellerossa americani (discendenti però non dalle dieci tribù, ma dai Nephiti, dei quali non c'è traccia nella Bibbia).
       Le terre rimaste vuote furono popolate dagli Assiri, che vi fecero emigrare beduini e nomadi e che a contatto dei pochi rimasti si convertirono ad un particolare ebraismo scismatico. Questa fu l'origine dei Samaritani, dei quali parla Gesù e e che oggi son ridotti in tutto a seicento persone (vedere a tal proposito il loro interessante sito
http://members.tripod.com/~osher_2/info.htm).
       Il regno del sud con capitale Gerusalemme fu conquistato dai Babilonesi nel 587 a.C. e gran parte della popolazione fu deportata in Babilonia, ove si ebbe la cosiddetta cattività babilonese.
       Ma nel 539 a.C. fu permesso, a coloro che lo desideravano, di far ritorno in patria. Allora, proprio perchè erano in massima parte della tribù di Giuda, furono detti «giudei» (termine che, da allora, è divenuto sinonimo di Ebrei).
       Con la fine della cattività babilonese e il ritorno in patria, si sviluppò quella religione conosciuta come ebraismo e in cui assunse un ruolo centrale la sinagoga: un edificio di culto dove i fedeli si ritrovavano per pregare e leggere le Scritture.
       Questa funzione religiosa era nata in esilio per motivi di necessità, poiché a Babilonia gli Ebrei non avevano un tempio. Ma, rientrati in patria, conservarono questa forma di culto legata alle sinagoghe che nel frattempo erano sorte in molte città.
       Un ruolo importante in questo contesto svolgevano gli «scribi», laici che custodivano le sacre scritture, le interpretavano e le spiegavano. La maggior parte di questi «dottori della legge» apparteneva al gruppo dei «farisei», ai quali a poco a poco divenne abituale associarli e confonderli.
       I farisei, caratterizzati da forte coesione interna e da un grande senso della moralità, intesa però più come osservanza formale di regole che come norma di comportamento, attribuivano enorme importanza alla legge dei Libri di Mosé, soprattutto alle regole di purificazione; cercavano inoltre di interpretare la Legge in rapporto alle nuove situazioni che si venivano a creare e formulavano commentari e spiegazioni della Thorà. Così nacque il TALMUD, insieme di regole e commenti alla Bibbia, che finì di fatto per diventare più importante della Bibbia stessa.
       In questo contesto il ruolo del Tempio fu in qualche modo ridimensionato. Il Tempio distrutto nella conquista babilonese del 587 a.C. fu ricostruito nel 516 a.C.
       Il Gran Sacerdote, i sacerdoti e i leviti erano i ministri del culto, che contemplava il sacrificio quotidiano di un agnello in espiazione dei peccati della popolazione.
       Dopo l'esilio il Gran Sacerdote assunse una posizione di rilievo e divenne il Capo del Gran Consiglio (sinhedrin), che in seguito accolse anche rappresentanti dei farisei. A loro si opponevano i Sadducei, in massima parte membri dell'alto clero, che invece ritenevano come eretiche le interpretazioni farisaiche e al contrario erano più attaccati alla lettera della Bibbia. Anzi, in nome della fedeltà letterale a Mosé, respingevano anche molte dottrine espresse dai profeti. Esempio: dato che nei libri di Mosé si è molto vaghi sull'oltretomba, non credevano alla vita dopo la morte. Per un quadro preciso sui partiti politico-religiosi ebraici del tempo, consiglio di visitare il sito http://www.christianismus.it/ home/index.html.
       Dal punto di vista politico, in questo periodo gli Ebrei furono sempre più soggetti alla dominazione straniera.
       Nel 70 d.C. una rivolta contro i Romani portò all'assedio di Gerusalemme e a una nuova distruzione del Tempio, che aveva assunto proporzioni splendide sotto il re Erode.
       Tutto questo sancì la fine del tradizionale ruolo della classe sacerdotale. Il partito sadduceo che aveva collaborato con i romani scomparve dalla storia. Circa dieci secoli dopo appariranno dei suoi eredi, i Karaiti, circa i quali sono da vedere gli interessanti siti, anche con alcune pagine in italiano, http://www.karaites.org   e   http://www.karaite-korner.org .
       Da questo momento in poi ad avere il sopravvento fu il nuovo ebraismo, impregnato in pratica di fariseismo e avente il suo centro di culto nella sinagoga, .
       Molti Ebrei si sparsero nei paesi intorno al Mediterraneo, e anche più lontano, e furono chiamati «Ebrei della diaspora, perché vivevano lontano dalla propria terra.
       La presenza ebraica in Palestina, in specie dopo la nuova rivolta del 130 d. C., fu del tutto trascurabile.

Arcangelo Santoro
(continua)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


   1 Israele ShahaK, Storia ebraica e giudaismo. Il peso di tre millenni, edizione italiana a cura del centro Librario Sodalitium, Loc. Carbignano, 36- 10020, Verruca Savoia -TO- Fax .0161 839334; Email sodalitium@plion.it
  2 Andrea Ruppin, Gli Ebrei di oggi, Bocca Editore, Milano 1909
  3 Tranne quelle, mi si perdoni l'ossimoro, esplicitamente segrete, come, per restare nel Medio Oriente, quella dei Drusi
  4 Il piccolo "resto" è costituito dagli Ebrei Cristiani che assieme ai pagani convertiti formeranno il Nuovo Israele, con il quale Dio ha sancito la Nuova Alleanza
   

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