Tali termini
ci rimandano direttamente alla Bibbia, detta così nella sua accezione
greca che vuol dire «Libri». Si tratta di un insieme di
opere scritte nell'arco di circa un millennio e mezzo da vari autori
detti «Agiografi», il primo dei quali fu Mosé (XV
Secolo a. C.), che, anche con l'ausilio di scribi, scrisse i primi cinque
libri (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio) detti «Pentateuco»
dai Greci e «Thorà» dagli Ebrei (Thorà = Legge,
termine usato anche per indicare l'intera Bibbia, per estensione).
Essi narrano la storia del
mondo dalla creazione fino alla morte dello stesso Mosé.
Il contenuto è noto,
ma riassumiamolo.
Dio creò il mondo
in sei giorni (già Sant'Agostino osserva che si può trattare
benissimo di sette lunghi periodi, non necessariamente di giorni fatti
da 24 ore). Per ultimo creò l'uomo.
La prima coppia, Adamo ed
Eva, in cui era virtualmente e potenzialmente presente tutta l'umanità
futura, preferì credere al serpente piuttosto che a Dio. Ne fu
punita con la privazione della visione diretta di Dio, con la sottomissione
alla morte ed alla malattia e con l'esilio dal giardino dell'Eden, dove
era stata posta.
Il primogenito Caino uccise
il fratello minore Abele (come si vede dalla Sacra Scrittura, ben
di rado i «fratelli maggiori» di wojtyliana memoria si comportano
bene e fanno bella figura). Per tale delitto Dio lo esiliò.
I discendenti di Seth, terzo
figlio di Adamo, con il passar del tempo si corruppero nei costumi e
per tal motivo la terra venne distrutta con un diluvio universale, al
quale scamparono soltanto Noè con la sua famiglia ed alcune coppie
di tutti gli animali del mondo.
Dai tre figli di Noè,
Cam, Sem e Japhet (quasi omonimo del titano Giapeto, padre di Prometeo
e quindi nonno di Deucalione, il mitico capostipite dei Greci) discendono
rispettivamente gli gli Africani, i Semiti e gl'Indogermanici. È
da notare che il 90% dei Semiti di oggi non sono Ebrei e che almeno
il 90% degli Ebrei di oggi non sono Semiti.
Dimenticato il diluvio, le tendenze
cattive tornarono a venir fuori.
Il re Nimrod, il cacciatore,
fece costruire la Torre di Babele, quasi a voler conquistare il cielo
e prendere il posto di Dio, il Quale però non solo distrusse
la torre, ma fece confondere le lingue dei costruttori.
Tra i sudditi di Nimrod c'era
Abramo di Ur (XX Secolo a. C.), che aveva mantenuto la fede dei suoi
Padri e che il Signore volle premiare con la promessa di una discendenza
più numerosa delle stelle del cielo.
La moglie Sara, pur se ancora
bella e piacente (al punto che dovettero scappare dall'Egitto, dove
era concupita dal Faraone in persona), era già avanti negli anni
(sembra ottantenne) e a sentire questa promessa scoppiò a ridere
e pensò di dare una mano a Dio, offrendo ad Abramo la propria
schiava, l'egizia Agar, dalla quale nacque Ismaele, da cui discendono
gli Arabi, che per tal motivo vengon detti cugini degli Ebrei.
Ma il figlio della promessa
non era Ismaele. Quando tale ragazzo aveva già tredici anni,
Sara rimase incinta e diede alla luce Isacco, che a sua volta sarà
il padre di Giacobbe (soprannominato «Israele», cioè
colui che lotta con Dio, a seguito di un sogno in cui aveva a
lungo lottato contro un angelo).
Giacobbe ebbe dodici figli,
dai quali discendono le dodici tribù d'Israele. Uno di essi,
Giuseppe, venduto per invidia dai suoi fratelli, venne condotto come
schiavo in Egitto, dove però, protetto e assistito da Dio, veene
nominato Vicerè dal Faraone. In questa veste accolse suo Padre
e i suoi fratelli (ai quali aveva già perdonato) che fuggivano
da una terribile carestia.
Trascorsi circa quattro secoli,
durante i quali gli Israeliti in Egitto si moltiplicarono e prosperarono,
alla fine prese a governare l'Egitto una nuova dinastia, la quale, temendo
che gli Ebrei potessero cospirare per favorire una restaurazione della
vecchia da cui erano stati favoriti, li oppresse e li ridusse in schiavitù.
Ma Dio ebbe pietà del suo
popolo e incariocò Mosé, della tribù di Levi, di
condurlo fuori dall'Egitto.
Gli Ebrei però dimenticarono
presto le sofferenze patite in Egitto e, irriconoscenti, si comportarono
male, sicché Dio per castigo li fece vagare nel deserto per quarant'anni
prima che potessero raggiungere Canaan, la Terra Promessa.
Durante la permanenza nel deserto,
Dio sul monte Sinai diede a Mosé le tavole della Legge coi Dieci
Comandamenti.
Questo atto sanciva l'alleanza
tra Dio e gli Ebrei: gli Ebrei avrebbero adorato il solo ed unico Dio
e Dio, in cambio, ne avrebbe fatto il suo popolo eletto, da cui sarebbe
sorto il Messia che avrebbe riparato alla colpa dei progenitori.
L'opera di Mosé si chiuse
con linizio della conquista della Palestina sul finire del II millennio
a.C.
La conquista non si attuò
in breve tempo né secondo un piano prestabilito, bensì
nel corso di varie generazioni e rimanendo a lungo parziale, talché
non divenne completa se non dopo il periodo dei Giudici e in seguito
all'istituzione della monarchia.
I capi politici e religiosi delle
tribù, in pratica autonome, erano i già nominati «Giudici»
(tra i quali ricordiamo Sansone e Gedeone) che avevano il compito di
controllare che le leggi dettate da Dio fossero rispettate ed osservate.
Ben presto però si sentì la necessità di un potere
centralizzato, anche a causa della guerra contro i Filistei (dal nome
dei quali deriva quello della «Palestina»), popolo indogermanico,
imparentato con i Greci.
Fu Saul a dare origine al regno
intorno all'anno 1000 a.C., ma il massimo splendore fu raggiunto con
Davide e poi con il di lui figlio Salomone: Israele divenne ciò
che oggi chiameremmo una superpotenza politica.
Davide, nato a Betlemme, fu il
leggendario re che sconfisse i nemici di Israele e riunì le dodici
tribù sotto il suo potere a Gerusalemme, ove trasferì
l'Arca dell' alleanza.
«Arca», nel linguaggio
biblico è sinonimo di scatola. Il coperchio, chiamato «trono
della misericordia», era sormontato dalla raffigurazione di due
Cherubini Per inciso, ciò prova che anche in quei tempi
non era vietata la costruzione di statue, a differenza di quanto ne
dicono oggi Ebrei, Islamici, Testimoni di Geova e diverse «razze»
di Protestanti.
Entro l'Arca erano posti gli originali
delle Tavole dei Dieci Comandamenti e alcune anfore colme della manna
scesa dal Cielo durante il viaggio nel deserto.
Il successoredi Davide, Salomone,
nel 900 a.C. fece erigere il Tempio che tra l'altro comprendeva il «Santo»
e il «Santo dei Santi».
Il «Santo dei Santi»
era il luogo più interno del Tempio, dove poteva entrare solo
il Sommo Sacerdote e solo una volta l'anno, portando con sé il
sangue delle vittime immolate da spargere sul «trono della misericordia»,
offrendolo così a Dio, affinché coprisse ai suoi occhi
i peccati del popolo.
Un velo separava il «Santo
dei Santi» dal resto del Tempio. Oltre il velo, nel «Santo
dei santi» per l'appunto, c'era la presenza per così dire
«fisica» di Dio. Quando
Gesù spirò sulla Croce, alle ore 15,00 del Venerdì
Santo, il velo si squarciò: segno
che DIO se n'era andato.
Prima del «Santo dei Santi»,
c'era un'altra sala interna e scura il «Santo». Lì
venivano presentate a Dio offerte di incenso e focacce.
In un vestibolo esterno stavano
i sacerdoti per compiere invece le offerte sacrificali che potevano
essere costituite sia da animali uccisi sul posto, sia da frutti della
terra. In occasione del rito si eseguivano canti ed inni, che la Bibbia
ci ha almeno in parte tramandati, come, ad esempio, i Salmi composti
da Davide.
Le offerte sacrificali dovevano
essere presentate secondo un preciso rituale : esse servivano sia per
rendere omaggio a Dio, sia per espiare i peccati commessi dagli offerenti.
Ad un certo momento però i sacrifici divennero delle pure formalità
poco sentite. Allo stesso tempo il governo del paese mostrò segni
di decadenza morale e di sregolatezza politica. Questo scatenò
veementi proteste da parte dei Profeti, tra cui Amos, che visse intorno
al 750 a.C. e che si scagliò contro la disparità sociale
e contro l'oppressione della classe dominante sui più poveri
della popolazione.
Numerosi profeti si batterono in
effetti più per la giustizia sociale e gli ideali etici che per
ridare vigore e significato al culto dei sacrifici. I profeti predissero
che Dio avrebbe punito Israele poiché non viveva nel rispetto
della Legge. E, per molti, il declino e la rovina di Israele non fu
che il compiersi di questa profezia. Tuttavia predissero altresì
che un piccolo «resto»4
si sarebbe mantenuto fedele.
Il regno alla morte di Salomone,
in seguito ad una sanguinosa guerra civile, si divise in due: un regno
settentrionale (detto Regno d'Israele) e uno meridionale (detto Regno
di Giuda).
Allo scisma politico seguì
anche quello religioso.
I settentrionali, dieci tribù
su dodici, costruirono un loro Tempio sul monte Garizim.
Fedeli alla dinastia davidica che
continuava a regnare a Gerusalemme rimasero solo le tribù di
Giuda e di Beniamino, più un'ampia porzione della tribù
di Levi che aveva il monopolio
del sacerdozio.
Nel 722 a.C il regno del nord fu
occupato dagli Assiri e da quel momento uscì dalla storia, per
entrare nella leggenda. Non c'è praticamente popolo al mondo,
tranne forse gli aborigeni australiani (che paradossalmente hanno davvero
tratti semitici) che non si vanti di discendere dalle mitiche dieci
tribù perdute, dai Pasthun dell'Afghanistan agli Anglosassoni,
(presso i quali esistono dei gruppi politico-religiosi che sono indicati
come Anglo-Israeliti e Cristian-Sionisti), passando per i Giapponesi,
per non parlare della chiesa Mormone, per la quale è dogma di
fede l'origine ebraica dei pellerossa americani (discendenti però
non dalle dieci tribù, ma dai Nephiti, dei quali non c'è
traccia nella Bibbia).
Le terre rimaste vuote furono popolate
dagli Assiri, che vi fecero emigrare beduini e nomadi e che a contatto
dei pochi rimasti si convertirono ad un particolare ebraismo scismatico.
Questa fu l'origine dei Samaritani, dei quali parla Gesù e e
che oggi son ridotti in tutto a seicento persone (vedere a tal proposito
il loro interessante sito
http://members.tripod.com/~osher_2/info.htm).
Il regno del sud con capitale Gerusalemme
fu conquistato dai Babilonesi nel 587 a.C. e gran parte della popolazione
fu deportata in Babilonia, ove si ebbe la cosiddetta cattività
babilonese.
Ma nel 539 a.C. fu permesso, a
coloro che lo desideravano, di far ritorno in patria. Allora, proprio
perchè erano in massima parte della tribù di Giuda, furono
detti «giudei» (termine che, da allora, è divenuto
sinonimo di Ebrei).
Con la fine della cattività
babilonese e il ritorno in patria, si sviluppò quella religione
conosciuta come ebraismo e in cui assunse un ruolo centrale la sinagoga:
un edificio di culto dove i fedeli si ritrovavano per pregare e leggere
le Scritture.
Questa funzione religiosa era nata
in esilio per motivi di necessità, poiché a Babilonia
gli Ebrei non avevano un tempio. Ma, rientrati in patria, conservarono
questa forma di culto legata alle sinagoghe che nel frattempo erano
sorte in molte città.
Un ruolo importante in questo contesto
svolgevano gli «scribi», laici che custodivano le sacre
scritture, le interpretavano e le spiegavano. La maggior parte di questi
«dottori della legge» apparteneva al gruppo dei «farisei»,
ai quali a poco a poco divenne abituale associarli e confonderli.
I farisei, caratterizzati da forte
coesione interna e da un grande senso della moralità, intesa
però più come osservanza formale di regole che come norma
di comportamento, attribuivano enorme importanza alla legge dei Libri
di Mosé, soprattutto alle regole di purificazione; cercavano
inoltre di interpretare la Legge in rapporto alle nuove situazioni che
si venivano a creare e formulavano commentari e spiegazioni della Thorà.
Così nacque il TALMUD, insieme di regole e commenti alla Bibbia,
che finì di fatto per diventare più importante della Bibbia
stessa.
In questo contesto il ruolo del
Tempio fu in qualche modo ridimensionato. Il Tempio distrutto nella
conquista babilonese del 587 a.C. fu ricostruito nel 516 a.C.
Il Gran Sacerdote, i sacerdoti
e i leviti erano i ministri del culto, che contemplava il sacrificio
quotidiano di un agnello in espiazione dei peccati della popolazione.
Dopo l'esilio il Gran Sacerdote
assunse una posizione di rilievo e divenne il Capo del Gran Consiglio
(sinhedrin), che in seguito accolse anche rappresentanti dei farisei.
A loro si opponevano i Sadducei, in massima parte membri dell'alto clero,
che invece ritenevano come eretiche le interpretazioni farisaiche e
al contrario erano più attaccati alla lettera della Bibbia. Anzi,
in nome della fedeltà letterale a Mosé, respingevano anche
molte dottrine espresse dai profeti. Esempio: dato che nei libri di
Mosé si è molto vaghi sull'oltretomba, non credevano alla
vita dopo la morte. Per un quadro preciso sui partiti politico-religiosi
ebraici del tempo, consiglio di visitare il sito http://www.christianismus.it/
home/index.html.
Dal punto di vista politico, in
questo periodo gli Ebrei furono sempre più soggetti alla dominazione
straniera.
Nel 70 d.C. una rivolta contro
i Romani portò all'assedio di Gerusalemme e a una nuova distruzione
del Tempio, che aveva assunto proporzioni splendide sotto il re Erode.
Tutto questo sancì la fine
del tradizionale ruolo della classe sacerdotale. Il partito sadduceo
che aveva collaborato con i romani scomparve dalla storia. Circa dieci
secoli dopo appariranno dei suoi eredi, i Karaiti, circa i quali sono
da vedere gli interessanti siti, anche con alcune pagine in italiano,
http://www.karaites.org
e http://www.karaite-korner.org
.
Da questo momento in poi ad avere
il sopravvento fu il nuovo ebraismo, impregnato in pratica di fariseismo
e avente il suo centro di culto nella sinagoga, .
Molti Ebrei si sparsero nei paesi
intorno al Mediterraneo, e anche più lontano, e furono chiamati
«Ebrei della diaspora, perché vivevano lontano dalla propria
terra.
La presenza ebraica in Palestina,
in specie dopo la nuova rivolta del 130 d. C., fu del tutto trascurabile.
Arcangelo Santoro
(continua)