Tel Aviv (AsiaNews) – La Chiesa cattolica in Israele sta cercando
tutti i modi di salvare l’Ospizio per anziani e bambini, il convento e
la chiesa delle Figlie della Carità di san Vincenzo de Paoli. La
prestigiosa istituzione caritativa è infatti nel mirino di un’alleanza
fra governo israeliano e imprenditori che vuole costringerle a vendere
la proprietà ad alcune aziende private. In un ultimo appello, le suore
hanno denunciato il complotto alla Corte distrettuale di Gerusalemme,
ma molto difficilmente la Corte darà ascolto alle suore senza l’
intervento diplomatico del Vaticano e senza la pressione dell’opinione
pubblica cattolica in tutto il mondo.
A tutt’oggi l’Ospizio ospita 150-200 persone: circa 30 neonati e
bambini al di sotto dei 4 anni; fra 80 e 120 ragazzi e ragazze minori
di 18 anni; un gruppo di adulti e anziani con forti handicap fisici e mentali. Ogni giorno 30 bambini ricevono cure ambulatoriali; un
centinaio di bambini e bambine, in maggioranza poveri, sono accolti in
un asilo. L’Ospizio è mantenuto in funzione da 7 suore Figlie della
Carità e da uno staff di 75 persone fra dottori, psicologi, psichiatri,
infermieri, assistenti sociali, fisioterapisti e altri. Al centro dell’
edificio vi è una delle chiese cattoliche più famose e importanti di
Gerusalemme.
L’Ospizio è riconosciuto e ammirato dal folto pubblico per il suo
insostituibile impegno a favore dei bisognosi e sofferenti, piccoli e
grandi. Ma la sua posizione, al confine fra Gerusalemme est e ovest, a
breve distanza dalla porta di Giaffa, lo hanno reso da sempre una preda
ambita.
Nel 1974, l’allora sindaco di Gerusalemme, noto per i suoi continui
sforzi di trasferire proprietà ecclesiastiche a mani israeliane
(governo e privati), ha fatto pressioni sulla superiora facendole
firmare un contratto di vendita di una parte dell’Ospizio, a favore di
un businessman israeliano. Non essendo autorizzata dalla Chiesa, la
vendita era illegale e la Chiesa di Gerusalemme ha richiesto che il
contratto venisse dichiarato nullo. Per tutta risposta lo stato ha
confiscato la proprietà, assicurandone il trasferimento agli
imprenditori israeliani.
La Chiesa si è allora rivolta ai tribunali per annullare la confisca.
A questo punto lo Stato israeliano preme sulle suore per far loro
firmare un nuovo contratto di vendita (più precisamente “di affitto per
125 anni…”).
Nel nuovo contratto lo Stato ha incluso diverse condizioni richieste
dalla Chiesa, per garantire il buon funzionamento dell’Ospizio, della
chiesa e del convento. Così, per esempio, era stata garantita una “via
di accesso” attraverso l’area confiscata (o “affittata”), per
permettere ad auto, ambulanze, camion di fornitori di entrare e uscire
dal centro. Un’altra garanzia scritta era che l’area edificata nella
nuova proprietà non avrebbe dovuto essere troppo alta per non privare l’Ospizio della luce solare.
Le nuove costruzioni, varate di recente, violano in modo netto tutte
le garanzie richieste dalla Chiesa. In particolare, i nuovi proprietari
si rifiutano di fare una strada di accesso, minacciando di soffocare l’Ospizio, rendendo impossibile il suo funzionamento. I nuovi edifici,
poi, sono progettati per giungere ad una tale altezza che l’Ospizio
sarà destinato a non vedere per sempre la luce del sole. Violando il
contratto, sono in programma cinema e centri di intrattenimento,
minacciando di affogare l’Ospizio e i suoi residenti in un chiasso perpetuo, specialmente di notte.
Le Figlie della Carità si sono lamentate e hanno domandato al governo
e all’organizzazione commerciale di onorare le loro promesse stilate
sul contratto. Come risposta, governo e businessmen hanno consigliato
alle suore di vendere tutta la proprietà, chiudere l’Ospizio e andare
via… Ormai, diverse persone a Gerusalemme pensano che questo fosse lo
scopo ultimo dell’operazione fin dall’inizio.
Le suore hanno presentato una nuova denuncia, chiedendo al governo e
all’organizzazione commerciale di onorare i loro impegni. Ma il cammino
sembra arduo. Il potere politico cerca da molto tempo di strappare in
tutti i modi edifici di proprietà delle Chiesa per incamerarli in mano
israeliana, pubblica e privata. In questo caso, al potere forte dello
stato si aggiunge anche un forte potere economico, dati gli enormi
interessi commerciali coinvolti.
Secondo l’Accordo Fondamentale del 1993 fra la Santa Sede e Israele,
la chiesa e il convento delle suore sarebbero dei “luoghi sacri”, con
diritto a una speciale protezione (v. Art 4, par. 3 del trattato). Ma
il governo israeliano continua a rifiutarsi di recepire l’Accordo nelle
leggi dello Stato e ha dichiarato diverse volte che esso reputa l’Accordo non vincolante e non applicabile nei tribunali israeliani.
Ancora di recente – in un altro caso, davanti alla Corte suprema di
Israele – il governo ha riaffermato la posizione secondo cui Israele
non è vincolato dalle obbligazioni contratte con l’AccordoFondamentale
con la Santa Sede.
Fonti locali dicono che è molto probabile un’assistenza diplomatica
della Francia. In passato la Francia ha infatti firmato alcuni accordi
con Israele per la protezione di diverse istituzioni cattoliche. Ma le
stesse fonti affermano che la speranza più forte è nella mobilitazione dell’opinione pubblica cattolica mondiale. Perdere l’Ospizio significa
perdere un elemento significativo della presenza e della missione
cattolica a Gerusalemme, una perdita insieme morale e fisica. (…)
Evidentemente, politici e imprenditori israeliani hanno altri
interessi e altre idee…
AsiaNews del 17 marzo 2006
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