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Incredibile: un Papa cattolico.
Ma È proprio vero?


di Franco Damiani

Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi
e quanto scritto nello spazio giallo sono generalmente della Redazione

Un Papa che critica l'Islam: inaudito!
        Incredibile. Straordinario. Inaudito. Un Papa che fa la critica teologica dell'Islam! Che sostiene che la fede è strattamente imparentata con la ragione e che non si può diffondere sulla punta della spada! L'ormai celebre discorso di Ratisbona segna una svolta nella cultura occidentale, a quanto parrebbe dalle paginate trionfalistiche che gli dedica il "Foglio", dall'articolo di fondo che gli riserva Massimo Fini su "Linea" e da chissà quanti altri articoli sui giornali italiani e non (non ho visto "Libero" e il "Giornale" ma immagino analoghi giulebbe; "Rinascita" rivendica orgogliosamente un'analisi gnostico-pagana dell'eclissi del sacro, quella di Evola, Guénon e Reghini, assai anteriore a quella di Ratzinger).

 

   

Entusiasmi bipartisan
        Il  sempliciotto si domanda: ma come mai Ferrara e Fini, così entusiasti del discorso di un Papa,  non solo non si convertono sui due piedi ma non deflettono di un millimetro dal loro ateismo, devoto o no?
        Per Fini "finalmente qualcuno dotato di autorità -ma l'ateo Fini quale autorità riconosce al vicario di Cristo?- dice chiaro e tondo che l'Occidente non è il migliore dei mondi possibili", per l'Elefantino (che titola in rosso a tutta prima pagina "Il nostro Dio è diverso da Allah": a chi si riferisce quel "nostro"?)  si tratta di un "discorso colossale e inequivoco sul senso della civiltà occidentale". Ma com'è possibile che lo stesso discorso provochi entusiasmo sia in chi combatte il mondialismo liberista di USA/Israel  e condanna senza appello le aggressioni all'Afghanistan e all'Iraq sia in chi di quel mondialismo e di quelle aggressioni è il più appassionato e acritico cantore?

 

   

Ma BXVI ha le carte in regola?
        Altre domande si pone il sempliciotto: siamo sicuri che Benedetto XVI abbia tutte le carte in regola per condannare l'Occidente relativista? La Chiesa di cui egli è il capo visibile davvero non ha nessuna responsabilità nella caduta del sacro e nella secolarizzazione, anzi, diciamo più esattamente, nella scristianizzazione? Il neomodernismo che da quarant'anni si è impadronito di tutti i gangli della Chiesa, monopolizzando l'insegnamento nei seminari e nelle università, la catechesi, la pastorale e la pubblicistica, da dove ha origine? Chi l'ha voluto o almeno permesso? Chi ha relegato nel sottoscala tutti i movimenti tradizionalisti, tanto più ferocemente quanto meno disposti a compromessi? Chi ha imposto con la forza dell'autorità quell' «aggiornamento» che quasi sempre ha voluto dire distruzione della fede?  Chi per anni ha insegnato dalla stessa cattedra di Ratzinger che cristiani e musulmani "hanno lo stesso Dio", martellando sulle "tre grandi religioni monoteistiche e abramitiche" e organizzando a tal fine i sacrileghi incontri di Assisi, del primo dei quali pochi giorni fa Benedetto XVI ha celebrato il ventennale? Chi, il 14 maggio 1999, baciò pubblicamente quel Corano in cui è contenuto, ci sentiamo ricordare ora da Ratisbona, l'appello a uccidere tutti gli infedeli? Non fu quel Karol Wojtyla, Giovanni Paolo II, di cui Benedetto XVI si dichiara fedele e devoto continuatore e del quale peraltro, come prefetto della congregazione dottrinale, è stato il più importante e ascoltato collaboratore? Dobbiamo leggere, tra le righe del discorso di Ratisbona, una presa di distanze o addirittura una dissociazione di Ratzinger papa dal "santo subito" e magari dal Ratzinger prefetto dell'ex Sant'Uffizio?? Ma il "santo subito" non agiva anch'egli da Papa, e anch'egli nel tripudio della stampa, specie quando denigrava il passato storico della Chiesa? Ed è questo di dire e non dire un modo di agire cattolico, un modo di agire da Papa?

 

   

E Nostro Signore Gesù Cristo?
        Leggendo il testo del discorso un'altra domanda sale alle labbra: perché in tutta la sua lunga e dotta lezione magistrale il prof. Ratzinger non cita una sola volta il Nome di Colui di cui si dichiara vicario? Perché non dice che l'Islam è una falsa religione prima di tutto perché non riconosce la divinità di Gesù Cristo? Ha paura forse di attenuare l'entusiasmo dei neocon? O di apparire troppo cattolico, troppo catechistico, troppo preconciliare, troppo poco intellettuale, troppo tridentino?


   

Don Ricossa dice meglio e di più
        A me pare che le stesse cose dette da Benedetto XVI e finite su tutti i  media, più molte altre che Ratzinger non dirà mai, siano state dette, con molta più semplicità ed efficacia, da un giovane sacerdote cattolico, che Benedetto XVI probabilmente nemmeno conosce e che in ogni caso considera scomunicato. Un sacerdote che a sua volta però non riconosce l'autorità formale di Benedetto XVI e dei suoi immediati predecessori. Don Francesco Ricossa, in una conferenza tenuta a Torino il 19 maggio 2004 e il cui testo si può leggere in "La politica della Chiesa, l'Islam e l'Occidente"  (Torino, CIDAS, 2004) diceva:

   

        Nell'attuale fobia dell'Islam (...) noto con curiosità come sia totalmente assente, dalla critica anti-islamica, ogni riferimento alla "dogmatica" musulmana. Eppure l'Islam si fonda proprio su questo: un rigido monoteismo che esclude da Dio la possibilità di avere un Figlio. Condannati alla pena eterna non sono i peccatori, ma solo gli infedeli (kafr) e i politeisti (sirk). Non solo l'Islam ignora totalmente il dogma trinitario, come ogni religione pre-cristiana, ma è essenzialmente anti-trinitario e, più concretamente, è essenzialmente negatore della divinità di Gesù. Era certamente questo l'aspetto dell'Islam che ripugnava alla Cristianità, e che motivava ad esempio i combattenti di Lepanto e di Vienna. L'attuale Occidente invece non è minimamente turbato dalla negazione della divinità di Cristo ben radicata nei discepoli di Maometto, ma cerca invece di avvalorare un Islam occidentale - che sarebbe "buono", contrapposto a quello "cattivo" perché "fondamentalista" - oppure, quand'anche nega l'esistenza di un Islam "buono", lo fa, come la Fallaci (o Ferrara o Feltri, n.d.r), sbandierando il proprio ateismo. 
       
Turba invece, dell'Islam, il fatto che molte nazioni musulmane non abbiano aderito pienamente alla dichiarazione dei diritti dell'Uomo, in quanto tale dichiarazione pone esplicitamente fra i diritti umani la libertà religiosa e il diritto all'apostasia: questa posizione "antioccidentale" -invece- non avrebbe stupito o turbato un qualsiasi europeo fino al XVIII secolo, giacché anche la Cristianità non contemplava (...9)libertà religiosa e diritto di apostasia. E' in nome appunto della libertà religiosa che in Europa sono sorte numerosissime moschee (...).
       
Turbano, anche, dell'Islam, tante prescrizioni "morali" - ma meglio varrebbe dire "legali", perchè l'Islam, come il Giudaismo,  è innanzitutto l'applicazione di una Legge, la sari'ah o la torah, secondo l'interpretazione dei dottori della legge - che, forse non ce ne accorgiamo, risalgono in fondo alla legge mosaica o alle sue interpretazioni tradizionali . La "guerra santa" con relativo sterminio dei popoli politeisti, il libello di ripudio, la lapidazione dell'adultera, i precetti alimentari (inclusa la macellazione islamica), il diritto di famiglia, inclusa la poligamia, la distruzione delle immagini considerate idolatriche ecc. non si ritrovano forse di già nel Pentateuco e nel libro di Giosuè? Più in generale, la religione stessa, concepita soprattutto come una formalistica osservanza della legge, non è forse il cuore non dell'Antico Testamento ma dell'interpretazione che di esso dava (e dà) il Fariseismo? L'assenza nell'Islam di gerarchia, di sacerdozio, di sacrificio, non corrisponde alla situazione del Giudaismo dopo la distruzione del tempio nell'anno 70 d.C.? Lo stesso fenomeno moderno di un certo "terrorismo" islamico, che ispira cioè l'attentato politico al più stretto zelo religioso, non trova forse il suo arcaico modello negli antichi zeloti? Queste, e molte altre similitudini, hanno portato alcuni autori a pensare che l'Islam nasce in una precisa contingenza storica: la conquista di Gerusalemme strappata ai Bizantini, da parte dei Persiani (614-625) con l'aiuto degli Arabi, con la speranza di ristabilire nella Città Santa il Tempio e il sacrificio vetero-testamentario. (...) (pp. 10-12).

 

   

"Dall'illuminismo non si torna indietro"
        Il nemico non solo è interno all'Occidente, ma è interno alla stessa Chiesa, è quel modernismo "sintesi di tutte le eresie" -non ho ricordo di discorsi di BXVI in occasione della festa del suo santo predecessore S. Pio X- che è la causa prima della perdita della fede. Come può chi, come Benedetto XVI, ancora nel discorso di Ratisbona giudica sostanzialmente positivo l'illuminismo e dichiara "Questo tentativo (il suo, n.d.r.) non include assolutamente l'opinione che ora si debba ritornare indietro, a prima dell'illuminismo, rigettando le convinzioni dell'età moderna" (quell'età moderna, lo sappiamo bene, che di Dio e in particolare di Gesù Cristo non ne vuol sapere; "prima dell'illuminismo", non a caso, ci furono Lepanto, Belgrado e Vienna, "dopo" ci furono la rivoluzione americana, quella francese, quella russa, le guerre mondiali, il '68 e soprattutto .... il Vaticano II!), chi come lui esalta a ogni pie' sospinto i diritti dell'uomo di stampo giacobin-onusian-massonico, come possa costui ergersi a paladino della civiltà cattolica è difficile da capire.

 

   

Libertà religiosa e giudaismo talmudico
        E' ancor più difficile quando si pensa (è sempre don Ricossa la nostra guida) che la libertà religiosa, consacrata come nuovo dogma dal Concilio Vaticano II contro diciannove secoli di dottrina concorde della Chiesa, e causa principalissima dell'attuale relativismo (libertà religiosa come diritto positivo di ogni individuo, basato addirittura sulla Rivelazione, a professare qualunque fede la coscienza gli detti, con incluso addirittura -teste GPII- il diritto all'apostasia!), nasce storicamente dallo stesso terreno antitrinitario (l'eresia sociniana, in questo caso) da cui sorgono Islam e giudaismo talmudico.
        Del quale naturalmente  Benedetto XVI si è ben guardato dal dire una sola parola.

 

   

Conclusione
        Ferrara non gli avrebbe dedicato titoli a nove colonne e pagine intere di giornale. Il rabbino Di Segni non lo avrebbe più ricevuto con tutti gli onori. Si sarebbe attirato l'odio dell'ebraismo internazionale e di tutta la stampa asservita agli interessi di Sion. Forse (chissà) anziché godere degli osanna generali avrebbe subito il martirio, come Colui di cui si dice vicario. 
        Forse però sarebbe diventato un vero Papa.

Franco Damiani

   
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