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VIVA DAVID IRVING, VIVA LA LIBERTA' DI PENSIERO, A MORTE TUTTI I TOTALITARISMI! Lettera al Direttore di Franco Damiani |
Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi e quanto scritto nello spazio giallo sono generalmente della Redazione |
Caro direttore,
leggo sconcertato ma non stupito le cronache sull'arresto di David Irving, che rischia addirittura vent'anni di carcere in Austria per reato d'opinione. Domando: chi è il depositario della verità sull'ultima guerra mondiale, al punto da poter stabilire per legge che cosa possa o non possa scrivere uno storico? Si scrivono tuttora libri revisionisti su Tutankhamen, su Nerone, su Carlo Magno, su Napoleone, libri che a volte capovolgono giudizi storici consolidati da secoli, ma nessuno si sogna di proporre per i loro autori il carcere. Si scrivono libri vergognosi, zeppi di volgarità e di bestemmie, libri che negano le più sacre verità di fede come l'esistenza stessa di N.S. Gesù Cristo, e tutto viene pubblicato e venduto in nome della "libertà di pensiero". Che queste vergognose vicende (non si tratta certo del primo episodio del genere: attualmente sono in carcere i revisionisti tedeschi Germar Rudolf, autore di un rapporto scientifico sulle camere a gas dei lager, deportato a tal fine dagli Stati Uniti in cui viveva, ed Ernst Zundel, anch'egli deportato dal "democratico" Canada di cui aveva preso la cittadinanza, mentre è in esilio l'altro revisionista svizzero Jurgen Graf, che, perseguitato dal suo "democratico" paese, ha trovato asilo, dopo che nell'Iran degli ayatollah, nella "dittatoriale" Bielorussia) non suscitino manifestazioni, cortei, dichiarazioni "siamo tutti revisionisti" e simili non deve purtroppo stupire. Viviamo in un mondo in cui la verità è stata appaltata a una parte, quella che controlla i media, le univeristà e le scuole, e guai a chi osa sottararsi, anche unicamente con il pensiero, a tale ferreo controllo. Però è triste, anzi infinitamente squallido. Che fa Giuliano Ferrara, che fanno i radicali, che fanno tutti i paladini della libertà di pensiero e di ricerca? Perché non si mobilitano anche solo in nome di Voltaire e del suo "Non condivido ciò che dici ma darei la vita perché tu potessi dirlo?" Perché non rispolverano almeno un decimo, un centesimo delle parole usate per celebrare Giordano Bruno e l'«eresia come matrice di verità», per deplorare i guasti inenarrabili dell'Inquisizione? Che è questa se non un'Inquisizione laica, infinitamente più feroce, ingiusta, inquietante nel suo mellifluo procedere e nell'uso distorto delle parole e dei concetti? E si può chiamare democrazia (la riflessione è di tanti, fra cui Massimo Fini, anch'egli emarginato dal circuito mediatico per le sue "scomode" opinioni) un regime che contempla il reato d'opinione e che ha paura degli storici anticonformisti? Chi può arrogarsi il diritto di violare il sacrario della coscienza di un uomo, in questo caso di David Irving, stabilendo che egli sia un "falsario", cioè che pensi una cosa e ne scriva un'altra per chissà quali inconfessabili motivi? Tutto ciò non sa di barbarie, di totalitarismo? Che senso ha deplorare il controllo, al confronto pateticamente blando, del fascismo sulla cultura, di fronte a questa censura mostruosa che si avvolge nei panni degli Immortali Principi? Questo sì, questo sarebbe un buon motivo per scendere in piazza, ma sono sicuro che nessuno lo farà. Dimostrando così che il loro amore per la libertà è a senso unico, e che è amore per la libertà solo di quelli che la pensano come loro. Non ci vengano poi più a rompere le scatole con i loro cortei o con i loro stracciamenti di vesti per i vari Marsiglia, non ci venga Gad Lerner a dire che "Darwin fa paura" quando c'è ben altro che fa paura all'establishment e cioè la libertà di ricerca sulla seconda guerra mondiale e in particolare sulle vicende degli ebrei. Il tutto è reso infine grottesco dal seguente particolare: tra i seriosi commentatori, loro sì degni del titolo di "storici", Enzo Collotti parla, come di un fatto dimostrato, delle "camere a gas" di Mauthausen. Ebbene, è da quarantacinque anni esatti che tutti sanno o dovrebbero sapere, almeno gli storici (dichiarazione autografa dell'allora collaboratore e poi direttore del museo di storia contemporanea di Monaco di baviera, l'antinazista Martin Broszat, del 19 agosto 1960 sulla rivista Die Zeit) che non ci furono camere a gas omicide nei campi dell'Ovest (Mauthausen è in Austria), ossia nel territorio dell'ex-Reich. Jurgen Graf, nel riportare la "notizia" nel suo "L'Olocausto allo scanner" (1994), scrive che "non vi sono più storici seri che credano alle gassazioni nel castello di Hartheim... e ciò da decenni". Hartheim, per chi non lo sapesse, è il castello che sorge presso il lager di Mauthausen e in cui secondo le "confessioni" dell'ex comandante del campo, Franz Ziereis, sarebbero state gassate tra uno e un milione e mezzo di persone. Purtroppo le prime vittime di questo spietato sistema di imporre per legge la menzogna, o almeno una versione contraffatta e di parte della storia, sono le giovani generazioni, cui viene imposto con il terrorismo intellettuale di credere ciò che il potere vuole che credano. Chissà quanti secoli ci vorranno perché l'umanità si liberi dei guasti intellettuali e morali prodotti da questa barbarie, assai peggiore, mi permetto di dire, nella sua untuosa ipocrisia, di quella nazionalsocialista, che almeno i suoi fini li dichiarava apertamente. Fossi allora l'unico a gridarlo, grido a golaspiegata: VIVA DAVID IRVING,
VIVA LA LIBERTA' DI PENSIERO, A MORTE TUTTI I TOTALITARISMI! Franco Damiani
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