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Giovannino Guareschi: un cattolico «con i baffi»
in carcere per satira

Mi pare doveroso ricordare che negli ultimi cinquant'anni in Italia, l'unico giornalista ed autentico umorista finito nelle patrie galere, fu l'indimenticabile Giovannino Guareschi

di Michele Brambilla

Segnalato da Rafminimi
Fonte:
Libero

      Riportiamo volentieri l'articolo di Michele Brambilla apparso su Libero. Lo proponiamo accompagnato da due note (su fondo verdino) dell'amico Rafminimi che ce lo ha segnato. Da parte nostra ci riproponiamo di tornare in seguito più distesamente sul grande personaggio che fu Giovannino Guareschi.

La Redazione

Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi
e quanto scritto nello spazio giallo sono generalmente della Redazione

      Guareschi contestò –in largo anticipo sui tempi– certe brutture della modernità, l'ingegneria genetica, l'aborto, perfino la nuova edilizia: il progresso, diceva, ci ha portato il cesso in casa (1)

 

(1) C'è da citare anche la RIFORMA LITURGICA  e non solo. E' indimenticabile la vignetta con la quale commentò l'approvazione di "NOSTRA AETATAE", che mostra il Crocifisso rimosso, ovviamente fu definita antisemita.

      In questo, guarda i casi della vita, era molto simile a Celentano (2). Ma lui sì che per una vignetta e un articolo su un giornale satirico (il suo "Candido") fu preso a bastonate: prima con venti mesi di galera, poi con un'emarginazione che durò fino alla sua morte.

 

(2) Non condividiamo il paragone con Celentano, tutto a discapito del grande Guareschi: ci pare che esalti troppo, esageratamente, un cantante e che mortifichi e abbassi un grande scrittore e vero umorista.

      Fa ridere sentire artisti, comici o giornalisti di sinistra che lamentano di essere stati emarginati dalla tv democristiana di Bernabei: in quella tv, e in quella successiva ancor di più, attori comici registi giornalisti critici eccetera eccetera di sinistra hanno avuto non solo spazio, ma a un certo punto anche un'indiscutibile egemonia, ancora più evidente nel mondo del cinema, del teatro, della musica, del giornalismo stampato e della scuola. In tutto quel mondo, invece, Guareschi è stato bandito per decenni. E non si dica che, rispetto a un Dario Fo o ad altri, fosse meno dotato.

 

 

      Uomo dall'eccezionale capacità di fare le cose più diverse, Guareschi prima della guerra aveva contribuito al successo del "Bertoldo", poi aveva fondato "Candido", aveva scritto racconti e romanzi, inventato Don Camillo e Peppone, contribuito in modo determinante con le sue vignette sui comunisti "trinariciuti" e con i suoi manifesti («In cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no») alla vittoria della Dc nel 1948. Eppure fu proprio la Dc a impallinarlo.

 

 

      Nel 1954 Guareschi scrisse su "Candido" che durante la guerra Alcide De Gasperi aveva chiesto agli angloamericani di bombardare l'acquedotto di Roma al fine di esasperare la popolazione e spingerla a ribellarsi agli invasori tedeschi. A sostegno della notizia, Guareschi pubblicò una lettera manoscritta da De Gasperi su carta intestata della segreteria di Stato vaticana. Lettera falsa, si è detto poi. Può darsi. Ma va precisato che al processo, nonostante la richiesta dell'imputato, non fu mai eseguita una perizia calligrafica, e i giudici si rifiutarono di ascoltare i testimoni della difesa.
      È una leggenda –alimentata purtroppo anche da Montanelli– il presunto pentimento di Guareschi, che avrebbe, sia pur in privato, riconosciuto l'errore. Non è vero, Guareschi è sempre rimasto convinto che la lettera fosse autentica; i figli Alberto e Carlotta lo possono testimoniare. Comunque Guareschi fu condannato per diffamazione (non per falso) a un anno di galera, al quale si sommò una precedente condanna a otto mesi per una vignetta sul presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Guareschi scontò più di quattrocento giorni di duro carcere a Parma, e il resto con una sorta di arresti domiciliari.
      Nessuno mosse un dito per difenderlo, anzi (3).

 

(3) Giorgio Pisanò, suo successore alla guida de "Il Candido", riprese in mano la questione e vi dedicò una lunghissima inchiesta a puntate, durata praticamente più di cinque anni, proprio per vederci chiaro circa l'autenticità di tali lettere. Ignoro le conclusioni cui giunse. Certo è che, il presunto "falsario" Enrico de Toma, grazie ad un curioso intrecciarsi di "insufficienza di prove" e di "sopravvenute amnistie", ebbe un trattamento molto più "soft". Infine, circa la pena detentiva, Michele Brambilla dimentica la fregatura finale. Anni dopo aver scontato la pena, Guareschi ricevette la beffa definitiva: un NON richiesto (4) "Perdono del Capo dello Stato". Atto, quest'ultimo, che fa cadere la pietra tombale su tutto, impedendo, IN PERPETUO, di chiedere la revisione del processo.

(4) C'è da chiedersi il perché di tanto zelo...

      Per dire il clima: su "Azione giovanile", organo ufficiale della Gioventù italiana di Azione cattolica, uscì questo titolo a otto colonne: "Guareschi ovvero lo scarafaggio" (5).  Sotto il titolo la foto di uno scarafaggio morto sul palmo di una mano e questa didascalia, redatta da quei giovani cattolici: «Quando certi individui ti danno la mano ti succede di provare un senso di ribrezzo». La logica dell'attacco era cristallina: Guareschi, per quel giornale, era «falso e disonesto anche e soprattutto se i documenti fossero veri (6): perché il vero scopo di Guareschi è di gettare discredito su una parte di cattolici, quella che fermamente è rimasta antifascista e democratica». Giovannino non si riprese mai più del tutto. Dovette lasciare "Candido", e faticava a trovare qualcuno che gli pubblicasse i racconti.
      Morì d'infarto, a soli 60 anni, il 22 luglio 1968.

 

(5) Questa sembra la dimostrazione che non basta un titolo ("Gioventù di Azione Cattolica") a rendere per bene certi sciacalli.

(6) Questa non è onestà, ma logica di partito, come Lenin insegna: è lecito, doveroso e morale ciò che è utile al Partito! A riprova che tra DC e PC non c'è assolutamente alcuna differenza!

      Ai funerali si videro solo pochi amici: tra i giornalisti, Nino Nutrizio ed Enzo Biagi; dei vip, un solo nome, un figlio della stessa terra: Enzo Ferrari.
      L'Unità titolò: "Malinconico tramonto dello scrittore che non era mai sorto".
      Un'altra notissima testata cattolica, il settimanale "Il Nostro Tempo" (della curia di Torino), titolò: "Guareschi diede voce all'italiano mediocre". L'articolo, firmato da Edilio Antonelli, cominciava così: «Era un uomo finito»; e finiva così: «Fu in definitiva un corruttore». (7)
Su l'Avvenire d'Italia don Lorenzo Bedeschi sentenziò la mediocrità dell'opera di Guareschi con questa poco profetica affermazione: «Peppone e don Camillo sono premorti al loro autore».

 

(7) È innegabile che certi cattolici, certi giornali cattolici, certi sputasentenze cattolici come Edilio Antonelli o Lorenzo Bedeschi, illustri sconosciuti, ci fanno proprio una bella figura! Ma la verità e la storia incoronano Giovannino Guareschi grande e immorituro, assiso nell'olimpo dei veri grandi.

      Il tempo è stato galantuomo, i libri di Guareschi sono ancora tradotti e venduti –a milioni di copie– in tutto il mondo, a dimostrazione di un talento che solo la censura, quella della manette e quella dell'emarginazione, potè cercare di soffocare.

 

 

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