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Da ebreo a cattolico
La conversione di Eugenio Zolli
di Daniele Fazio


Correva l'anno 1944, era il giorno dello Yom Kippour, una delle feste più importanti per l'ebraismo, il Gran Rabbino della Comunità ebraica di Roma, la più importante Comunità della diaspora, presiedeva il servizio religioso composto da lunghi e complicati riti. È il momento più importante per un sommo sacerdote perché solo in quel giorno può penetrare nella Sancta Sanctorum, a render culto al Dio di Abramo. In quell'anno —assai triste per l'Italia dilaniata da una sorta di guerra civile interna— a presiedere il culto ebraico è Israel Zoller, cui nome italianizzato era Italo Zolli. Penetrato nella Sancta Sanctorum in un clima di preghiera e suggestione, accompagnato da due assistenti che pregavano e cantavano Zolli rimase in silenzio ed ecco il suo racconto:

 

       "D'improvviso, con gli occhi dello spirito, vidi una grande prateria e, in piedi, in mezzo all'erba verde Gesù Cristo rivestito di un manto bianco; sopra di lui il cielo era tutto blu. A quella vista provai una pace indicibile […]. E allora, in fondo al cuore, sentii queste parole: Sei qui per l'ultima volta. D'ora in poi seguirai me! Le accolsi con la massima serenità e il mio cuore rispose immediatamente: "Così sia, così sarà, così dev'essere!"". Il suono del corno di ariete, shofar, sancì il termine di quella giornata di preghiera, Zolli tornò a casa, dopo una cena frugale, in tarda serata e nella più totale intimità la moglie Emma avvicinatasi gli disse: "oggi , mentre eri davanti all'Arca e alla Torah, mi è sembrato di aver visto Gesù Cristo accanto a te. Era vestito di bianco e ti teneva una mano sul capo come se ti benedicesse". Improvvisamente la voce della figlia dall'altra stanza li interruppe: "Parlate di Gesù Cristo…Sai papà, stasera, stavo proprio sognando una figura di Gesù, molto alto e tutto bianco come di marmo, ma non ricordo il seguito". Il rabbino non indugiò più di tanto, lesse quelle "coincidenze" come un fermo richiamo a compiere il passaggio più ovvio e allo stesso tempo più drammatico nella vita di un insegne studioso di Sacra Scrittura affascinato dalla figura di Gesù di Nazareth, in cui vedeva compiersi tutte le profezie dell'Antico Testamento a cominciare dai Carmi del Servo Sofferente del libro di Isaia.
Il 13 febbraio del 1945 nella Chiesa di S. Maria degli Angeli, Israel Italo Zolli, dopo essersi dimesso dalla Comunità ebraica romana, ricevette il Battesimo e volle assumere il nome di Eugenio, in omaggio e ringraziamento al Papa Pio XII ( al secolo Eugenio Pacelli), per quello che aveva fatto per gli ebrei durante la guerra.
Questo fu il momento culminante di un cammino svoltosi nella ricerca sincera e leale della verità di uno dei più importanti biblisti del '900, rinnegato e diffamato dagli ebrei, obliato e rimosso da molti cattolici che troppo in fretta hanno giudicato la sua esperienza religiosa "teologicamente scorretta".
Alla "conversione" seguì una drammatica crisi economica e affettiva. Eugenio Zolli da sempre vissuto con i proventi di rabbino e professore di Letteratura Ebraica si ritrovò senza soldi, abbandonato e emarginato da tutti i suoi amici e confratelli ebrei, che attuarono una sorta di damnatio memoriae; ma egli con grande sollievo alla fine del suo dilemma interiore esclamava: "Finalmente ero libero!". Zolli non è un convertito -così come non lo è qualsiasi ebreo che diventa cristiano -ma un "arrivato" alla pienezza della Rivelazione il cui centro è Gesù Cristo.
Viene pubblicata in questo periodo in Italia, con un inconcepibile e quanto mai tendenzioso ritardo, la sua opera autobiografica, Prima dell'Alba, in cui egli ripercorre la sua straordinaria esperienza di "arrivato" e che risulta molto proficua per tutti coloro che sono alla ricerca della Verità e per tutti i cristiani, chiamati a ritrovare quella radice veneranda della fede che è l'attesa messianica di Israele.

Daniele Fazio

   

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