Sergio Fois, docente, in passato, di Diritto costituzionale all’Università La Sapienza di Roma, ex magistrato della Corte dei Conti, nonché membro del CSM, ha sollevato una questione estremamente delicata, riguardante le cd authority (Antitrust, Agcom, Consob), ovvero le autorità di controllo del mercato che operano su diversi livelli (“tutela dei consumatori”, borsa, telecomunicazioni) e nel caso di specie ha posto fondati interrogativi concernenti la loro natura giuridica e soprattutto a quali controlli sono sottoposte.
L’ex magistrato, non a caso, ha riproposto un argomento che risulta assolutamente nevralgico nel nostro sistema paese in cui, con molta disinvoltura, si parla di maggiore trasparenza, ovvero ci si riempie la bocca di buone intenzioni –vedi ad esempio il nuovo procedimento amministrativo introdotto dalla L. n. 15/2005– ma che, in realtà, non assume prese di posizioni concrete in segmenti di mercato come quelli summenzionati, dove circolano interessi enormi sotto il profilo finanziario e non solo. Ad oggi -sostiene Fois- non c’è chiarezza relativamente ai limiti che queste autorità incontrano nell’esercizio dei loro poteri, tuttavia le stesse beneficiano di ampi spazi di autonomia, nell’assenza di una regolamentazione che stabilisca e nel contempo disciplini un controllo capillare sul loro operato. Il docente formula in tal senso le seguenti domande:
a chi rispondono le autorithy?
Qual è la loro natura giuridica e costituzionale?
Chi ne controlla gli atti?
Aldilà del fatto che queste autorità, raramente, hanno dimostrato di muoversi con tempestività e in posizione di piena terzietà in settori sensibili come quelli del mercato finanziario (come non ricordare, ad esempio, il caso Parmalat relativo alle obbligazioni gestite impunemente dal sistema bancario con la sospetta complicità della Consob?) e delle telecomunicazioni –area che in questi ultimi tempi è nell’occhio del ciclone per quanto riguarda la querelle Telecom– il governo attuale, nonostante le molte ombre che circondano tali autorità, sta pensando seriamente di incrementare ulteriormente i loro poteri.
I legittimi dubbi segnalati dal prof. Fois trovano la loro ratio su profili strutturali che palesano un quadro piuttosto controverso sul grado di costituzionalità delle suddette: innanzitutto esse non hanno legittimazione democratica come avviene per gli altri organi costituzionali né alcuna responsabilità politica, come accade per l’Esecutivo o il Parlamento, e cosa ancora più grave non rispondono della responsabilità giuridica dettata dall’art. 28 della Costituzione (1), innalzandole sull’altare delle immunità.
Infatti l’attuale normativa disciplinata della legge 31 luglio 1997, n. 249 pone queste entità “super partes” nella condizione di poter addirittura adottare un Codice etico che autoregolamenti i comportamenti del personale, dei dirigenti e dei vari componenti, cosa alquanto grottesca.
Inoltre in tema di sprechi di denaro pubblico, la medesima normativa che ha istituito ufficialmente l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai sensi dall’art. 1, attribuisce all’autorithy “entro novanta giorni dal primo insediamento di adottare un regolamento concernente l'organizzazione e il funzionamento, i bilanci, i rendiconti e la gestione delle spese, anche in deroga alle disposizioni sulla contabilita' generale dello Stato, nonché il trattamento giuridico ed economico del personale addetto” consentendo, di fatto, all’organismo di controllo di poter determinare secondo libero arbitrio e con un atto interno gli stipendi, le spese, la gestione delle risorse senza doverne rendere conto a nessuno.
Seguitando nella lettura dell’art. 1 lo stesso dispone che “l'autorità provvede all'autonoma gestione delle spese per il proprio funzionamento nei limiti del fondo stanziato a tale scopo nel bilancio dello Stato ed iscritto in apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro” eludendo ogni possibilità di verifica contabile, alla faccia di quelle categorie lavorative (commercianti, lavoratori autonomi, imprese) che in questi giorni vengono sottoposti a tappeto a severi controlli fiscali.
Senza alcun pudore, dunque, ed “in onore al miglior costume italico” si persevera in quella presa per i fondelli che noi italiani continuiamo a subire, in un paese in cui c’è ancora qualcuno che osa definirlo democratico e dove l’insopportabile demagogia lascia spazio all’imperante plutocrazia.
Gianluigi Mucciaccio |
|
|