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La veritÀ su Bonifacio VIII
de Il Crociato

       A dimostrazione che quando parliamo male di un Papa lo facciamo con nostro vivo disappunto e perché costretti dall'amore per la nostra Santa Madre Chiesa, pubblichiamo volentieri questo articolo che riabilita in toto un altro Papa, veramente grande, Bonifacio VIII. Volesse il cielo che potessimo fare altrettanto di altri Papi del nostro tempo!...

La Redazione

Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi
e quanto scritto nello spazio giallo sono generalmente della Redazione

       Nella seconda metà del XIII secolo l’Italia può considerarsi l’obiettivo privilegiato delle mire egemoniste di almeno tre schieramenti: Angioini, Aragonesi, Impero.
       In tale situazione agì lo Stato Pontificio pur di assicurare che la penisola non fosse una semplice appendice di qualche regno.
       Soprattutto, emerge dai fatti decisa la figura di Papa Bonifacio VIII, insieme a Pio IX il pontefice più irriso e demonizzato della storia.
        Il perché dell’origine di una tale leggenda nera è presto detto.
       Una storiografia dozzinale, prona allo slogan voltairiano del “Calunniate, calunniate, qualcosa resterà!”, ha inevitabilmente consegnato oscuri figuri all’immaginario collettivo, quando non addirittura alla cultura in genere, a mezzo dei canali scolastici (intere generazioni forgiate dal manuale Camera-Fabietti).
       Ecco allora un Benedetto Caetani despota e carnefice, teocrate e assolutista.
       Ma la realtà dei fatti è altra.
       Fu un pontefice preoccupato di mitigare la preponderanza politica ora di questo, ora di quel sovrano; di contenere l’espansionismo degli stessi, Manfredi in particolare; di riaffermare con chiarezza la legittima autonomia morale, e politica stessa, della Chiesa contro il nazionalismo di Filippo IV il Bello.
       Importante è non sottovalutare che se è vero che fu la Chiesa ad appoggiare inizialmente alcuni di essi, è vero anche che la stessa Chiesa fu a contenerli e moderarli; così come la Chiesa creò l’Impero, sempre la Stessa fu a tenerlo a bada. Miglior ago della bilancia non ci fu.
       E Bonifacio VIII rappresenta lo sforzo del cattolicesimo di affermare la propria identità, la propria dignità spirituale e temporale e, insieme, ottundere gli eccessi della politica europea.
       Vero fu che il Card. Caetani non esitò a confortare e a sostenere Celestino V nella sua tormentata scelta di abdicare, ormai preda di Manfredi, e tornare l’eremita Pietro da Morrone.
       Non solo egli fu il Papa che indisse meritoriamente il primo Giubileo (1300), ma, stando a quanto scrive Rino Cammilleri (1), appena eletto si prodigò per accogliere i ricorsi degli imputati dell'Inquisizione, che avevano diritto di ricusare i giudici (assoluta novità se consideriamo i circa mille anni che ci dividono; curioso è notare anche che questo principio intrinseco al giusto processo, nonché antico istituto, è stato introdotto in Italia solo grazie alla revisione del Codice di Procedura Penale alla luce della Legge Pittelli-Anedda dell’ultimo governo Berlusconi) e di appellarsi al Papa. Nel 1297 annullò la condanna inflitta dall'Inquisizione a Rainero Gatti da Viterbo e ai suoi due figli per l'inaffidabilità dei testimoni a carico. Nel 1298 fece restituire al figlio di un eretico i beni confiscati al padre e impose all'inquisitore di Orvieto (città in mano ai criminali catari, responsabili di omicidi e intimidazioni ai danni dei cattolici) di smettere di molestare un cittadino già assolto dal precedente inquisitore.
       Gli scopi fondamentali del nuovo Papa furono quelli di restaurare la libertà della Chiesa e di pacificare il popolo cristiano.
       E il suo documento più famoso, la bolla Unam Sanctam, dispone di una forza profetica e capacità di osservazione pari solo al Sillabo di Pio IX, l’altro “dannato”, ora giustamente beatificato.

   

       A Filippo IV di Francia che intendeva asservire la chiesa nazionale per farne una “cappellana” di palazzo, Bonifacio VIII oppose la lucidità del supremo pastore, nonché del servus servorum Dei.
       La richiesta (ingiuntiva!) di contributi finanziari al clero francese per sostenere la guerra contro l’Inghilterra mosse il pontefice ad emanare la bolla Clericis Laicos, con la quale si vietava ad ogni autorità politica di imporre tasse al clero senza previa autorizzazione della Santa Sede, minacciando la scomunica viceversa.
       Dopo la pubblicazione della Bolla Unam Sanctam, del 18 novembre 1302, con cui Bonifacio VIII riaffermava i diritti della Chiesa, Guglielmo di Nogaret, giurista di Filippo il Bello, in una requisitoria letta al consiglio regale denunciò Bonifacio come usurpatore, eretico e simoniaco (da cui Dante in Inf. XIX, 52-57) chiedendo al re di far convocare un concilio per deporre il Pontefice. Bonifacio annunciò una bolla di scomunica, ma alla vigilia della sua promulgazione, lo stesso Nogaret e Sciarra Colonna assalirono con le loro milizie il castello papale ad Anagni ed oltraggiarono gravemente il capo della Chiesa Universale che li ricevette solennemente rivestito dei sacri paramenti. Liberato dal popolo di Anagni, il Papa riparò a Roma, dove morì un mese dopo affranto dall’oltraggio.
       Fu senza dubbio una vittima prima dei cronisti a lui contemporanei (Villani), poi della storiografia; ma sembra essere questo il destino di ogni buon profeta…

   

       Ma cerchiamo di analizzare il documento incriminato.
       La conclusione dogmatica della Unam Sanctam era la seguente: "Porro subisse Romano Pontifici, omni humanae creaturae declaramus, dicimus et definimus (faccio notare la dizione dell’infallibilità), omnino esse de necessitate salutis": "Noi dichiariamo, diciamo, pronunciamo e definiamo che ogni creatura umana è in tutto e per tutto, per necessità di salvezza, sottomessa al Pontefice romano". Ciò significa che ogni uomo, compresi i principi e i re cristiani, se vuole salvare la propria anima deve uniformare la sua condotta, pubblica e privata, alle leggi della Chiesa e alla autorità spirituale e morale del Sommo Pontefice. Il Papa, secondo Bonifacio, è per divina autorità al di sopra di tutti Re e i regni, non perché eserciti su di essi un’autorità temporale assoluta, ma solo nel senso di essere di essere investito di quella superiorità relativa che conviene alle cose spirituali su quelle materiali, all’ordine soprannaturale e divino rispetto all’ordine puramente naturale e umano, secondo le parole di san Paolo: "Omnis anima potestatibus sublimioribus subdita est". La concezione di Bonifacio VIII è la stessa espressa da Papa Gelasio (492-496) nella celebre formula dei "duo luminaria", secondo cui" vi sono due poteri principali mediante i quali il mondo viene governato: l’autorità sacra dei pontefici e il potere regio" (2). Tra il potere spirituale proprio della Chiesa e il potere civile simboleggiato dalla persona di Cesare, non vi è conflitto, ma distinzione, poiché il Signore comanda di dare "a Cesare quello che appartiene a Cesare e a Dio quello che appartiene a Dio" (Mt 22,21).Il grande storico di diritto canonico e di sociologia religiosa, Gabriel Le Bras, nell’ultima conferenza tenuta poco prima di morire, in un convegno ad Anagni (1967), si disse fiero di essere il difensore risoluto di Bonifacio VIII, il più calunniato tra i quattro papi anagnini (Innocenzo III, Gregorio IX, Alessandro IV, Bonifacio VIII).
       Ecco una meravigliosa esegesi del passo matteano relativo alla separazione dei poteri!
       Ma continuando, si potrebbe oggi riproporre la questione delle presunte ingerenze della Chiesa, ma al contrario: può dirsi libera la Chiesa ancor oggi?

   

       I poteri devono collaborare per ottenere il bene sia spirituale sia temporale degli uomini ad essi sottoposti, ma sono distinti e indipendenti tra di loro. "Le parole di teocrazia e ierocrazia - concludeva Le Bras - sono da mettere nel magazzino delle antichità non venerabili".
       Il cardinale Alfonso Stickler, in un’altrettanto memorabile conferenza pubblicata nel 1977, ebbe a ricordare le parole dello stesso Bonifacio di fronte all’accusa a lui fatta da Filippo il Bello, di “ingerenze” nel campo temporale: "Quarant’anni sono -esclamava il Pontefice- che siamo esperti in diritto e sappiamo che due sono le potestà ordinate da Dio; chi ha dunque dovuto e potuto pensare che sia stata o sia tanta fatuità e insipienza nella nostra testa?", da credere cioè che il Pontefice possa comandare al re in cose non sue, quali quelle dello Stato? (3)
       Lo schiaffo di Anagni nega la distinzione tra i due poteri, che è specificità della tradizione occidentale e cristiana, per assorbire la sfera spirituale e morale in quella politica, attraverso la sacralizzazione della volontà popolare e della categoria di Rivoluzione.
       Basti qui ricordare l’Età napoleonica, l’anticlericalismo giacobino e risorgimentale, la teoria della fondazione della democrazia a prescindere da presupposti etici.

   

       Concludendo, sempre restando a Dante, riteniamo verosimile che Niccolò III dovrà attendere a lungo, poiché quel d’Alagna” è in ben altro regno.

Il Crociato

   
(1) Storia dell'Inquisizione, Tascabili economici Newton, p. 18.
(2) Gelasio I, Epistula ad Anastasium Imperatorem, in Patrologia Latina, vol. LIX, col. 42.
(3) Card. Alfonso Stickler, Il Giubileo di Bonifacio VIII. Aspetti giuridico-pastorali, Edizioni dell’Elefante, Roma 1977, p. 39.
   
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