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11 Settembre: La nuova Pearl Harbour Perché i sospetti sull'11 settembre non sono azzardati? di David Ray Griffin Segnalazione del Centro Studi
Giuseppe Federici
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Pubblichiamo
la recensione del libro di Sherif
El Se baie, recensione tratta da www.nuovimondimedia.it, 27 settembre
2004, che di per sé illustra bene i temi affrontati e approfonditi
nel testo. Grassetti, colori, parentesi quadre e sottolineature sono nostri. |
Da leggere, perché "se subodoriamo il marcio ma taciamo per paura, possiamo dire addio a qualsiasi pretesa di essere il paese degli uomini liberi e la patria dei coraggiosi. E, di fatto, anche una democrazia." Dopo tre anni, qualcosa è cambiato nella ricezione tributata dall'opinione pubblica mondiale alle teorie alternative sull'11 settembre. Il grande successo di alcune indagini indipendenti e l'istituzione di una commissione d'inchiesta da parte del Congresso americano commissione di fronte alla quale recentemente né George W. Bush né Condoleezza Rice hanno potuto negare l'esistenza di chiari segnali precedenti all'11 settembre sono le cause prime di questo mutamento: l'idea che qualcosa non vada" nella ricostruzione ufficiale dell'amministrazione americana è ormai di pubblico dominio. Il successo di "11 settembre, la nuova Pearl Harbour" di David Ray Griffin che negli Stati Uniti ha avuto tre edizioni in un mese, ingresso nella top ten di amazon.com e che in Inghilterra ha ottenuto la prefazione nientemeno che da Michael Meacher, ex ministro della Corona è il risultato più palese di questo mutamento. Non è scritto da un polemista di professione, bensì dal condirettore del Center for Process Studies che, partendo da una posizione di assoluto scetticismo sulle cosiddette "teorie del complotto", ne vaglia le principali e giunge a trovare in alcune di esse elementi indubitabilmente probanti. Personalmente, al pari di Griffin, sono poco propenso ad avallare le teorie del complotto. Non ho mai creduto per esempio a quelle che attribuivano ad Israele tutti i mali del mondo arabo. Però, come dice Griffin "sembra ampiamente diffusa la convinzione che si possa rigettare a priori un'accusa una volta stabilito che essa rientri nell'ambito delle "teorie di complotto". Si sa che a costringere gli Stati Uniti ad intervenire nella Seconda Guerra Mondiale era l'attacco giapponese a Pearl Harbour. La guerra contro il Giappone ha obbligato gli Stati Uniti in virtù del patto dell'Asse ad entrare in guerra anche contro la Germania Nazista e l'Italia Fascista. Il puro desiderio di "Liberare l'Europa dai nazisti" non rientrava affatto nella logica statunitense tant'è vero che molti storici oggi sostengono che l'allora presidente statunitense ha volutamente ignorato l'allarme pre-Pearl Harbour per convincere il paese ad uscire dall'isolazionismo in cui si era rinchiuso. Nella "Grande Scacchiera", un libro pubblicato nel 1997 dall'ex consigliere alla Sicurezza Nazionale, Brzezinski (lo stesso che, sul Nouvel Observateur del 15-21 gennaio 1998, alla domanda: E lei non si pente neanche di aver appoggiato il fondamentalismo islamico, avendo fornito armi e addestramento ai futuri terroristi? rispose, in maniera irresponsabile: Cos'è più importante per la storia del mondo? I talebani o il collasso dell'impero sovietico? Qualche musulmano fomentato o la liberazione dell'Europa centrale e la fine della Guerra Fredda?) Ebbene, lo stesso Brzezinski afferma: "Il consenso popolare americano sulle questioni di politica estera sarà difficile da ottenere eccetto che nel caso di una minaccia esterna diretta, veramente grande e percepita in modo generalizzato" ed infatti "Il popolo americano sostenne l'impegno americano nella Seconda guerra mondiale in gran parte a causa dell'effetto scioccante dell'attacco giapponese a Pearl Harbour". Effettivamente, gli attentati dell'11 settembre hanno provocato una risposta analoga: ricorso alla forza militare americana, giustificazione di esorbitanti spese militari, instaurazione di basi americane in paesi stranieri, riduzione delle libertà civili (oggi il Patriot Act, durante la II Guerra Mondiale erano i campi di concentramento e la confisca dei beni dei nippo-americani). Un membro dell'US Army's Institute for Strategic Studies (Istituto per gli Studi Strategici dell'Esercito Americano) riferì che dopo l'11 settembre: "Il sostegno del pubblico all'azione militare è a un livello simile a quello che seguì l'attacco di Pearl Harbour". In un documento del Project for the New American Century (Progetto per il Nuovo Secolo Americano, PNAC, organizzazione che già in era Clinton raggruppava i maggiori think-thank neoconservatori attualmente al potere negli Stati Uniti), intitolato "Rebuilding America's defenses" (Ricostruire le difese dell'America), reso pubblico nel 2000 durante la campagna elettorale per le presidenziali, alcuni membri (fra cui Cheney, attuale Vice-presidente, Rumsfeld, attuale ministro della difesa e Paul Wolfowitz, sotto-segretario alla difesa) sostenevano che il processo per trasformare gli Stati Uniti nella "forza dominante del domani" si sarebbe prospettato lungo, in "assenza di un evento catastrofico e catalizzante, quale ad esempio una nuova Pearl Harbour". A questo punto, come dice l'ex-ministro della Corona Michael Meacher nella prefazione del libro di Griffin: "Non è necessario ricorrere ad alcuna teoria del complotto, se loro per primi esplicitano le intenzioni da cui sono animati". Ma quali sono queste intenzioni esattamente? Anch'esse sono contenute nei documenti del PNAC: collocare più basi militari nel mondo da cui proiettare potenza, determinare cambiamenti di regime nei paesi ostili agli interessi americani, dare un forte impulso alla spesa militare, in particolar modo allo scudo spaziale. Intenzioni concepite esplicitamente non per scoraggiare eventuali aggressioni ma come "requisito indispensabile al mantenimento del primato americano". Il fine è chiarito in modo inequivocabile in un altro documento intitolato "Vision for 2020" (Prospettiva per il 2020), documento che non si perde affatto in propaganda sentimentale sul bisogno degli Stati Uniti di promuovere la democrazia o servire l'umanità, ma che sostiene: "La globalizzazione dell'economia mondiale proseguirà con un divaricamento tra "Chi ha" e "Chi non ha" con conseguente necessità di non far uscire "Chi non ha" dai ranghi perché ogni "nuovo arrivato" toglie risorse a "Chi già ha", teoria questa elaborata nel Massachusetts Institute of Technology (MIT). |
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Cosa rende
"pazzo", allora, chi avanza l'ipotesi di un qualche coinvolgimento
dell'amministrazione americana negli eventi dell'11 settembre? Il pensare
che un governo possa aver complottato per provocare una simile atrocità
sul proprio territorio e a danno dei propri cittadini. Le responsabilità
principali del Presidente, del Vice-Presidente, del loro gabinetto,
delle agenzie di intelligence e dei dirigenti militari sono infatti
quelle di proteggere gli Stati Uniti e i cittadini americani, non il
contrario. Dunque, si è convinti, come dice Griffin, a priori
che qualsiasi teoria su un simile complotto sia falsa, perché
i leader americani non si comporterebbero mai in quel modo. Eppure
precedenti storici "ufficiali" non mancano.
Basterebbe ricordare in merito l'operazione Northwoods: nel
1962, venne formulato un piano ora noto perché di recente ne
sono stati desecretati i documenti relativi. La CIA aveva preparato
"un programma di operazioni contro il regime di Cuba" il cui
scopo era sostituire il regime di Castro con un altro "più
accettabile per gli Stati Uniti, ma con mezzi che nascondono l'intervento
statunitense". Sherif El Se baie |